RECENSIONI

1. Léon Dehon, Notes Quotidiennes, V° volume, Cahiers XXXIV-XLV (1911-1925), pp. 662, Edizioni Dehoniane, Roma 1998.

Con grande soddisfazione è stata accolta la pubblicazione di questo volume, che completa la serie delle Notes Quotidiennes, opera che insieme alle Lettere è certamente la più importante e la più "personale" tra gli scritti del nostro ven. Fondatore.

Il volume copre il periodo più lungo della vita del p. Dehon, che è il periodo più sofferto (durante la lunga guerra del 1914-1918), ma anche il più ricco e stimolante in quanto gli anni dal 1918 al 1925 sono stati di revisione e di interiorizzazione di tutti gli eventi e di tutti i valori che hanno caratterizzato e animato l'intera sua attività e la sua lunga esistenza.

Tutto questo viene di volta in volta evidenziato dalle numerose "note storiche" che accompagnano le pagine di questa importante pubblicazione, mentre una lunga introduzione mette in evidenza gli aspetti più tipici di questo "Diario": il periodo della grande guerra vissuto in un isolamento quasi totale, leggendo all'inizio soprattutto autori di scritti prevalentemente apocalittici, che interpretavano la catastrofe della guerra come "castigo di Dio" per i peccati della società. Ma progressivamente il p. Dehon si lascia prendere soprattutto da autori spirituali che descrivono con tatto e profonda partecipazione la vita con Dio, la teologia mistica, l'inabitazione dello Spirito Santo nell'anima dei giusti; libri che il p. Dehon ha letto e riletto con passione, perché da tempo egli adorava questa divina Presenza. E dalla lettura di questi autori si vedeva confermare nella sua convinzione di poter accogliere il divino Mistero nel proprio cuore, come ospite, anzi veramente come amico. Egli si sentiva come estasiato da queste letture, per cui di alcuni autori (come Barthélemy Froget, Eusèbe Amort e soprattutto Charles Sauvé) egli cita pagine su pagine. Ma tra gli autori spirituali dai quali il p. Dehon è stato maggiormente colpito non possiamo dimenticare due sante carmelitane, più giovani di lui, e cioè Elisabetta della Trinità e Teresa di Gesù Bambino. Leggendo la loro autobiografia è rimasto come incantato, scorgendo nel loro messaggio spirituale l'espressione più autentica e matura del suo stesso "spirito", così come viene espresso nelle nostre costituzioni, con la formula "vita d'amore e di immolazione" (XLV,53-55).

Gli ultimi "cahiers" di questo "Diario" contengono soprattutto una "rivisitazione" del cammino spirituale del p. Dehon. Sono pagine nelle quali egli cerca di precisare sempre di più e sempre meglio il suo modo di concepire e di vivere la sua consacrazione, intesa come vita di unione e di oblazione, per amore del Cuore di Gesù, nell'intento di giungere a una vera comunione d'amore con la Santa Trinità. "Inizialmente, scrive, volevo sondare il Mistero. Ora invece questa devozione mi appare quanto mai semplice, mi parla al cuore; sono le divine Persone che bisogna considerare distintamente: il Padre, mio creatore e padre amoroso; il Verbo, Figlio di Dio incarnato e mio fratello maggiore; lo Spirito Santo che voglio consultare e seguire sempre con fiducia illimitata...".

È merito della lunga introduzione anche l'aver sottolineato quante volte il tema dell'impegno sociale ritorni nei quaderni di questi ultimi anni, nei quali il p. Dehon tante volte ricorda, con sincera ammirazione, il Papa della Rerum Novarum, Leone XIII, e il suo amico e collaboratore Leone Harmel. Ed è proprio con questi nomi, a lui tanto cari, che egli sigla l'ultima pagina del suo ultimo quaderno, tra la fine di luglio e l'inizio di agosto del 1925.

Ampio risalto viene dato anche a quelli che il p. Dehon definisce "i fondamenti divini dell'Opera". È un tema, questo, che ritorna spesso nelle sue Notes pour l'Histoire de ma vie, nonché in diverse "Lettere circolari". In questi ultimi quaderni del "Diario", questi stessi temi vengono riformulati come "ricordi", a conferma delle sue iniziali intuizioni; riconosce che, se avesse letto prima i due volumi di E. Amort dal titolo De revelationibus, sarebbe stato più prudente nel valutare le "illuminazioni interiori" delle Suore Ancelle di S. Quintino (XXXVI, 121).

Questi sono soltanto brevi accenni, molto incompleti per un'opera che possiamo considerare "fondamentale" per quanti vorranno studiare e conoscere più da vicino la figura, il pensiero e l'opera del nostro ven. Fondatore. Non resta che augurarci che essa non manchi in nessuna delle nostre biblioteche e che molti confratelli ne incomincino uno studio sistematico, non solo a proprio beneficio, ma anche per divulgarne i contenuti in modo analitico e scientificamente documentato.

(Andrea Tessarolo)

2. Andrew Ryder, scj, "Inculturation and Mission. A study of mission theology since Vatican II, with special reference to the question of inculturation", Studia Dehoniana 41, Roma, Centro Generali Studi, 1997, 8°, 135 pp.

L'Autore, sacerdote dehoniano irlandese, attraverso questo breve saggio sulla inculturazione ha inteso offrire un contributo alla preparazione del Capitolo Generale che, previsto nel 1997, era chiamato a riflettere sull'attività missionaria della Congregazione Dehoniana.

Convinto che il nuovo paradigma della missione è l'inculturazione, l'A. ne esplora la sua nozione soprattutto attraverso l'esame di significativi documenti della Chiesa universale e locale. Il primo capitolo analizza l'emergere, prima implicito poi esplicito, del concetto di inculturazione in connessione allo sviluppo dei temi missione ed evangelizzazione nel Decreto conciliare Ad Gentes, quindi in alcuni documenti papali: in Populorum Progressio, soprattutto in Evangelii Nuntiandi e in Redemptoris Missio. Dall'analisi di questi testi emerge, secondo l'A., un nuovo paradigma della missione: essa "è opera divina, che media una salvezza che abbraccia anche la ricerca della giustizia e della liberazione, nel rispetto delle culture di coloro ai quali sono inviati i missionari" (p. 24).

Nel secondo capitolo viene preso in esame il significato di inculturazione in connessione con il dialogo interreligioso, altro tema cruciale per comprendere l'attuale missione della Chiesa. Si inizia con la chiarificazione del dialogo interreligioso - considerato un'attitudine previa ad ogni valida inculturazione - attraverso soprattutto l'analisi dei due documenti del Segretariato per i non Cristiani pubblicati nel 1984 e nel 1991. L'A. conclude la sua lettura sottolineando il ruolo fondamentale del dialogo interreligioso, considerato una forma, seppure incompleta, di proclamazione come pure un'espressione del servizio della Chiesa al Regno di Dio nella storia. Segue quindi lo studio dell'inculturazione prendendo in esame due documenti: Tesi sulla Chiesa locale della Commissione teologica della Federazione dei Vescovi Asiatici del 1990 e il Sinodo Africano del 1994. L'esame dei documenti mette in risalto lo stretto legame tra inculturazione e chiesa locale, che si sviluppa e si arricchisce grazie all'incontro tra Vangelo e la cultura di un particolare popolo, senza tralasciare il coinvolgimento della chiesa locale nel campo della giustizia e della dignità della persona umana. L'inculturazione, che tocca gli aspetti fondamentali della vita ecclesiale, quali la liturgia, la catechesi, la preghiera e la riflessione teologica, è vista come un processo dinamico ispirato all'Incarnazione e al Mistero Pasquale.

Si passa poi al terzo capitolo dedicato al tema "Liberazione e inculturazione". Se nel precedente capitolo l'attenzione era rivolta all'Asia e all'Africa, ora si ferma all'America Latina, prendendo in considerazione la teologia della liberazione come modello di inculturazione quale emerge nelle ultime tre Conferenze del CELAM: a Medellin, Puebla e Santo Domingo. Nella conclusione della sua lettura, l'A. afferma che l'inculturazione del Vangelo implica un processo di liberazione.

Infine il quarto capitolo delinea l'impegno missionario della Congregazione Dehoniana dopo il Vaticano II: vengono indicate le linee di rinnovamento emerse soprattutto nelle decisioni capitolari e, a livello operativo, utilizzando le risposte ad un questionario diffuso tra i missionari dehoniani presenti a Roma per un corso di aggiornamento, sono richiamati i tentativi intrapresi sul campo per avviare il processo di inculturazione nell'azione missionaria.

Il saggio avrebbe guadagnato in ricchezza se l'A., dopo lo studio dei documenti, avesse offerto una sua visione organica e sistematica sull'inculturazione: fondamenti teologici, sue componenti, campi di applicazione ed orientamenti pastorali. L'analisi poi della teologia della liberazione nei documenti del CELAM, attenta ed equilibrata, appare talvolta troppo dipendente dalla valutazione di alcuni autori della teologia della liberazione: Gutierrez, Sobrino, Marins. Pur nella sua brevità, il testo offre però un valido apporto a studenti ed operatori pastorali per interrogarsi sull'urgenza e sui compiti dell'inculturazione.

(Giuseppe Cavallotto)

3. Bernard Bothe, Pater Heinrich Middendorf, scj, "Gerechter unter den Völkern", (Waisen, Juden, Menschen in Bedrängnis - Lebensschicksale in Stegen von 1942 bis 1945), Stegen 1998.

"Olvidar lleva al exilio, en el recuerdo está el secreto de la redención". Con esta cita de la literatura rabínica comienza el p. Bernard Bothe, scj, el opúsculo dedicado al p. Heinrich Middendorf, publicado en coincidencia con el centenario de su nacimiento (1898-1998). Este sencillo y bien documentado trabajo presenta el valor y la capacidad generadora de la memoria y del recuerdo, elementos basilares en la tradición y fe judía, aplicados a la vida y obra de este religioso que en tiempos del terror y la barbarie nazi supo aliarse radicalmente con la causa de la vida y de la dignidad del ser humano.

Por tal motivo, en el año 1994 el organismo del estado de Israel dedicado a honrar a quienes durante el período del nazismo ayudaron y protegieron a judíos (Yad Vashem), acordó otorgar al p. Middendorf, a petición de los sobrevivientes de aquella época, un reconocimiento por la labor que realizó durante los años del nazismo, arriesgando la propia vida en favor de individuos y familias de origen judío.

El escenario de los hechos fue Stegen, un pequeño pueblito en el suroeste de Alemania, a 9 kms. de la ciudad de Freiburg, al pie de la Selva Negra, donde desde los primeros años treinta los Sacerdotes del Corazón de Jesús ejercen actividades docentes y parroquiales.

En el dramático período de 1942 a 1945, el p. Middendorf era el rector de la comunidad. A un mismo tiempo vivían allí diferentes grupos de personas: la comunidad scj formada por veinte religiosos; tres religiosas dominicas atendiendo las tareas de la cocina y la lavandería; una comunidad de ocho religiosas vicentinas encargadas del orfanato, con unos setenta y cinco niños, y un numeroso y variable número de familias o personas solas sin tener a dónde ir ("católicos, protestantes, opositores del nazismo, simpatizantes del nazismo, colaboracionistas franceses, antifascistas italianos... Unos con miedo al presente, otros temiendo el futuro. Y todos con miedo a todos", como los describe una de los testigos de la época, la Sra. Lotte Paepcke, recordando la situación a fines de 1944, cf. p. 19s.). Todos ellos encontraron refugio y esperanza entre los nuestros. En total llegaron a juntarse unas 152 personas, entre las cuales nueve de origen judío.

De este grupo de sobrevivientes judíos partió la iniciativa en 1993 de lograr el reconocimiento público y perenne del estado de Israel a quien les salvó la vida. Las gestiones burocráticas se realizaron ágilmente ante la evidencia de los hechos. Hoy, una placa en el Jardín de los Justos en Jerusalén recuerda para eterna memoria al p. Middendorf como "Justo entre las naciones". El trabajo del p. Bothe incluye los documentos, actos y discursos elaborados con motivo de las celebraciones oficiales realizadas tanto en Israel como en Alemania. También su localidad natal (Aschendorf) quiso unirse a los homenajes dando el nombre de "Heinrich Middendorf" a la escuela del pueblo.

Sin duda, la parte dedicada a los testimonios de quienes le conocieron y se beneficiaron de su acción, deja al descubierto la valentía y generosidad de este religioso manifestada cotidianamente sea con quienes acudieron a Stegen en busca de protección, sea con aquellos a quienes el mismo p. Middendorf fue a buscar para darles cobijo en su comunidad.

Poco después de la guerra, el p. Middendorf fue elegido consejero general de la Congregación (1949-1954). Al término de este encargo siguió en Roma como secretario general de las Asociaciones Reparadoras hasta el año 1956 en que marchó, como misionero, ya con cincuenta y ocho años, al entonces Congo Belga, donde en el año 1964 aconteció la turbulenta revuelta de los Simbas. Estuvo encarcelado y vivió de cerca el martirio de numerosos compañeros religiosos y religiosas. En el año 1972, de vuelta en Alemania para unas vacaciones, falleció antes de poder regresar a su misión en Africa. Fue enterrado en el cementerio de nuestra escuela en Handrup.

La vida del p. Middendorf estuvo marcada por la pasión a su vocación de Sacerdote del Corazón de Jesús, al servicio de los más pequeños y necesitados en un espíritu de sencillez y cordialidad como verdadero profeta del amor y servidor de la reconciliación. Bien vale para él la tradición del Talmud que dice: "En cada generación hay treinta y seis justos o santos que viven entre las naciones. Estos viven tranquilamente y sin ser notados por las gentes de su tiempo. Solo en tiempos de extrema necesidad y de los más grandes peligros aparece la actuación de estos hombres, evitando la desgracia. Luego, vuelven nuevamente al anonimato. Sin ellos - continúa el Talmud - el mundo no podría subsistir".

El autor, p. B. Bothe scj (GE, 1936), es doctor en Filosofía. Ha trabajado en el área educativa en su provincia de la que también ha sido provincial. En la actualidad es miembro de la comunidad de Freiburg. El presente trabajo lo ha dedicado al "Círculo de Amigos Pater Middendorf".

(Carlos Luis Suárez, scj)