EDITORIALE

Il mese di giugno di quest'anno 1999, mentre sul piano politico stavamo vivendo le ansie e le speranze per una pace nella giustizia e nella solidarietà con le popolazioni del Kosovo, il papa Giovanni Paolo II si è fatto di nuovo pellegrino e apostolo del Vangelo nella sua patria natale. Ed è stato un grande messaggio per tutti quando ha affermato: Amo il mondo perché ho una Patria.

Ma gli istituti e i movimenti caratterizzati dalla spiritualità del Cuore di Gesù lo hanno ascoltato con sorpresa e gioia soprattutto nei suoi richiami alla straordinaria attualità dei valori proclamati e alimentati dalla devozione o culto del S. Cuore.

Ha iniziato la domenica 6 giugno, invitando i fedeli a rendere "lode e gloria al Cuore di Gesù, nel quale si è rivelato nel modo più completo il volto paterno di Dio". E ha precisato: "Tutto ciò che Dio voleva dire a noi di sé e del suo amore, lo ha deposto nel Cuore di Gesù e mediante questo Cuore lo ha espresso... Attraverso il Cuore di Gesù leggiamo l'eterno piano divino della salvezza del mondo. Ed è un progetto d'amore" (Oss. Rom., 6/6/99).

Lunedì 7 giugno ha invocato il Cuore di Gesù "nostra pace e riconciliazione". E poi, commentando la settima beatitudine: Beati gli operatori di pace, esclamava con dolore: "Quanto sangue innocente è stato versato nel XX secolo in Europa e in tutto il mondo... Quanto sangue innocente si sta versando davanti ai nostri occhi. I tragici eventi in Kosovo lo stanno dimostrando in modo doloroso... Le società e le nazioni hanno bisogno di uomini di pace". E auspicava "uomini che colmino i propri cuori con la pace di Cristo e la portino agli altri, la portino nelle case, nelle istituzioni, nei luoghi di lavoro, nel mondo intero" (ib. 9/6/99).

Ma il regalo più grande il Papa l'ha fatto la domenica 11 giugno, inviando ai fedeli di tutto il mondo un "messaggio" che ha per titolo: "Il suo Cuore, cuore della Chiesa". Con questo messaggio il Papa ha voluto ricordare il centenario della consacrazione del genere umano al Cuore di Gesù che ebbe luogo ad opera di Leone XIII l'11 giugno 1899. La consacrazione al Cuore di Gesù, fa notare il Papa, "è da accostare all'azione missionaria della Chiesa, perché risponde al desiderio del Cuore di Gesù di propagare nel mondo... la sua dedizione totale al Regno e di unire sempre più la Chiesa nell'offerta di sé al Padre e nel suo essere per gli altri". In questo documento è insistente l'invito del Papa a vedere, nel mistero del Salvatore dal costato ferito, la massima espressione e il dono all'intera umanità dell'amore redentore e il desiderio di "far comprendere che il cristianesimo è la religione dell'amore". È, questo, un dono inestimabile; ma fonda anche una grande responsabilità: il compito della nuova evangelizzazione.

Difatti, spiega ancora il Papa, il cristiano che, guardando al Cuore di Cristo, a lui si consacra, si riscopre portatore della sua luce. E, animato dal suo spirito di servizio, egli coopera ad aprire a tutti gli uomini la prospettiva di essere elevati verso la propria pienezza personale e comunitaria.

Andrea Tessarolo