EDITORIALE

L’Anno Santo, che stiamo vivendo da alcune settimane, è stato definito dal Nostro Superiore generale: “Tempo di grazia e di gioia”, che va vissuto “alla luce della speranza teologale” e “all’insegna del programma missionario di Gesù” (17.XI.99).

È una forte provocazione per l’intera “Famiglia Dehoniana”, anche in vista dei tre incontri internazionali in programma per l’anno in corso: la Conferenza generale SCJ sul tema “Economia e Regno di Dio”, nel mese di maggio; l’incontro internazionale dei Giovani Laici Dehoniani in Italia e a Roma, in agosto; e quello, pure internazionale, della Famiglia Dehoniana, in ottobre, a Roma. I quaderni di “DEHONIANA” di quest’anno non potranno certo ignorare tutto questo.

Per il momento ci limitiamo a presentare questo primo Numero, dedicato quasi interamente al tema: “condivisione del carisma dehoniano tra religiosi e laici” e a descrivere alcune esperienze di vita, vissuta da singoli o da alcuni gruppi, in prospettiva di “Famiglia Dehoniana”.

Il quaderno è introdotto da un testo sulla figura e sulla spiritualità, contemplativa e incarnata, del nostro ven. Padre Fondatore. È uno scritto anonimo, ma elaborato con particolare impegno d’amore, perché da alcuni anni è distribuito a S. Quintino, presso la tomba nella quale riposa la sua salma, quasi a indicare che vorrebbe essere come una sua viva immagine e, insieme, invito ad accogliere con gratitudine e gioia la grazia della sua presenza e del suo carisma. Segue un contributo di spiritualità, sul tema: “Il Cuore di Gesù, nostra pace e riconciliazione”. È stato pronunciato dal papa, Giovanni Paolo II, nel corso del suo recente pellegrinaggio nelle città polacche ed è un tema particolarmente caro alla tradizione “dehoniana” che ci vorrebbe tutti “profeti dell’amore e servitori della riconciliazione”.

Seguono alcuni articoli sul tema del “laicato”: sia il laicato in genere, sia il laicato nella Chiesa e nel suo rapporto con i religiosi, e in specie il problema e le modalità della condivisione dei carismi.

A questo punto si passa dal discorso sui carismi in genere al problema specifico del nostro rapporto come SCJ con i laici, e viceversa, e quindi al tema della condivisione del nostro carisma e della nostra missione come SCJ, con i laici. Le prime esperienze in questo campo risalgono allo stesso P. Dehon, il quale, assieme alla Congregazione, fondò anche un’Associazione Riparatrice per far giungere anche al clero diocesano e ai laici il suo messaggio sull’amore del Cuore di Gesù e relativa spiritualità. Quest’Associazione in seguito, diffondendosi in vari paesi, assunse forme diverse; ma questi gruppi, pur conservando la propria identità spirituale e organizzativa, a partire dal 1990, approfondendo la coscienza del carisma ereditato dal P. Dehon, decisero di coltivare anche un più esplicito rapporto di comunione tra loro e con la Congregazione SCJ, riconoscendosi tutti nell’ambito del “Famiglia Dehoniana”.

La situazione esistente in quegli anni è nota: esistevano tradizioni ed esperienze diverse di condivisione tra religiosi dehoniani e laici, sia con gruppi di ex-allievi o piccoli gruppi sorti accanto a una parrocchia o a un’opera della Congregazione, sia iniziative a livello più profondo (ad esempio, l’istituto secolare della Compagnia Missionaria a Bologna). Ora, partendo dalla teologia conciliare sulla “Chiesa comunione”, questi gruppi e movimenti hanno compreso sempre meglio l’esigenza di una più chiara e visibile “comunione” tra loro e con la “sorgente” da cui hanno attinto alimento per la loro vita spirituale e apostolica. E così si è giunti alla costituzione della cosiddetta “Famiglia Dehoniana”.

Si tratta, in pratica, di una “comunione di vocazioni diverse attorno a un carisma comune”: il carisma di P. Dehon.

Abbiamo quindi cristiani singoli, o in gruppo, che incontrandosi con il messaggio e la testimonianza di P. Dehon, vi scoprono il tesoro di orizzonti nuovi e nuovo slancio per la loro vita di fede e di carità; altri che, per lo stesso motivo, vivono la sorpresa di sentirsi chiamati a una consacrazione più totale al Cuore di Gesù e al servizio del Regno, attraverso la vocazione missionaria, o religiosa, o sacerdotale. E, anche in questo contesto, diverso può essere (di caso in caso) il tipo di servizio che uno si sente di poter svolgere: la preghiera apostolica, la testimonianza o la proclamazione del Vangelo, o anche un volontariato nel quale sono possibili i più svariati servizi per la promozione dei poveri e degli ultimi. Ci sono, infatti, abbastanza spesso, accentuazioni assai diverse tra gruppo e gruppo, sia in fatto di spiritualità (e relative pratiche spirituali) sia negli obiettivi concreti e negli impegni che vengono scelti. Ma comune è il ceppo dal quale derivano; e comune è anche il carisma al quale si ispirano in queste loro scelte.

Abbastanza tipico è il caso della Provincia US, dove l’insieme delle iniziative di condivisione SCJ con i Laici fa capo al “Dehonian Affiliates Committee”; ma poi ci sono gruppi e programmi diversi per i vari settori, come il gruppo SCJ Lay Missioners, il gruppo SCJ Mission Education ecc., ma tutti si ritrovano in comunione fra loro sotto la sigla: “SCJ Family Associates”. Grande diversità c’è anche in Italia, dove abbiamo gruppi di “Laici Dehoniani”, i gruppi di “Famiglia Agape”, gli “Ausiliari dehoniani”, il movimento “Sint Unum”, ecc., oltre, naturalmente, a veri e propri istituti di vita consacrata, laicale o religiosa.

L’immagine che emerge da queste, ma anche da altre Province SCJ, è quindi molto variegata, sia nelle forme organizzative sia negli obiettivi concreti. Per cui non è pensabile un’unica organizzazione, che finirebbe col mortificare ogni originalità.

In una Chiesa che per definizione è “mistero di comunione”, ogni realtà di chiesa deve qualificarsi come “comunione” e, con tutti gli altri soggetti, coltivare “rapporti di comunione”. Ma questo significa che ogni soggetto deve essere rispettato nella sua identità, intesa però e vissuta non come motivo di superiorità o di contrapposizione, ma come modalità diverse e però tutte aperte al dialogo, alla reciproca accoglienza e alle esigenze della carità. Molto diverse anche le forme organizzative dei vari organismi o gruppi; ma comune lo spirito che li anima; comuni e cordiali con tutti il dialogo, l’accoglienza, ed eventuali servizi per la crescita di tutti nella carità.

Certamente il carisma di P. Dehon potrà essere più facilmente compreso e condiviso da laici o gruppi di laici che vivono accanto, o collaborano direttamente a qualche opera gestita da religiosi dehoniani. Ma se questa è la via più frequente per proporre e vivere la condivisione del carisma, essa però non deve isolare, né tanto meno contrapporre il gruppo “dehoniano” ad altri gruppi presenti nella Chiesa. Ogni gruppo o movimento di Chiesa va vissuto col cuore aperto alla cattolicità: da tutti, sia laici, sia persone consacrate, sia sacerdoti. Sempre disposti più a “dare” che a “ricevere”. E questo da parte di tutti.

Visti in questa luce, i vari gruppi che compongono la “Famiglia Dehoniana” non possono essere considerati come “collaboratori docili e sempre disponibili” a fianco della comunità o delle opere della Congregazione. Anzi può succedere anche a noi, Religiosi SCJ, quello che il P. Panteghini annotava già a commento dell’incontro del 1990, in una lettera indirizzata ai “Religiosi Dehoniani”: “Come è avvenuto in tante altre Congregazioni, scrive, forse anche a noi la presenza di laici ci è anche scomoda, disturba la nostra quiete e stimola la nostra pigrizia. Ci spinge ad essere più coerenti. In questo senso la loro presenza è una grazia, siamo provocati a rivedere il nostro stile di vita, il nostro modo di fare apostolato, la nostra capacità di collaborazione” (cf. in “Dehoniana” n. 79-1991, p. VI).

Una riflessione che ci sorprende. Ma forse ne comprenderemo meglio la ragione leggendo gli ultimi articoli di questo quaderno, raccolti sotto la rubrica “Alcune esperienze”. Il contributo di p. Umberto Chiarello ci informa sulle esperienze segnalate a un recente convegno dell’Unione Superiori Generali; ma poi vengono riportate anche esperienze più tipicamente”dehoniane” e anche “due testimonianze”.

E per finire, come al solito, alcuni appunti sulla “Vita della Congregazione”.

Andrea Tessarolo