TEOLOGIA E SPIRITUALITÀ

LE SCELTE FORMATIVE SCJ

Virginio Bressanelli, scj
Superiore generale SCJ

All'incontro romano dei formatori scj, il p. Virginio Bressanelli è intervenuto con un'allocuzione di apertura e con l'omelia alla celebrazione dell'Eucaristia in apertura e in conclusione dell'incontro. Nell'allocuzione di apertura ha esposto, tra l'altro, le "scelte formative" che soggiacciono al programma generale di questo sessennio. Ne riportiamo il brano centrale.

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1. Il contesto in cui deve avvenire la formazione è la Comunità. E quindi:

- Una comunità formativa locale e una realtà congregazionale (Provincia, Regione, Distretto), che accettino di mettersi in stato di formazione. Un'équipe di formatori che, avendo un rapporto fluido tra loro, garantiscono lo stesso progetto educativo lungo le diverse tappe formative.

- Un progetto o programma per ogni tappa, e che non deve essere confuso con la RFG. Questa offre gli elementi imprescindibili alla luce della natura della Vita Religiosa, del carisma del Fondatore e del patrimonio spirituale della Congregazione. Mentre il "programma", elaborato alla luce della RFG e RFP, deve scendere al concreto, tenendo conto delle singolarità personali in formazione, derivanti dalla cultura, dalla storia, dal contesto più preciso dove si vive e si opera e in riferimento alla parte concreta della Congregazione in cui si è iscritti.

A partire da questa prospettiva, si deve intendere l'insistenza del Governo Generale perché la formazione sia aperta al senso di appartenenza alla Congregazione, a sentirsi corresponsabile del bene di tutti.

Come pure l'insistenza a formare sempre in gruppo; a chiedere a quelle parti della Congregazione, che hanno solo uno o due formandi, ad inviarli in un'altra Provincia, dove possono trovare coetanei e colleghi con cui confrontarsi e formarsi comunitariamente.

2. La formazione può avvenire solo in un cammino di fede teologale. Il suo centro ed asse fondamentale sarà, quindi, l'incontro con la persona di Gesù Cristo, la configurazione a lui, la sequela e l'impegno nella sua stessa causa fino a condividerne il destino pasquale nella "prospettiva dehoniana" (cf. Cst 26).

Essa comprende la nostra forma originale e comune di accostarci al mistero di Cristo, seguendo i passi del P. Dehon e dei nostri primi confratelli (cf. Cst 16).

La spiritualità imprime in noi un'identità e matura il senso di appartenenza alla Congregazione: aspetti fondamentali per coinvolgerci responsabilmente nell'avvenire del nostro Istituto e per perseverare in esso.

La conoscenza del Fondatore e della nostra storia, l'approfondimento della nostra spiritualità in riferimento al Vangelo, sono imprescindibili ed urgenti. E' pure urgente organizzare la trasmissione della spiritualità dehoniana in un itinerario organico ben definito e praticabile, pedagogicamente completo; espresso in un linguaggio, segni e impegni che lo rendano visibile e attraente.

Nell'analisi dei casi di abbandono, si riscontra palesemente che l'assenza di identità e di appartenenza, giocano un ruolo decisivo.

Visitando gli studentati, con frequenza ci siamo incontrati con dei giovani religiosi, la cui formazione dehoniana è stata circoscritta al solo tempo del Noviziato. Senza un sostegno costante, che permetta un'incorporazione progressiva e continua dei nostri valori, siamo condannati a fallire, perché la spiritualità specifica rimane nella sfera della superficialità.

3. La prospettiva modellante della formazione deve essere la missione specifica SCJ.

Formiamo non a una generica vita consacrata, ma in vista della missione che abbiamo nella Chiesa.

Siamo una Congregazione Apostolica. La nostra consacrazione e la nostra vita comunitaria ci devono indirizzare alla missione fondamentale che abbiamo come Dehoniani.

Da qui si deduce l'importanza di essere fedeli a impostare il proprio stile di vita, la propria presenza e le proprie scelte apostoliche e di servizio, in base agli orientamenti ereditati da P. Dehon (cf. Cst 30-31).

La Congregazione deve raggiungere, nelle sue diverse parti e persone, la specificità che ne evidenzia il suo volto caratteristico e la sua missione di manifestare nel mondo e nella Chiesa il "Cuore divino-umano" di Gesù.

La meta della formazione dehoniana consiste nel plasmare nei nostri giovani i "sentimenti del Figlio" (cf. V.C. 66): configurandosi a lui e associandosi alla sua oblazione riparatrice; testimoniando la prassi della misericordia, la compassione e solidarietà con tutti, specialmente con gli ultimi ed esclusi; andando al popolo ed evangelizzando i poveri e gli operai; profetizzando l'amore e offrendo il servizio della riconciliazione degli uomini e del mondo in Cristo (cf. Cst 7).

L'orientamento per la missione deve essere presente e proposto esplicitamente durante tutto il periodo formativo. Deve occupare uno spazio nella preghiera, nella riflessione, nelle esperienze educative e negli impegni assunti dai formatori e dai formandi.

Il "Noi Congregazione" ha senso nella misura in cui diventa "a servizio della missione". E questa missione è quella di tutta la Chiesa: Evangelizzare, ma con le nostre connotazioni specifiche. Formare senza questa prospettiva è un handicap che prepara grandi fallimenti e dolorose delusioni.

4. Importanza imprescindibile della "mediazione formativa".

Il cammino formativo è un processo e un percorso che non si compie da soli. Esso coinvolge molte persone chiamate ad accompagnare, illuminare, discernere, proporre dei valori e testimoniare, rendere possibili esperienze che qualificano la vita e rendono comprensibile e attraente l'eredità che viene trasmessa alla nuove generazioni. Tale trasmissione avviene solo da persona a persona.

Sebbene l'agente principale della Formazione sia lo Spirito Santo, egli spesso non può agire se non avviene la mediazione formativa che prepara il buon terreno che accolga le sue mozioni.

Ci vuole una mediazione qualificata per la formazione dei formatori. Oggi non basta né la buona volontà, né la sola formazione professionale, per rendere un buon servizio formativo; si richiede inoltre e soprattutto una maturità umana e spirituale che permetta al formatore di esercitare una vera paternità spirituale sui formandi.

Ci vogliono poi dei formatori, che non sfuggano al loro compito di stare nella casa di formazione con i nostri candidati e giovani religiosi; che scoprano in questo compito il loro migliore apostolato. E ciò, anche quando apparentemente hanno la sensazione di perdere tempo e di mortificare le loro possibilità. Formatori che, sull'icona del divino Maestro, percorrano la strada di Emmaus, accompagnando, ascoltando, illuminando, discernendo, provocando, rivelando la presenza del Risorto e spingendo verso la testimonianza comunitaria. Così il formatore può diventare compagno, maestro, padre e pastore dei giovani che gli vengono affidati.

Strumento precipuo di formazione è il colloquio personale, da tenersi con regolarità e con una certa frequenza, come consuetudine di insostituibile e collaudata efficacia" (V.C. 66). Si tratta di quel "dialogo pastorale", di cui parla Paolo VI nell'Evangelii Nuntiandi, per guidare i formandi sulle strade del Vangelo, incoraggiare i loro sforzi, alzarli dalle loro cadute, assisterli con discrezione e disponibilità (cf. E.N. 46); "indicare gli ostacoli anche meno evidenti"... mostrare "la bellezza della sequela del Signore e il valore del carisma in cui essa si compie" (V.C. 66).

Fin dall'inizio di questo cammino, la mediazione formativa deve garantire chiarezza nel presentare gli obiettivi della formazione, le sue regole di gioco e le sue esigenze, secondo la mentalità della Chiesa e senza nessuno sconto. Ma il suo compito principale, in tutti gli stadi del processo formativo, sarà generare la motivazione profonda che deve animare tutta la vita consacrata, che non può essere che quella del "maggior amore".

Piano educativo di questo sessennio

Una lettura attenta e approfondita del Progetto "Noi Congregazione al Servizio della Missione" fa emergere il piano educativo, che come Governo Generale vogliamo impulsare in questo sessennio. P. Umberto Chiarello, ve lo presenterà didatticamente sottoponendolo alla vostra attenzione.

In obbedienza al Capitolo generale, sulla base della RFG e delle RFP, e delle conclusioni della V Conferenza generale sui religiosi fratelli (cf Doc XVI; Lettera del Direttivo generale, Prot. 270/94), vogliamo stimolare in tutta la Congregazione una "formazione di qualità". E cioè una formazione iniziale indirizzata a suscitare nei religiosi scj, chierici e fratelli, quell'unità di vita interiore e di servizio apostolico, che caratterizzò P. Dehon, dando origine alla "cultura del cuore".

In essa la misura di tutto è l'amore; l'amore di Dio contemplato nel Cuore trafitto del Salvatore, sperimentato attivamente nella propria vita e corrisposto (cf Cst 3-5).

Questa "cultura del cuore" è il termine della formazione iniziale ed avvia tutto il processo di formazione permanente. Viene configurata da un insieme di principi e di valori, di atteggiamenti e di impegni, che traducono visibilmente il nostro carisma e la nostra spiritualità, acquistando una impronta di concretezza e di cordialità.

Sue espressioni più caratteristiche sono: ampiezza di vedute, nuovo ordine di sentimenti, modo fraterno e cordiale di rapportarsi e di agire, specificità di scelte apostoliche, sensibilità sociale e missionaria, linea di pensiero e di azione impegnata, fortezza spirituale di fronte agli inevitabili conflitti, gioia nella sequela del Signore, passione per il Regno.

Tale "cultura del cuore", la potremmo chiamare anche "cultura dehoniana", perché si ispira a quel modello assoluto e ideale della formazione SCJ, che è il Cuore di Gesù, e conseguentemente ha come modello storico P. Dehon.

In questa prospettiva dobbiamo curare la "qualità formativa". Ad essa vogliamo fare riferimento nell'attuale Incontro Internazionale, di cui vengo ora a precisarne le finalità.

Finalità di questo Incontro Internazionale

Si possono fissare in tre punti: l'obiettivo generale, gli obiettivi particolari e un risultato indiretto che ci aspettiamo.

- Come obiettivo generale - Vorremmo riaffermare praticamente la priorità "Formazione" in tutta la Congregazione, rafforzando alcune scelte comuni, tra cui:

* la conversione allo spirito del Progetto "Noi Congregazione al servizio della missione" in tutte le sue implicanze;

* unità di cuori e di scopi intorno alle quattro scelte formative sopra indicate: formazione in un contesto comunitario; formazione come cammino di fede nella prospettiva della spiritualità dehoniana; formazione alla missione; formazione in cui viene garantita la necessaria "mediazione formativa" in tutte le sue tappe.

- Anche gli obiettivi particolari ci vengono indicati dal Progetto "Noi Congregazione...". Sono quattro realtà da avviare e raggiungere in questo sessennio:

* il completamento della RFG e le RFP con gli elementi riguardanti la formazione alla comunione e all'internazionalità;

* l'impostazione di un programma consistente per il Postulato;

* l'elaborazione di un piano di formazione, per i giovani religiosi, alla professione perpetua;

* la redazione di un itinerario pedagogico che raccolga e proponga ai giovani, in forma attualizzata e sistematica, attraente e praticabile i valori della spiritualità dehoniana.