COME IL P. DEHON HA ACCOLTO L'ENCICLICA "ANNUM SACRUM"

Andrea Tessarolo, scj

Nel corso di quest'anno 1999 abbiamo celebrato il centenario dell'enciclica Annum Sacrum del 1899 con la quale il papa Leone XIII chiedeva la consacrazione del genere umano al Cuore di Gesù. In questo breve contributo non intendiamo trattare esplicitamente né della consacrazione e neppure del "regno sociale" del Cuore di Gesù. Vogliamo soltanto verificare come questo evento è stato interpretato dal P. Dehon, che è stato un grande apostolo del regno sociale del S. Cuore.

La prima cosa che ho fatto, per questo, è stato di sfogliare le pagine del suo "Diario" (NQ). Ma sono rimasto molto sorpreso di non trovarvi nessun cenno alla pubblicazione di questa enciclica, che trattava della devozione al S. Cuore di Gesù e chiedeva che in tutte le chiese venisse celebrata la consacrazione del genere umano al S. Cuore.

Sono passato allora a cercare nel libro "Etudes" che, in due volumi, segue passo dopo passo la storia della devozione al S. Cuore: nella iconografia, negli scritti dei Padri della Chiesa e nella vita spirituale delle grandi famiglie religiose ("Etudes" I, in O. Sp. V, pp. 475-544). Il secondo volume riporta anche alcune pagine sul pensiero di S. Giovanni Eudes e poi una lunga esposizione su "la rivelazione del S. Cuore a Paray" (O. Sp. V, pp. 563-613). Nelle pagine seguenti vengono nominati esplicitamente anche Pio IX e Leone XIII, ma nessun cenno neppure qui all'enciclica Annum Sacrum e alla consacrazione del genere umano al S. Cuore (O. Sp. V, pp. 615ss). Un cenno alla consacrazione del mondo al S. Cuore, "nell'anno 1900", si trova solo nella nota di una riga, alla pag. 623.

Mi sembra lecito dedurre che i due volumi di "Etudes", anche se pubblicati nel 1922 (NQ XLIV, 63), possiamo ritenerli ultimati dal P. Dehon prima del 1900. Altrimenti non si potrebbe spiegare questo "vuoto".

L'enciclica Annum Sacrum nella rivista "Le Règne"

Dell'enciclica Annum Sacrum e della consacrazione del genere umano il P. Dehon parla invece ripetutamente nel suo mensile "Le Règne". Nel numero di giugno 1899, andato in stampa ancora in maggio, ne anticipa la notizia sulla base di informazioni divulgate dal vescovo di Liegi. Nel numero di luglio non pubblica il testo, e neppure qualche stralcio. Ma ne parla con entusiasmo in un articolo intitolato "Notre Roi" (p. 313: "Notre Roi, c'est Jesus-Christ, c'est le divin Rédempteur"). E dopo l'annuncio della "magnifica enciclica" di Leone XIII, riporta un brano del commento trionfalistico e ampolloso del giornale "L'Univers". Lo introduce così: "Leone XIII ha pensato che era giunto il momento di supplire alla defezione dei governi con l'omaggio universale dei cattolici e ci ha dato la magnifica enciclica del 25 maggio.

Ora il grande atto è stato compiuto. I cattolici ne hanno compreso la portata. Il giornale L'Univers ha avuto ragione di scrivere: l'atto inaudito, grandioso, incomparabile, compiuto da Leone XIII il 25 maggio, illuminerà per sempre la storia e dominerà la terra. Non cesserà mai di apparire, immutabile e solenne, sullo sfondo del passato, oltre i secoli addormentati...

Conserverà tale immortalità per sua natura e, a Dio piacendo, per le sue conseguenze. Il penultimo anno del XIX secolo dopo Gesù Cristo resterà, sino alla fine dei tempi, l'anno della consacrazione del genere umano al S. Cuore di Gesù. Perché, bisogna rendersene conto... la salvezza del mondo è legata strettamente e in modo indissolubile, a questa consacrazione del mondo al S. Cuore di Gesù" (in "Le Règne", 1899; p. 315).

La consacrazione al Cuore di Gesù, "atto sociale" - Sull'argomento il P. Dehon ritornò anche nel quaderno di ottobre, con l'articolo "La consécration au Sacré-Coeur et le Règne social du Christ". E scrive: "Diciamolo di nuovo: l'omaggio al S. Cuore, domandato dal Papa, non era semplicemente un atto di devozione. È un grande atto sociale, una riparazione dell'eresia gallicana e dell'apostasia delle nazioni. Questo grande atto va visto unito con tutti gli sforzi dei sommi Pontefici, posti in questo secolo per mantenere o per ricostituire il regno sociale di Gesù Cristo" (cf. "Le Règne", 1899, p. 507).

Regno di Dio e responsabilità sociale della Chiesa

La consacrazione del genere umano al S. Cuore di Gesù è vista quindi, da P. Dehon, come un momento luminoso del compiersi del "regno sociale del Cuore di Gesù" nella storia. L'espressione "regno sociale", in questi casi, indica quindi soprattutto un atto religioso, "sociale e politico", al quale prendono parte anche le autorità civili e altre componenti importanti della società. Questi atti, però, finivano qualche volta col lasciare un po' in ombra l'impegno esplicito e coerente per assicurare giustizia e carità tra le classi sociali.

Ma non mancano, tra gli scritti di P. Dehon, altri testi nei quali emerge chiaramente anche il suo impegno per la giustizia. Particolarmente significativi alcuni "estratti" o "pensieri", raccolti in due "cahiers" ancora manoscritti e che sono intitolati appunto "Pensées".

Riportiamo, qui di seguito, due di questi "Pensieri", a titolo d'esempio. Il primo ha per titolo "Il ruolo sociale della Chiesa", mentre un altro si ispira liberamente al testo biblico: "Custos, quid de nocte?"

"Il ruolo sociale della Chiesa" - Nelle vetrate di alcune chiese della Bretagna, si vede campeggiare la figura di un grande taumaturgo, Sant'Ivo. È rappresentato in piedi, in mezzo tra un povero e un ricco, ma col capo inclinato verso il povero. Ecco come viene rappresentato il ruolo del cattolicesimo: si mette tra il ricco e il povero, per garantire tra loro la giustizia; ma sta col capo chinato verso il povero perché alla giustizia intende unire la carità.

Il regno di Dio, conclude il P. Dehon, è per i poveri: Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio (Lc 6,20). Noi vi potremo entrare solo dopo di loro e se essi testimonieranno a nostro favore: Avevo fame e voi mi avete dato da mangiare..."

Custos, quid de nocte? - Un'altra volta è da questa frase della Scrittura ("Custos, quid de nocte?", Is 21,11) che P. Dehon prende lo spunto per una riflessione sui mali e le ingiustizie che affliggono la società. Queste parole del profeta Isaia gli suggeriscono allora la convinzione che c'è, nella Chiesa, la "sentinella" che vigila sui pericoli che ci minacciano. Ma solo se la sua voce viene ascoltata, avremo un avvenire di pace e di prosperità.

"Leone XIII, scrive, vedeva la società cristiana nel marasma: dovunque la sofferenza, le minacce del socialismo e dell'anarchia. Egli prega, si consulta, cerca l'ispirazione divina, e ci dà uno degli atti più meravigliosi dell'insegnamento pontificio, il codice cristiano del lavoro, il rimedio a tutti i mali sociali, la sublime enciclica Rerum Novarum. Se, come speriamo, la Chiesa riguadagnerà l'anima dei popoli e rivedrà i bei secoli di pace e di vita cristiana, lo dovrà in gran parte a Leone XIII" (Pensées I, p. 18).