DOSSIER CENTRALE

UNA BELLA MISSIONE: PREGARE CON GESÙ,

PER TUTTI, A NOME DELLA CHIESA

Juan José Arnaiz Ecker, scj

Intenzione originale1

L’Esortazione Apostolica Vita consecrata di Giovanni Paolo II ci offre al numero 14 un bel passaggio che presenta la comunità religiosa come luogo teologico in cui possiamo incontrare il Signore nel quale abbiamo creduto e che ci ha chiamato. Luogo dove è possibile la nostra incorporazione alla comunione trinitaria che richiede e conferisce il dono della comunione con i fratelli. Uno dei momenti di comunione e di dialogo con Dio (ma non è l’unico) si chiama Liturgia delle Ore (= LH). Penso di poter offrire alcune riflessioni su questo punto (riflessioni che non pretendono di essere dei fondamenti teologici rigorosamente scientifici). Le fonti sono: in generale, l’esperienza della Chiesa; in particolare, l’esperienza carismatica del nostro Fondatore, il venerabile P. Leone Dehon, e la lettura carismatica attualizzata della nostra Regola di Vita del 1982. Si tratta di una scelta di alcuni testi che ci permettano di dare una visione personale, aperta al dialogo e alla discussione, su come potremmo integrare questa dimensione della lode a Dio nella nostra vita cristiana, religiosa e apostolica nel quotidiano succedersi dei giorni e delle ore.

Poniamo il punto di partenza nella preghiera che è l’anima di ogni orazione cristiana: la preghiera che nasce dal Cuore di Cristo. La LH prolunga la memoria del Signore. Ogni giorno della nostra vita è immerso nella storia, una storia di salvezza. Partiamo da una celebrazione capace di integrare vita e fede, individuo e comunità, in un dialogo personale con Dio che ha il suo canale di comunicazione nella Parola. La Parola è Alleanza, Incarnazione, Chiamata-Vocazione ad essere sui figli, figli di Dio, capaci di entrare nell’eterno dialogo di amore della Trinità. Nella LH Cristo prega con noi.

Liturgia delle Ore e esperienza Dehoniana

Il P. Dehon, parlando della preghiera, diceva: “La preghiera è la nostra vita. La nostra anima deve pregare incessantemente…Il nostro luogo di riposo nella preghiera è il Cuore di Gesù, sono i suoi misteri di amore e di immolazione”.2

L’uomo è un essere che ha bisogno di restare aperto: a se stesso, agli altri uomini, al creato e a Dio. Le parole di P. Dehon possono essere lette in questa necessaria apertura dell’uomo alla trascendenza. Il religioso sacerdote del Cuore di Gesù, se non prega, è come morto. La forza interiore, il coraggio, la gioia di vivere, il motivo per alzarsi ogni giorno devono includere l’incontro con il Signore nella preghiera, come momento privilegiato, intimo, di preparazione, di animazione, di risanamento, di irrobustimento per l’altro incontro con il Signore che si offre nelle tante realtà sacramentali quotidiane in cui Dio si fa presente in modo gratuito, misericordioso, ma anche esigente… Il ritmo della nostra vita deve ricalcare il ritmo del Cuore di Gesù, presenza misteriosa, forza di impegno e di lotta, icona della Parola di amore fatta carne e consegnata per abbattere il muro della nostra incomunicazione con Colui che ci ha creato.

Parliamo poi di un uomo che è “un essere in relazione” e che ha bisogno della preghiera personale e comunitaria per esserlo in totalità. Nel contesto di una storia che è insieme personale e comunitaria, ogni consacrato a Dio ha ricevuto una vocazione di “stare davanti a Dio”. L’apertura al Signore, la pratica della carità, la lode e l’intercessione (aspetto integrale dell’ “essere per/a favore/con gli altri”) costituiscono le caratteristiche della vocazione del religioso.

A quei religiosi che sono anche presbiteri si aggiunge la missione di essere operatori di comunione, apostoli annunciatori del Verbo incarnato, nella propria comunità religiosa e nei momenti di orazione comune.

L’Eucarestia era il centro della vita di P. Dehon. Da questo centro scaturiva tutta una vita di preghiera, di abbondante e feconda orazione, che si concretava in vari modi privilegiati: la meditazione dei misteri della vita di Gesù, l’Adorazione eucaristica, la recita del Breviario, ecc.

Per lui, lo scopo essenziale dell’Adorazione era dare il culto di amore e di riparazione al Cuore di Gesù, compreso il ringraziamento per coloro che erano ingrati, la richiesta di perdono a favore/per gli altri. Un altro modo di pregare era la recita del Breviario. Lo recitava con molta attenzione e sappiamo che leggeva le spiegazioni dei salmi in tedesco. Conserviamo del materiale di documentazione circa il Breviario. Facendo una piccola ricerca3 possiamo trovare il seguente materiale:

1) la conferenza: “Nazareth - La Prière - Le Bréviaire”, rivolta ai presbiteri della Congregazione (AD inv. 39.47, B6/6.47);

2) un adattamento della conferenza precedente per i religiosi non presbiteri;

3) la conferenza “Le Saint Office” (AD inv. 40.33, B6/7.33);

4) sussidi per la recita dei salmi: “Per aiutare a recitare bene il Breviario. Pensiero fondamentale dei Salmi” (1919);

5) “Le Breviaire” in NHV (V, 132-133);

6) “Dans les Psaumes” in Études sur le Sacré-Coeur (1909) (Op. Spir. V, 433-436);

7) “L’année avec le Sacré-Coeur” (1909) dove si riscontrano 120 citazioni dei salmi;

8) Lettera circolare sull’Ufficio proprio dei Sacerdoti Oblati del Cuore di Gesù (25 dicembre 1891).

Riassumendo tutti questi documenti possiamo dire che P. Dehon vede la LH nella spiritualità che lo ha sempre guidato in ogni momento. Emerge una serie di testi che riguardano la coscienza ecclesiologia, molto ampia in P. Dehon, testimoniata dai riferimenti pneumatologici (la LH è il respiro dello Spirito), cristologici (la Chiesa è il Corpo di Cristo) ed ecclesiologici che fanno da sfondo ai testi esaminati.

Si distinguono ugualmente gli aspetti che, in P. Dehon, rimandano ad una intimità con Dio, a un tu per tu, ad una esperienza di Dio personale e divinizzante, in definitiva ad una “umanizzazione radicale”, un modo cioè di conformare pienamente la propria vita alla Parola di Dio. Sottolineo anche in modo speciale l’invito che P. Dehon fa all’orante della LH perché viva un “Sint Unum” interiore, personale, che lo apra a quella comunità orante che è la Chiesa, presente nella comunità religiosa, e alla missione, vissuta come esistenza per gli altri e oblazione. Non posso non citare le linee ispiratrici del titolo di questo lavoro in cui, sottolineando soprattutto l’importanza delle preposizioni usate, vediamo condensate le linee fondamentali del pensiero dehoniano su questo tema:

“Pregare a nome della Chiesa, pregare con Gesù per tutte le anime che gli sono care: ecco una bella missione!”4.

“A nome di”, “con”, “per”, e ‘a favore di’ (“missione”) sono le linee guida attraverso le quali ci addentriamo nella riflessione su testi molto conosciuti tratti dal Direttorio Spirituale, il Thesaurus precum e la Regola di Vita.

Il Direttorio Spirituale

La vocazione riparatrice traspare in tutti gli scritti di P. Dehon. Non poteva mancare in quello che ci ha lasciato scritto sull’Ufficio Divino. P. Dehon intendeva la recita dell’Ufficio Divino (che allora era riservato ai presbiteri) come un mezzo di riparazione spirituale.

Recitare l’Ufficio era un modo di riparare quel Cuore che ha tanto amato il mondo. E, come fa sempre quando si rivolge ai suoi religiosi, pone la meta al più alto livello: nella purezza di amore e di fede, nella perfezione dell’esecuzione materiale e nell’orizzonte della santità e dell’incontro con il Signore. Leggiamo anzitutto questo testo:

"Ciò che deve essere offerto e consacrato come compensazione […] deve essere, per quanto è possibile, perfetto e puro. […] All'ora fissata per questo ufficio di guardia d'onore, per questa funzione sacra, ogni altra occupazione deve cessare e tutto deve essere compiuto in questa santa azione con sollecitudine estrema. Il tempo destinato al servizio del Re deve essere ben impiegato. Non bisogna lasciarsi disturbare da nulla e da nessuno della casa o da persone estranee".5

Nel testo seguente P. Dehon manifesta il suo pensiero costante, ha chiaro chi è e com’è Dio, così pure la scala dei valori che devono guidare le occupazioni del religioso, ponendo al centro il prossimo e tenendo presente che “la gloria di Dio è l’uomo vivente”:

"Tutto questo non esclude il sopravvenire di casi dei quali la vera carità verso il prossimo, o la stessa gloria di Dio esigono una interruzione o un ritardo. In tal caso bisogna agire con la libertà dei figli di Dio. Dio non è un padrone crudele e ingiusto, ma un padre pieno di amore e di misericordia". 6

Però con la stessa competenza e chiarezza parla di qualcosa che conosce bene: la nostra condizione e la nostra situazione reale nella vita quotidiana:

"Ogni inezia, ogni avvenimento insignificante […] basta per allontanare, per dispensare da un così santo dovere, oppure si compie con gesti, con un comportamento che tradiscono una indifferenza condannabile; la disattenzione, la pigrizia, l'assenza dello spirito e del cuore. La causa principale delle nostre offese alla Maestà divina sta nella mancanza di una fede autentica. Per questi oltraggi fatti al divin Cuore di Gesù, i Sacerdoti del sacro Cuore devono riparare. Questa intenzione deve essere rinnovata ogni volta con fede viva, zelo autentico e puro amore". 7

Avverte, previene, e soprattutto anima alla lotta che ciascuno deve fare per raggiungere l’ideale che ci riporta l’esperienza benedettina: “Consideriamo in che modo dobbiamo stare alla presenza della Divinità e dei suoi angeli, e recitiamo i salmi in modo che la mente si accordi alle nostre labbra”.8 Siamo un tutt’uno, corpo e anima, anima e corpo. L’uno senza l’altra non è nulla e una preghiera senza cuore, senza attenzione, senza coscienza, senza amore, senza presenza, senza disposizioni, non vale nulla. A questo riguardo, così si esprimeva parlando ai suoi novizi il 7 marzo 1880:

“In cappella, mettersi nella giusta posizione è importante: non appoggiarsi allo stesso tempo nell’inginocchiatoio e allo schienale. Siccome durante il giorno si entra più volte in cappella, è facile perdere il rispetto. Il Sommo Sacerdote a Gerusalemme entrava nel Santo dei Santi solo nelle grandi feste e non senza essersi preparato con veglie e digiuni, eppure lì non era presente il Corpo di Gesù. I padri soprattutto potrebbero perdere questo rispetto poiché spesso vi recitano il divino Ufficio. Durante tale esercizio, non si deve fare a meno del libro e non leggere a distanza con il libro posto sull’inginocchiatoio”.9

Anche il corpo prega e suo tramite ci mettiamo in contatto con Dio. Ciò che facciamo col corpo è l’espressione della nostra fede, della nostra adorazione, della nostra pietà, dei nostri sentimenti più profondi. Perciò fede viva e sincera, zelo e amore puro, sono gli strumenti che il fondatore esige da noi nella celebrazione delle Ore per essere conformi alla nostra spiritualità, al nostro carisma, sia come singoli religiosi che come comunità, aperta all’incontro con il Cristo Risorto, vivo e presente, nella Parola, nella Eucaristia, nella Storia, nell’Uomo, ricco o soprattutto povero, sano o malato, giusto o peccatore.

Circa l’ordine della celebrazione, P. Dehon è figlio della Chiesa del suo tempo, perciò privilegia le indicazioni che venivano date per la recita comune del Breviario. Vediamo come il fondatore distribuiva la recita dell’Ufficio Divino:

“Nelle case del nostro Istituto l’Ufficio Divino deve essere recitato in coro, almeno in parte (Vespri e Compieta).[…] Conviene che la recita del Breviario sia divisa in tre parti: le piccole ore al mattino, Vespri e Compieta dopo pranzo; Mattutino e Lodi, dopo le quattro del pomeriggio”.10

Queste istruzioni sono ben lontane da quelle che darà poi il Concilio Vaticano II. Tuttavia rimane in parte indicativo di ciò che è essenziale nella eredità dehoniana e nella prassi della Chiesa. Il Concilio Vaticano II ha inteso recuperare la “verità delle Ore”, nei suoi momenti particolari mattina-pomeriggio-sera, per ottenere così la santificazione, l’offerta del nostro tempo a Dio, per rendere palpabile la sua presenza nella nostra vita. E questo è presente nel sottofondo di Dehon.

Thesaurus Precum

Un altro gioiello che incontriamo è la preghiera, inclusa nel Thesaurus Precum, che si deve recitare prima di cominciare l’Ufficio Divino. In essa troviamo profonde linee teologiche. La dimensione escatologica accentuata nella sua dimensione ecclesiale ci mostra l’unione tra la Chiesa invisibile e la visibile, che formano il Corpo di Cristo. Esso, unito al suo Capo, offre la sua lode a Dio, memoria della sua alleanza e della sua oblazione. Escatologia, ecclesiologia, eucaristia, oblazione, incarnazione, spiritualità trinitaria e del Cuore di Gesù, coscienza del dialogo in questo tipo di orazione, in cui Dio e l’uomo si parlano, si donano a vicenda, ecco quanto si scopre sotto queste parole:

Signore Iddio, ti offro questo divino Ufficio in unione alle adorazioni e alle lodi degli Angeli e dei Santi in cielo, di tutti i sacerdoti della tua Chiesa, e delle altre anime consacrate.

Questo tributo di lode, santificato nel Cuore di Gesù e unito alla sua santissima preghiera, te l'offro, o Padre santo, per mezzo del Cuore Immacolato di Maria. Ogni parola di questa preghiera sia un atto di puro amore, di adorazione, di ringraziamento, di riparazione, di confidenza e di abbandono alla tua santissima volontà. Questa preghiera sia per me, povero tuo servo, una comunione spirituale, un atto di umiltà e di perfetta abnegazione, e per te, o adorabile Trinità, un sacrificio di gloria e di lode - Così sia.11

L’orazione abbreviata (“oblazione” dice il Thesaurus) che si usava prima della recita delle Ore minori e del vespri, mantiene lo spirito fondamentale di quella della LH (preghiera di tutta la Chiesa, Corpo mistico di Cristo, unito al suo Capo in lode al Padre), con il richiamo al carisma e alla spiritualità dehoniana (amore e riparazione):

Eterno Padre, per mezzo del Cuore di Gesù, tuo Figlio, e in unione al Cuore Immacolato di Maria - umilmente ti offro questo santo Ufficio, in spirito di amore e di riparazione.

Il 21 dicembre 1867, Leone è ordinato suddiacono. Fin dal gennaio 1867 aveva acquistato il breviario ‘per imparare a recitarlo bene’, così afferma in una lettera ai genitori (7.1.1876)”.12

Questa nota biografica ci mostra la stima particolare che P. Dehon aveva verso questa forma di preghiera, certamente canonica e obbligatoria, ma di una ricchezza spirituale ineguagliabile.

Ora andiamo ad immergerci in acque nuove che provengono dalla stessa sorgente, ma rinnovata e adattata ai tempi nuovi: la nostra Regola di Vita.

La Liturgia delle Ore alla luce della “Nostra Regola di Vita” (1982)

Prima di continuare, è bene che fissiamo un punto di partenza. Né in P. Dehon né nell’attuale Regola di Vita si può trovare un trattato specifico e sistematico della LH. La LH è qualcosa che ci viene dato, che corrisponde alla disciplina della Chiesa e che in molti casi è assunto acriticamente (quando, malauguratamente, con disgusto). Nelle pagine seguenti cercheremo di fare una nuova ricerca. Cerchiamo di presentare, alla luce dell’attuale Regola di Vita, le linee per una lettura di OGGI, dehonianamente orientata, della LH. È una rilettura del senso della LH, nel progetto globale di assimilazione a Cristo che il carisma di P. Dehon propone. Come centro della riflessione si pone l’Eucaristia che è il contenuto dell’orazione, relazione con il Padre e insieme impegno a lavorare per il Regno di Dio. In questa linea collochiamo la LH come strumento che si ci aiuta a integrare questi diversi obiettivi generali.

L’esperienza personale, concreta, irrepetibile, intima, dell’incontro con il Risorto è alla base della vita e dell’essere cristiano. A questo incontro segue il processo di adesione a Cristo. Adesione che, se l’incontro con il Signore ha raggiunto un livello di pienezza adeguato, prolungherà i suoi effetti in tutte le circostanze e durante tutta la vita per:

- un cammino di profonda intimità, unione, inabitazione e filiazione con il Dio uno e trino;

- un cammino di amore accogliente, di amore oblativo, di consacrazione al prossimo, di immolazione, di impegno totale della vita per il fratello, sacramento di Cristo, specialmente quello più sprovveduto;

- tutto questo nella koinonia ecclesiale.

Se questo vale per ogni cristiano, il religioso vede specificata la sua vocazione particolare dentro la Chiesa in una chiamata a seguire Cristo più da vicino. Attraverso la pratica dei voti, la vita fraterna e il totale impegno a servizio del Regno, diventa memoria di fronte alla Chiesa del modo di vivere che adottarono Gesù e gli apostoli. Nulla di più, ma neppure nulla di meno. A ciascun carisma è dato di sottolineare una “parola della Parola”. In questa piccola parola si incontra Dio. E cioè, nel religioso dehoniano, la parola di Dio si legge e si intende attraverso il carisma, parola di Dio trasmessa al fondatore. Così il religioso dehoniano incontra nella cst. 5 questo cammino, come abbiamo detto sopra, così specificato:

Questa adesione a Cristo…

La cst. 28 ci fa fare un passo avanti. Colui che ha sentito il richiamo di Dio, provi quella sete che canta il salmo 62 nelle domeniche e nelle feste, si senta ferito d’amore, come dice il Cantico dei Cantici e S. Giovanni della Croce. Comincia la ricerca dei segnali, delle tracce, della presenza che è difficile da percepire. L’amore rende inquieti, cerca la pienezza dell’abbandono, della donazione, del non essere “io”, ma “noi”, del non vivere più io, ma Cristo che vive in me (cf. Gal 2,20).

Avidi…

Secondo lo spirito di P. Dehon, la concentrazione sacramentale ed esistenziale di tutta questa spiritualità e forma di vita si può trovare solo nel memoriale della Eucaristia. Così recita la cst. 20:

Tale adesione…

La Lumen Gentium al n. 11 ci ricorda che l’Eucaristia è “la fonte e il culmine di tutta la vita cristiana”. PO 5 sottolinea la centralità di questo sacramento perché esso “contiene tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè Cristo stesso, nostra Pasqua”. Il progetto di adesione a Cristo che P. Dehon propone ai suoi religiosi è tutta l’eredità spirituale che ci ha lasciato, in particolare con l’atto di oblazione e l’adorazione eucaristica, che derivano dall’immensa fonte dell’Eucaristia celebrata, vissuta e consumata in fraternità.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica cita, trattando dell’Eucaristia, questa sentenza di S. Ireneo: “Il nostro modo di pensare deve armonizzarsi con l’Eucaristia e l’Eucaristia a sua volta conferma il nostro modo di pensare”.13

In questa prospettiva dobbiamo vedere il nostro amore, il nostro studio, il nostro approfondimento della LH, soprattutto per la preghiera dei salmi: Cristo è presente in essi e ci invita ad unirci a lui nella lode al Padre. Egli ci fa conoscere il Padre e ci alimenta con la sua Parola nel cammino di servizio, di impegno, di immolazione che tanto sa di notte oscure, di gioie, di benedizioni, di incomprensione e di abbandono.

La cst 31 mostra chiaramente questa connessione tra Eucaristia, orazione e servizio:

Per P. Dehon, a questa missione, in spirito di oblazione e di amore, appartiene l'adorazione eucaristica, come un autentico servizio alla Chiesa (cf. NQ, 1.3.1893) e il ministero dei piccolo e degli umili, degli operai e dei poveri (cf. Souvenirs, XV), per annunciare loro le imperscrutabili ricchezze del Cristo (cf. Ef 3,8). […] In tutto questo, egli ha la sollecitudine costante che la comunità umana, santificata dallo Spirito Santo, diventi oblazione gradita a Dio (cf. Rm 15,16).

La continua attitudine ( e attività) di nutrirci della Parola, di pregare con essa, di conoscerla, di viverla, interpretarla, ascoltarla, sviscerarla per metterla nella nostra vita personale, ci renderà capaci di essere annunciatori profetici di questa Parola d’amore. Ci permetterà di essere Profeti dell’Amore e in questa nuova “piccola incarnazione” (memoria e paradigma di abbandono, amore e oblazione) della Parola, potremo continuare nello stesso Spirito di Cristo l’opera di riconciliazione (e riparazione di un ordine di realtà alterato dal peccato) iniziata da Dio dal momento in cui ristabilì la speranza per l’uomo, espulso dal paradiso, di una comunione con Dio. Così dice la cst 7:

dai suoi religiosi, Padre Dehon si aspetta che siano dei profeti dell'amore e dei servitori della riconciliazione degli uomini e del mondo in Cristo (cf. 2Cor 5,18). Impegnati così con Lui, a rimediare al peccato e alla mancanza di amore nella Chiesa e nel mondo, gli renderanno, con tutta la vita, con le preghiere, le fatiche, le sofferenze e le gioie il culto di amore e di riparazione che il suo Cuore desidera (cf. NQ XXV, 5).

E la cst 25, con tutta la sua speranza escatologica:

Il nostro amore, tramite la nostra partecipazione all'opera della riconciliazione, risana l'umanità nel Corpo di Cristo, e la consacra per la Gloria e la Gioia di Dio.

Si è detto del Libro dei Salmi che raccoglie tutta l’esperienza di fede e di speranza del Popolo d’Israele. Ciò che negli altri libri dell’AT viene narrato, nei Salmi diventa preghiera. Cristo ha pregato con i salmi. Il contenuto della sua preghiera al Padre era il Regno, la sua missione, la sua speranza, il suo significato, i suoi obiettivi. La Chiesa ha tramandato il contenuto dell’annuncio: dal Regno che Cristo predicava, si è passati ad annunciare il predicatore del Regno, cioè lo stesso Gesù Cristo, perché Gesù Cristo è il Regno. Lo slogan della nostra Congregazione “Adveniat Regnum Tuum” va visto in questa prospettiva e ci aiuta a contemplare nei nostri momenti di preghiera l’impegno a diventare un “altro Cristo” o meglio ad essere il prolungamento stesso dell’unico Cristo che vive, annunciatori e “precursori” del regno. Consideriamo le cst. 11 e 17:

Cristo ha pregato perché venga il regno, che già è all'opera nella sua presenza in mezzo a noi. Con la sua morte e la sua risurrezione, ci ha aperti al dono dello Spirito e alla libertà dei figli di Dio (cf. Rm 8,21) (cst 11).

Fedeli all'ascolto della Parola e alla frazione del Pane, siamo invitati a scoprire sempre di più la Persona di cristo e il mistero del suo Cuore e ad annunciare il suo amore che sorpassa ogni conoscenza (cst 17).

Questo prolungamento, che sant’Agostino aveva compendiato nell’espressione “Alter Christus”, comprende, almeno, due dimensioni fondamentali nella vita del religioso:

- da un lato la dimensione individuale, che vediamo chiaramente espressa nella cst 42, dove si tratta del voto del celibato consacrato:

Questo impegno mantenuto fedelmente, spesso a prezzo di uno sforzo esigente (cf. Mt 5,29), in particolare con l'unione a Cristo nei sacramenti e con l'ascesi personale, libera il nostro cuore, ci apre all'ispirazione dello Spirito e all'incontro con il prossimo nella carità fraterna.

- dall’altro, al dimensione della comunità. Cristo è il cardine della vita comune, della costruzione della vita umana e spirituale di ciascuno dei religiosi. E se Cristo è il cardine, la Roccia su cui si eleva l’edificio, se egli è l’Architetto, il risultato finale non potrà essere che la testimonianza di Cristo Risorto e glorificato. La comunità riunita nella preghiera, nella lode, a determinate ore del giorno, trova qui il luogo privilegiato per conseguire il proprio obiettivo: l’annuncio del Signore. Così dice la cst. numero 67:

Anche in questo la comunità si sforza di testimoniare Cristo nel cui nome è riunita. Nello stesso tempo essa può portare un aiuto prezioso alla crescita delle persone che la compongono.

La cst. 79 si esprime più concretamente, partendo dal realismo e dall’esperienza di anni di vita comune e di sequela di Cristo:

Senza lo spirito di orazione, la preghiera personale deperisce; senza la preghiera comunitaria, la comunità di fede languisce.

E quali strumenti ci propone la Regola di Vita per vivere e approfondire lo spirito dell’orazione personale e comunitaria?:

Ogni comunità avrà cura di stabilire i tempi e le forme della propria preghiera comune, che esprimono lo spirito della nostra vita religiosa e ci fanno partecipare alla preghiera della Chiesa, in particolare mediante la liturgia delle Lodi e dei Vespri (cst 79).

Così, per esempio, il Direttorio Provinciale HI da indicazioni per conseguire quanto la Regola ci propone:

“Le Lodi hanno lo scopo di santificare la mattinata e in esse facciamo il nostro atto di oblazione proprio del nostro istituto - che si recita anch’esso quotidianamente - col quale impegniamo tutte le nostre facoltà al compimento della volontà di Dio. Alla sera la comunità si riunisce per la recita dei Vespri o di Compieta” (DP 2).

Non si deve dimenticare che la preghiera non è solo un passatempo intellettuale-sentimentale, un sentirsi semplicemente bene, ma è soprattutto un dialogo vitale che ci apre alla missione, proposta e garantita dall’autorità della Chiesa:

Riconosciamo che dall'assiduità alla preghiera dipendono la fedeltà di ciascuno di noi e delle nostre comunità, e la fecondità del nostro apostolato (cst 76).

Accogliendo lo Spirito che prega in noi e viene in aiuto alla nostra debolezza (cf. Rm 8,26ss) vogliamo lodare e adorare, nel Figlio suo, il Padre che, ogni giorno, realizza in mezzo a noi la sua opera di salvezza, e ci affida il ministero della riconciliazione (cf. 2Cor 5,18). Facendoci progredire nella conoscenza di Gesù, la preghiera rafforza il legame della nostra vita comune, e costantemente l'apre alla sua missione (cst 78).

E più chiaramente:

Con la celebrazione dell'Eucaristia, uniti a tutta la Chiesa nel "memoriale" e nella presenza al suo Signore, accogliamo Colui che ci fa vivere insieme, che ci consacra a Dio, e ci rilancia di continuo sulle vie del mondo, al servizio del Vangelo (cst 82).

Conclusione

Dio ha parlato e parla attraverso la sua Parola. Dio chiama attraverso la storia del mondo e la vita quotidiana. Dio è fedele, è verace, è Amore, è Dono. Dio sceglie, guida e invia. Come si vedrà in seguito, nell’ultima costituzione che citeremo, la nostra fedeltà, verità, amore, elezione e impegno dipendono in gran parte dalla nostra capacità di perseguire il nostro progresso spirituale, la nostra unione d’amore a nostro Signore. Queste linee hanno voluto essere, nonostante i loro limiti, un appello a sentire nel cuore la preghiera della Chiesa, ad approfittare dei momenti in cui ci riuniamo come comunità per lodare il Signore, per fare Chiesa e rinnovare il nostro impegno, il nostro carisma e il nostro ministero. Alla Chiesa Dio ha affidato i mezzi della nostra santificazione e la nostra salvezza. Salvezza e santificazione personale? Le linee, nelle quali ci siamo mossi, sono quelle di una preghiera che congloba la comunità: una comunità che prega, che celebra, che vive. La LH è uno di questi mezzi. Queste linee sono state anche un invito, soprattutto per quelli più giovani nella vita religiosa SCJ, a leggere gli scritti “in diretta” di P. Dehon e, custoditi nel nostro cuore, applicarli alla vita del nostro tempo, della nostra Chiesa, della nostra società, della nostra storia, lasciando da parte quanto in P. Dehon è passato e non ritornerà più. Sarà un modo privilegiato di essere fedeli alla nostra vocazione, alla nostra spiritualità, alla nostra missione, alla nostra vita, al nostro fondatore e al nostro Dio e Signore:

certi della indefettibile fedeltà di Dio, radicati nell'amore di Cristo, sappiamo che la nostra scelta di vita religiosa, per rimanere viva, esige l'incontro assiduo col Signore nella preghiera, la conversione permanente al Vangelo, e la disponibilità di cuore e di atteggiamento per accogliere l'oggi di Dio (cst 144).

NOTE

1 Questo testo è frutto di varie redazioni e adattamenti di elementi diversi. Nella sua intenzione originale, faceva parte di un lavoro di sintesi sulla Liturgia delle Ore, diretto a giovani seminaristi che, poi, si è trasformato in riflessioni per momenti di studio nello Scolasticato di Salamanca. Si tratta perciò di un canovaccio, a cui si sono aggiunti vari elementi nuovi. Ad una lettura superficiale possono apparire frasi scontate, elementi risaputi, idee già conosciute o anche aspetti utopistici. Chiedo, perciò, la clemenza e la pazienza del lettore.

2 Direttorio Spirituale V, 1. L’edizione spagnola traduce così: “Il nostro luogo di riposo è l’orazione, è il Cuore di Gesù, mistero di amore e di immolazione” e in tal modo si perde il senso fondamentale del testo: il modo tipico dehoniano di pregare e il suo oggetto.

3 In un altro lavoro più esteso, analizzo tutti questi testi o offro di essi la traduzione in spagnolo. Non avrei potuto consultare tanto materiale, senza l’aiuto di P. Egidio Driedonkx, che ringrazio per tutto il tempo e l’impegno che mi ha dedicato. Ugualmente ringrazio della collaborazione il magistero e i PP. A. Tessarolo, A. Perroux, S. Tertünte. Così pure il paziente lavoro, offerto dai PP. Mtez, de Alegría e J.C. Briñon, per la traduzione e adattamento dei testi francesi originali. Ringrazio anche per la revisione del testo e le osservazioni C.L. Suárez e J.L. Domínguez. Sono tutti Sacerdoti del S. Cuore.

4 NHV V 132-133, pp. 123-124

5 Direttorio Spirituale V, par. 3. Il testo originale francese parla del Regno e non di Dio per la guardia d’onore. In ogni mdo, la traduzione spagnola non perde nulla del senso profondo del testo.

6 Direttorio Spirituale V, par. 3.

7 Direttorio Spirituale V, par. 3. Ancora una volta il testo spagnolo non è fedele all’originale.

8 Regola di S. Benedetto XIX, 7.

9 CAF, 72 (p. 61 dell’edizione spagnola)

10 Direttorio Spirituale V, par. 3. La traduzione non è adeguata, ma questo non influisce sul senso.

11 Thesaurus Precum, pp. 70-71

12 MANZONI G., Léon Dehon y su mensaje (El Reino, Torrejòn de Ardoz 1995) p. 149 (ed. italiana pag. 132).

13 CEC n. 1327.