DOSSIER CENTRALE

 

IL MONDO DEL CUORE, NEL CUORE DEL MONDO

Paul J. McGuire, scj

Introduzione

A metà del diciannovesimo secolo nessuna istituzione era più ampiamente in opposizione agli sviluppi del Mondo Moderno della Chiesa Cattolica Romana. La sua opposizione a tutta la realtà moderna si riassumeva nel documento vaticano del 1864 “Il Sillabo degli Errori” che rifiutava l’idea che il Papa “dovesse riconciliarsi e accettare il progresso, il liberalismo e la civiltà moderna”.1 Cento anni dopo il Concilio Vaticano Secondo scrive un documento sul ruolo della Chiesa nel Mondo Moderno; inizia con queste parole: “Le gioie e le speranze, i dolori e le angustie dei popoli di ogni tempo, specialmente dei poveri e dei diseredati in ogni modo, sono anche le gioie e le speranze, i dolori e le angosce dei seguaci di Cristo”. 2

Il mio compito in questo articolo è di spiegare ciò che è accaduto nei cento anni tra questi due documenti del Vaticano: uno chiuso e ostile al Mondo Moderno, l’altro che accoglie il mondo e vi scopre il campo per il suo lavoro di servizio e di riconciliazione. Naturalmente, questo compito è troppo vasto per essere racchiuso nel breve spazio di una relazione. Così, al suo posto, io ho scelto la vita e l’esperienza di Padre Leone Dehon e intendo farne un caso-tipo, un esempio in miniatura, del modo in cui è avvenuto il cambiamento nella Chiesa in senso più ampio. Io credo che egli sia rappresentativo non solo del nuovo approccio della Chiesa al Mondo Moderno, ma anche del motivo ispirante del rinnovamento che ha portato a questo coinvolgimento nei molteplici problemi dei tempi moderni.

I. Padre Dehon a San Quintino

Quando Padre Dehon completò i suoi studi per il sacerdozio, aveva 28 anni. Aveva conseguito quattro lauree, una in diritto civile francese, una in filosofia, una in teologia e una in diritto canonico. Come temperamento egli non era timido, ma introverso, riservato e incline all’ascetismo.

Prima della Rivoluzione, la sua famiglia apparteneva all’aristocrazia; dopo i suoi erano rimasti ricchi possessori terrieri e avevano un posto eminente nella politica locale. La sua educazione di privilegio contribuì ala suo isolamento dalla vita quotidiana del cittadini normali. Inoltre, il suo curriculum in seminario non aveva incluso alcun corso di ministero ordinario o di esperienza parrocchiale; non ebbe neppure un corso sulla predicazione. Aveva passato sei anni a Roma, che egli descrive come un lungo ritiro monastico, completamente immerso nella rarefatta atmosfera di studi avanzati, elevata spiritualità e arcana subcultura del Cattolicesimo Romano.

Egli avrebbe voluto restare lì per continuare altri studi. Ma non potendo farlo, egli aspirava ad una carriera nell’educazione superiore, forse in seminari per la formazione di futuri sacerdoti o come professore di università. Quando i suoi progetti stavano per realizzarsi, delle considerazioni pratiche lo condussero ad abbandonare i suoi piani e fu costretto temporaneamente a mettere da parte le sue aspirazioni accademiche.

Si mise invece a disposizione del suo vescovo. Il vescovo si mosse in fretta e il 3 novembre 1871 Padre Dehon fu assegnato come settimo cappellano alla basilica della città di San Quintino.

È difficile immaginare un servizio e una sistemazione che fosse meno adatta per il giovane Padre Dehon. Uno dei suoi ex compagni gli scrisse: “Tu, prete di parrocchia? È ridicolo!” 3 La città stessa era ugualmente non congeniale. Situata nel nord industriale della Francia, san Quintino era una città poco attraente, dominata da una certa varietà di fabbriche tessili, diverse fonderie, distillerie e altre piccole industrie. Non c’era aristocrazia, anche se vi era una piccola classe di professionisti; scarsa la vita culturale e intellettuale. Era, come diremmo oggi, una città di colletti bianchi. La maggior parte dei suoi 30.000 abitanti era Cattolica battezzata, appartenente nominalmente alla Basilica, giacché non vi era altra parrocchia in città.

I preti si davano il cambio nello svolgimento regolare dei servizi e inoltre ciascuno era responsabile di un settore particolare della vita della parrocchia. Per esempio, uno era maestro del coro, un altro seguiva il giornale diocesano, altri erano cappellani delle scuole o nei conventi. Era implicito che ogni prete doveva visitare determinate famiglie, ma il resto della città vedeva raramente o forse mai il sacerdote.4 Il clero provvedeva il servizio in chiesa e accoglieva quanti venivano; il resto della gente viveva nel paganesimo.5

Poco dopo il suo arrivo in parrocchia, Padre Dehon notava: “Mi sono ritrovato presto a contatto con la gente”. Egli vedeva di prima mano l’impoverimento e la degradazione che l’industrializzazione aveva portato alle masse urbane. Egli scrive: “La maggior parte dei 30.000 abitanti della città vive del salario giornaliero che sale o scende a seconda del mercato, come il prezzo degli schiavi. Non ci sono istituzioni che proteggano i lavoratori. Il 90% dei padroni delle fabbriche e degli imprenditori non hanno idea dei loro doveri di datori di lavoro. Gli anziani, i malati e un gran numero di bambini sono alla fame e in miseria nella famiglia. Alcune famiglie fortunate prosperano, ma molte sono spinte verso il pauperismo…

Bisogna dire che nessuno della classe operaia viene in chiesa. Questa buona gente non ha mai sentito una parola di incoraggiamento sia dai loro preti che dai loro padroni… La loro situazione è peggiore di quella degli schiavi dei tempi antichi, che a volte erano considerati parte della famiglia. Ci sono solide ragioni perché la gente covi rancore per la società contemporanea e nutra ostilità per i padroni e disaffezione verso il clero che non fa abbastanza per loro”.

La maggior parte di questa gente vive in case sporche, specialmente nella periferia vicina al macello. In questi tuguri vi sono “stracci, materassi di paglia usati da tutta la famiglia, due o tre sedie rotte e una tavola traballante. C’è una cassa di risparmio, ma gli operai non hanno nulla da metterci dentro. Le sole istituzioni che funzionano a loro favore sono due assicurazioni che sostengono i lavoratori ammalati. Durante l’inverno un terzo della città vive di carità”. Egli conclude che questa società è “marcia” e che tutte le richieste degli operai sono legittime.6 Se si legge il suo “Sermone per il giorno di Natale (1871)” si vede che è in grado di analizzare le cause di queste ingiustizie e di parlare apertamente con passione contro di esse. Ma nonostante le sue convinzioni e il suo coinvolgimento, non desiderava far scoppiare inutilmente la situazione; si propone invece di lavorare con i sistemi e le strutture esistenti.

Come ultimo arrivato nella canonica, il compito di Padre Dehon era di insegnare il catechismo due volte la settimana nelle scuole pubbliche locali. (Penso che le sue quattro lauree lo rendevano particolarmente adatto a tale compito). Ma fu proprio partendo da questi umili e insignificanti inizi che il suo genio per l’apostolato cominciò a manifestarsi. Rivedendo questa sua esperienza, egli pensa che la sua vocazione di ministro e sostenitore della causa della giustizia sociale abbia trovato qui la sua origine. Egli si gettò completamente nel lavoro. Vedeva nel volto dei bambini qualcosa che sembrava accogliente e recettivo. Ascoltava regolarmente le loro confessioni e li incoraggiava ad accostarsi più frequentemente.7 Dopo alcuni mesi cominciò a portarne una mezza dozzina nella canonica alla domenica, dopo i vespri. Questo fu l’inizio del circolo della gioventù.8

Si accorse che doveva sviluppare alcuni mezzi per aiutare i giovani e che i successi ottenuti in classe e in confessionale venivano rovinati dalla strada e dai caffè. Si disse: “Logicamente ho bisogno di trovare un circolo per la gioventù”. Per la primavera del primo anno in parrocchia, la canonica non era più adeguata ad accogliere il crescente numero di giovani che venivano. Quell’estate egli spese 20.000 franchi di tasca sua per avere un giardino e altri 8.000 franchi per costruire una cappella e una sala di ritrovo.9 Egli si assicurò l’aiuto di alcuni membri della S. Vincenzo e altri uomini della città per l’organizzazione e l’assistenza nel circolo della gioventù.10

Le attività del circolo comprendevano sport e giochi, gare e corse, musica e lavori teatrali; c’era una biblioteca e una cassa risparmio; ogni settimana c’era un servizio religioso e una istruzione di Padre Dehon. Egli sceglieva sempre un soggetto concreto o una storia che colpisse la loro immaginazione e coinvolgesse insieme la loro mente. Frequentemente utilizzava foto e oggetti di artigianato raccolti nei suoi viaggi. Per la fine del primo anno più di 200 ragazzi partecipavano settimanalmente agli incontri e il numero raddoppiò negli anni seguenti.

Il circolo della gioventù era per ragazzi tra i 12 e i 16 anni. Nel suo secondo anno in parrocchia Padre Dehon fondò un altro circolo per giovani lavoratori, tra i 17 e i 25 anni; per loro fece un corso sui principi cristiani in economia. Procurò anche alloggi per giovani lavoratori che venivano dalla campagna in città per trovare lavoro. In seguito costituì un comitato di padroni e benefattori, composto di trenta o quaranta cittadini o uomini d’affari; li rese coscienti delle necessità dei giovani lavoratori e delle condizioni degli operai e sollecitò il loro appoggio. Fondò anche un circolo di studi per studenti del liceo. Essi erano i ragazzi di famiglie benestanti che avrebbero assunto ruoli di responsabilità in futuro. Padre Dehon tenne dei corsi di studi religiosi e sociali e formò la Conferenza di S. Vincenzo che li avrebbe messi in contatto diretto con i poveri.

Oltre questo egli fondò un giornale ed era cappellano presso un convento di suore, che egli aveva concorso a portare in città; era coordinatore dei piani sociali diocesani e aveva organizzato diverse conferenze diocesane sull’apostolato sociale. Dopo sei anni di servizio pastorale egli si guarda indietro e scrive: “Tutto mi sorrideva nella vita secolare. Ero amato da tutti. Avevo successo nel mio lavoro. Ero canonico onorario a trentatré anni. Mi dicevano che sarei diventato Vicario generale alla prima occasione. Tuttavia non ero felice. Mi sembrava che la mia vita intellettuale e spirituale si inaridisse. Non avevo tempo per leggere e studiare. Ero sovraccarico di lavoro. I miei esercizi di pietà ne soffrivano. Non mi sentivo al mio posto e sognavo la vita religiosa”.11

Fin dagli anni del seminario Dehon aveva voluto unirsi ad un ordine religioso. Aveva fatto una serie di inchieste nelle diverse congregazioni e in varie occasioni era stato sul punto di entrare negli Assunzionisti, negli Spiritani o nei Gesuiti. Ma, per ironia della sorte, era il suo successo nel ministero che gli impediva di realizzare il suo sogno. Tutte le volte che cercava il modo di liberarsi dagli impegni della parrocchia, incontrava sempre la stessa obiezione dentro di sé: non c’era nessuno che continuasse la sua opera. Finché, nella primavera del 1877 un’idea cominciò ad infiltrarsi gradatamente in lui. Poiché egli voleva diventare religioso, ma non poteva abbandonare il suo lavoro, forse il Signore gli chiedeva di iniziare una nuova congregazione in San Quintino.12

In giugno egli sottoponeva questo proposito al suo vescovo. Il vescovo non si oppose all’idea, ma era più interessato all’inserimento in diocesi di una nuova scuola superiore cattolica. Così offrì a Padre Dehon un compromesso: se avesse iniziato la scuola, avrebbe ricevuto l’approvazione a fondare una nuova congregazione religiosa. Tale famiglia religiosa di Padre Dehon fu fondata all’ombra della scuola superiore S. Giovanni a S. Quintino. Il permesso ufficiale fu accordato in una lettera del 13 giugno. Il giorno seguente egli acquistava una proprietà e cominciò subito a lavorare perché la scuola potesse aprire in autunno. Una settimana dopo si ritirava nel convento di cui era cappellano e iniziava il suo noviziato con gli esercizi spirituali durante i quali scrisse le costituzioni nella nuova congregazione religiosa.

II. Padre Dehon e la Devozione al Sacro Cuore di Gesù

Conoscendo il gran numero di attività e l’impegno sociale che caratterizzava la vita di questo prete in parrocchia, sarebbe stato logico aspettarsi che la comunità religiosa, fondata da lui, sarebbe stata soprattutto attiva e impegnata nel sociale. In realtà non vi è nulla di più lontano dalla verità. Nei suoi inizi questa congregazione fu più monastica che apostolica. Egli diceva ai primi novizi che si unirono a lui: “Siamo più consacrati alla vita contemplativa che alla vita attiva; la vita attiva sarà sempre qualcosa di accidentale nella nostra vocazione”.13 E scrisse nella Costituzioni originali che i membri potevano impegnarsi nel ministero, come la predicazione o l’insegnamento del catechismo, purché queste attività non li distogliessero dalla loro comunità di residenza.14 Il primo “lavoro” della congregazione era la personale santificazione dei membri con la preghiera e le pratiche di pietà associate alla devozione al Sacro Cuore di Gesù.

Questa apparente contraddizione nella personalità di P. Dehon diventa più comprensibile se si considera l’ampiezza e la profondità dell’influsso che la devozione del S. Cuore esercitava nel Cattolicesimo francese del XIX secolo.

Questa devozione aveva cominciato a guadagnare il favore popolare due secoli prima quando una religiosa, Margherita Maria Alacoque, aveva detto di aver avuto delle visioni di Cristo che mostrava il suo cuore come una fornace ardente d’amore. Il messaggio delle visioni aveva due significati. Primo: Cristo, che rivelava se stesso sotto l’aspetto del suo cuore, era l’essenza dell’amore. Ogni cosa, fatta da lui, rivelava la sovrabbondanza d’amore per Dio e per gli uomini.

Secondo: l’amore di Cristo non era per lo più corrisposto perché gli uomini lo trattavano con indifferenza freddezza e disprezzo.

Perciò era dovere principale degli amici di Cristo di fare opera di soddisfazione per le mancanze degli uomini e di riparare le ingiurie, che gli erano rivolte, con preghiere e con pratiche religiose destinate a consolare il suo cuore ferito e rispondere con amore al suo amore. Questo era il semplice messaggio della Devozione al Sacro Cuore che riuscì a catturare il cuore e l’immaginazione dei fedeli Cattolici più di qualunque altra cosa in quell’epoca.

La sua grande popolarità è dovuta, in parte, al fatto che tale devozione cominciò a diffondersi pubblicamente nelle chiese quasi nello stesso tempo in cui il mondo stava diventando “moderno” e si presentava come un antidoto agli eccessi e ai pregiudizi della modernità. Il termine “Mondo Moderno” è un termine tecnico: non è il sinonimo esatto del mondo contemporaneo. Il Mondo Moderno è caratterizzato da certi valori e da un modo specifico di vedere le cose. Il Mondo Moderno è un mondo autosufficiente e questa autosufficienza poggia sui due pilastri della Scienza e della sua applicazione pratica, la Tecnologia. Il Mondo Moderno si fonda sulla Scienza e riceve forza dalla Tecnologia. Tutto ciò che non si può verificare con il metodo scientifico, in altre parole, ciò che non si può pesare e misurare, contare e numerare, non ha spazio nel Mondo Moderno. Perciò la Scienza considera Dio e le realtà spirituali come impensabili.

E la sua pratica applicazione con la Tecnologia, che ha dato all’uomo un potere precedentemente impensabile sulle forze della natura, ha reso Dio e le realtà spirituali non necessarie.15 Così il Mondo Moderno è il mondo che funziona senza Dio; è un mondo che funziona con la ragione e la tecnica, e queste sono ciò che vale e ricompensa. È il mondo della Testa e della Mano e solo coloro che hanno conoscenza e doti tecniche hanno senso nel Mondo Moderno.

Circa allo stesso periodo che suor Margherita Maria Alacoque iniziava a propagare la devozione al Sacro Cuore, il mondo della moderna medicina iniziava a propagava le scoperte sulla natura puramente meccanica del cuore umano. Secondo il fisico britannico Doctor William Harvey non vi erano basi scientifiche per considerare il cuore come la sede degli affetti o come il centro organizzativo dell’essere umano. Espressioni quali “ti amo con tutto il mio cuore” oppure “il tuo dolore pesa tanto sul mio cuore”, sono solo immagini del linguaggio senza alcun fondamento scientifico.

Secondo i dettami del Mondo Moderno il cuore è solo una pompa di una macchina.16 In questo ambiente materialistico Margherita Maria coraggiosamente proponeva l’immagine di un cuore che aveva ben poco in comune con la pompa meccanica del Doctor Harvey. Ella descriveva il Sacro Cuore di Gesù su di un trono di fiamme, splendente di luce, sormontato da una croce e circondato da una corona di spine. Era chiaramente un cuore simbolico e nella sua stilizzazione offriva la visione della vera identità della persona di Gesù.

Come ella lo presentava, il cuore fisico è un simbolo della spiritualità o dell’intima realtà della persona. Perciò il cuore di Cristo è il simbolo del suo amore perché, nella sua essenza, Cristo è amore per il Padre e per l’umanità. Tutti i suoi pensieri, desideri e affetti, tutto ciò che orientava e animava la sua vita… si rivelava come amore. Anche se William Harvey aveva dimostrato che il cuore fisico non è l’organo principale dell’affetto o il centro dell’identità personale, tuttavia il cuore ancora oggi è il segno dell’affetto e il simbolo di una persona. Al tempo in cui la scienza medica considerava il cuore come una pompa e il corpo umano come una macchina, la Devozione al Sacro Cuore presentava “un Cuore che poteva continuare ad essere chiamato, senza riserve, una fornace ardente di amore”.17

Ma se questa devozione parlava soprattutto dell’amore ardente di Dio per noi, simbolizzato nel Cuore del suo Figlio, conteneva anche un importante messaggio circa il valore della persona umana e il ruolo del cuore nella nostra relazione con Dio.

Se il Cuore di Gesù rivela la sua vera identità, allora il cuore umano è un simbolo della nostra identità, il luogo dove noi siamo veramente noi stessi. Se l’essere umano è stato creato ad immagine e somiglianza di Dio e noi siamo chiamati a vivere la nostra vita in unione con Dio, allora il cuore è il luogo per incontrare Dio, dove possiamo conoscere noi stessi come siamo conosciuti e dove possiamo conoscere l’amore che Dio ha per noi.

Nell’intimo del nostro cuore possiamo essere toccati e cambiati dal Cuore di Cristo che ci spinge a imitare le sue virtù e i suoi atteggiamenti in un mondo dove l’amore di Dio si è raffreddato. In un mondo dove l’uso perfetto della Testa e della Mano è l’apice della perfezione umana, questa devozione richiama l’attenzione al Cuore come ad un modo superiore di conoscenza e di esperienza della pienezza di vita di Dio, che si può conoscere solo quando è conosciuto “con il cuore”.

Mostrando il suo cuore fisico come simbolo di se stesso e il segno del suo amore, Cristo intendeva invitare le persone a scrutare i suoi pensieri, i suoi atteggiamenti e i suoi sentimenti, proprio come una volta aveva invitato l’apostolo Tommaso a scrutare le piaghe nelle sue mani e nel suo costato. Perciò, contemplando i misteri del suo cuore, i cuori umani freddi e insensibili potevano essere toccati e cambiati per diventare sempre più come lui.18 Margherita Maria scrisse che lo scopo di questa devozione: “è convertire le anime all’amore di questo divin Cuore e fare di lui il signore e il centro dei nostri cuori, rispondendo con l’amore al suo amore”

In un Mondo Moderno sempre più dominato dalle leggi impersonali e disumanizzanti della tecnologia, è facile capire il fascino di questa devozione che sottolinea l’amore, l’intimità e l’affetto simbolizzati dal cuore.

Si deve considerare che la Devozione al Sacro Cuore era un movimento “della gente”, quello che chiameremmo oggi un “movimento della base”. Non derivava dal vertice; non traeva origine dal papa, dai vescovi e neppure dai teologi. Tra i cultori di questo movimento, esso era visto come un mezzo per sviluppare una personale relazione con Gesù.20 Questa relazione si nutriva con pratiche religiose, raccomandate da Margherita Maria e in particolare la comunione frequente, la comunione al primo venerdì del mese, un’Ora Santa ai giovedì e l’adorazione del SS.mo Sacramento. Non sorprende che le stesse pratiche siano raccomandate da Padre Dehon per la sua congregazione.21

Queste pratiche nutrivano un atteggiamento o una sensibilità che viene descritta bene dalla parola francese intimiste. Correlata alla nozione di intimità o intimismo, intimiste aveva anche le connotazioni di essere introversi e assenti dall’impegno sociale. Da una parte queste pratiche devozionali erano una risposta personale e affettiva alla presenza di Cristo che era sentito come amico e amante appassionatamente coinvolto con la salvezza di ciascuna anima individualmente. Per questo aspetto la devozione non solo rappresentava un antidoto all’arida impersonalità del Mondo Moderno, ma offriva anche una confortante alternativa alla freddezza della liturgia ufficiale e alle rigide leggi morali della vita dei Cattolici. La Devozione al Sacro Cuore divenne l’espressione più popolare della pietà nel XIX secolo perché veniva incontro ai reali bisogni della gente e permetteva uno sfogo ai desideri frustrati per un’affermazione personale in un mondo di forze impersonali.

D’altra parte, la devozione era seriamente limitata e imperfetta. Era incapace di superare i ristretti confini della relazione personale individuale con Gesù. Il raggio d’azione apostolico era ristretto ad invitare altre anime individuali ad assumere queste pie pratiche o, in mancanza di ciò, a pregare per le masse non convertite e offrire a Cristo la risposta d’amore per la negligenza e l’ingratitudine degli altri.

Padre Dehon face proprio questo atteggiamento quando scrisse le Costituzioni originali in cui i membri della sua congregazione erano esortati a “sforzarsi con tutto il fervore possibile per soddisfare i desideri espressi dal Cuore di Cristo, (in particolare) compensarlo della freddezza e dell’indifferenza di tanti Cristiani che lo hanno abbandonato in modo vile, e specialmente per la mancanza d’amore, l’ingratitudine e l’infedeltà di cui si è lamentato con la Beata Margherita Maria”.22

In campo sociale e politico la Devozione al Sacro Cuore era spesso associata con la destra e con le cause reazionarie. Inizialmente Padre Dehon condivideva molte di queste aspirazioni, ma con il tempo la sua prospettiva sulla questione sociale si aprì grandemente. Non vi fu un singolo avvenimento drammatico che abbia segnato il passaggio di questa prospettiva. Non vi fu una improvvisa conversione sulla “via di Damasco”. La sua visione si sviluppò lentamente; alcune idee c’erano già fin dall’inizio, altre sono cambiate con il tempo, altre emergono da una sintesi delle vecchie idee in nuove circostanze. Ma se non vi fu un momento magico di illuminazione, ci fu comunque una svolta che cristallizzò il suo pensiero e galvanizzò la sua volontà per un nuovo sforzo di impegno sociale.

III. Padre Dehon e l’Apostolato Sociale

Nel 1888, dieci anni dopo aver fondato la congregazione, Padre Dehon ricevette la prima approvazione ufficiale del suo lavoro da Roma. Chiamato “Decreto di Lode”, equivaleva ad una approvazione della Chiesa dello spirito e degli scopi del nuovo ordine religioso. In quell’anno egli venne a Roma per ringraziare il papa personalmente per quel riconoscimento. Il 6 settembre alle undici del mattino egli venne introdotto nelle stanze papali dove fu accolto calorosamente dal papa Leone XIII. Parlando della crescita e del successo della congregazione, il papa sembrò scostarsi dal testo scritto con una serie di raccomandazioni rivolte a P. Dehon. Gli disse: Predicate le mie encicliche. Pregate per i preti. Fate delle case di adorazione. Andate nelle missioni. “In tal modo potrete fare maggiormente del bene e sono certo che il vostro lavoro prospererà”.23

Le encicliche a cui il papa si riferisce erano le istruzioni che periodicamente dava alla chiesa riguardanti i problemi attuali con le necessarie risposte. Lungo i 25 anni del suo papato, Leone scrisse 86 encicliche, più di tutti gli altri papi della storia. Sempre di più il suo insegnamento si volse ai problemi sociali: colonialismo e schiavitù, condizione degli operai e i principi della democrazia, socialismo e liberalismo economico. Da questi scritti appare un papa amico della democrazia, sostenitore della classe operaia e difensore di chi non ha voce. Le parole del papa furono per P. Dehon uno sprone all’azione. Predicare le encicliche del papa, istruire i preti, promuovere il culto eucaristico e andare nelle missioni lontane: questa, concluse “è la missione che il papa ci ha assegnato”.24

Uscì da quella udienza del papa con una nuova coscienza dell’elemento fondamentale che aveva dimenticato o almeno sottovalutato nel suo progetto originale. Gli anni che seguirono lo aprirono ad un impegno apostolico nuovo. Egli invitò sacerdoti nella diocesi a predicare le missioni, fondò una cappellania nelle fabbriche di Val-des-Bois, dove egli tenne conferenze per i preti e i seminaristi; i primi missionari partirono per l’Ecuador ed egli cominciò la pubblicazione di un periodico mensile dal titolo: “Il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle Società”.

Egli interpretò il Decreto di lode e la sua udienza da Leone XIII come una approvazione ufficiale della chiesa per il suo nuovo impegno apostolico. Scrisse: “L’approvazione del 1888 ci rimise in piedi. Fu come una Pentecoste che diede inizio alla nostra vita apostolica”.25

Il titolo del suo periodico è significativo perché indica la continuità e la novità del suo impegno. Come “Regno del Cuore di Gesù nelle anime” si riaffermava che ciascuno è chiamato ad una personale relazione con Cristo con l’accoglienza di lui nel proprio cuore e col permettergli di toccare il proprio cuore con il suo amore in modo renderlo sempre più simile al suo. Conoscendo e sperimentando l’amore che Dio ha per noi, siamo mossi ad amarlo in ricambio, assumendo i suoi atteggiamenti e imitando le sue azioni. Ma come “Il Regno del Cuore di Gesù nelle Società” si indica che non basta ritirarsi dal mondo e offrire preghiere e sacrifici a Cristo come compenso del rifiuto dell’umanità peccatrice. Egli non poteva più sostenere una spiritualità che si ritirava nelle sacrestie e sperava di poter concorrere al trionfo della cristianità solo con la preghiera per una società senza Dio. Il richiamo forte del papa “Andate al popolo” non era solo una strategia, era parte del dinamismo del Vangelo. Il carisma di P. Dehon come Fondatore raggiunse il suo culmine quando si rese conto di questo e finalmente comprese che l’apostolato sociale - il ministero della giustizia sociale - poteva riparare un mondo infranto offrendolo all’amore compassionevole del cuore di Cristo.

Il pieno sviluppo del suo impegno nell’apostolato sociale si estese per quindici anni con un’attività intensa e diversi scritti in cui trattò ogni argomento dall’A alla Z, dall’agricoltura, all’anarchia, dall’arbitraggio allo Sionismo, fino a Zola e ai Zuavi papali. Richiamiamo l’attenzione su quattro aspetti del suo pensiero che non sono solo caratteristici e fondamentali per un suo giusto approccio, ma che hanno anche un valore perenne da poter essere applicati a chiunque voglia continuare l’impegno per la giustizia nello spirito di Leone Dehon. Il primo e il quarto riflettono il suo desiderio per “Il Regno del Cuore di Gesù nelle anime”, mentre il secondo e il terzo si riferiscono al “Il Regno del Cuore di Gesù nelle Società”.

Il primo e fondamentale principio nella sua visione di una giusta società è la sua affermazione della inalienabile dignità della persona umana, una dignità che comporta insieme doveri e diritti. Questo è stato e rimane anche oggi il fondamento di tutto l’insegnamento sociale cattolico. Seguendo questa tradizione, Dehon ha sviluppato questa idea usando il linguaggio della legge naturale e della Bibbia, ma vi ha aggiunto anche una particolare distinzione fondando la dignità umana sull’amore che Dio ha per ciascuna sua creatura. Questo è il messaggio essenziale della Devozione al Sacro Cuore: “Ecco quel Cuore che ha tanto amato gli uomini”. Ciascun uomo, senza distinzione, senza tener conto delle capacità, dei talenti, della classe sociale, è oggetto speciale del divin affetto, ed è destinato all’unione d’amore con Dio. Questa è la sorgente inviolabile della dignità umana che trascende ogni esigenza del sistema economico o del partito politico.

Ma i diritti umani non si basano solo su principi religiosi. Il benessere della nazione deriva dalla produttività dei suoi operai. Perciò, poiché è la sorgente e la produzione dei beni che porta prosperità, essi devono essere giustamente distribuiti sotto forma di case, vestiti, e mezzi sufficienti per un miglior standard di vita.26 La produzione di benessere è uno scopo legittimo di una nazione solo se è accompagnata da un piano di giusta distribuzione della ricchezza. 27 Ma l’equità richiede che una porzione appropriata di beni temporali, di cui la società gode come risultato del lavoro nella fabbrica o nel campo, debba ritornare ai lavoratori che procurano tali benefici per tutta la nazione.28

Il lavoro non è una specie di merce, soggetta alle leggi impersonali dell’economia. Lo scopo della vita non è aumentare la produzione di beni nella più grande quantità e al più basso costo. 29 Lo scopo del lavoro umano è di permettere al lavoratore di vivere con la sua famiglia in un modo onesto e dignitoso. A questo scopo con la sua vita e la sua energia contribuisce alla produzione di beni che continueranno a portare benessere alla nazione nelle prossime generazioni. Tuttavia egli ha diritto, di stretta giustizia, alle risorse che sono necessarie per soddisfare i suoi bisogni fisici, per allevare la famiglia in condizioni decenti e poter risparmiare nelle contingenze della disoccupazione, della malattia e della vecchiaia.30 Secondo Padre Dehon tutto questo appartiene all’essenziale dignità della persona umana, e deriva dal principio teologico dell’amore di Dio per noi, come pure dai principi economici sulla natura del lavoro umano.

Il secondo elemento nella sua visione sociale sempre ugualmente fondamentale e di per sé evidente. Gli uomini sono essenzialmente sociali; vivono la loro vita e raggiungono il loro destino in società con altri esseri umani. Tuttavia le società dovrebbero essere strutturate in modo tale da valorizzare la dignità umana e rendere più facile alla gente superare gli ostacoli che minacciano di diminuire la loro capacità di partecipare al bene della vita. In altre parole, la società è fatta per l’uomo, non l’uomo per la società. I due sistemi sociali-economici che hanno posto in grave pericolo la dignità umana nel XIX secolo sono stati il socialismo e il liberal-capitalismo. Padre Dehon considerava il socialismo un falso rimedio, un errore; mentre considerava il liberalismo economico un peccato.31 Il Socialismo, che spesso identificava correttamente le cause della distribuzione disuguale della ricchezza, commetteva l’errore di sopprimere le agenzie sociali intermedie e le sostituiva con il solo sistema statale.32 Il peccato del liberal-capitalismo consisteva nel fare della produzione della ricchezza l’unico scopo della politica economica,33 e nell’assoggettare gli individui e le altre istituzioni sociali alle conseguenze di un mercato destinato al solo profitto.34 Egli considerava sia il socialismo che il liberalismo economico come sistemi totalitari perché nessuno dei due riconosceva alcun potere i verità al di sopra dei propri principi, mentre ciascuno pretendeva di risolvere pienamente tutti i problemi.

Per ridare ordine alla società a favore della persona umana, egli proponeva la costituzione di organismi indipendenti che si ponessero tra l’individuo e lo stato o tra gli individui e i padroni. Queste organizzazioni avrebbero dovuto includere associazioni professionali, unioni sindacali, corporazioni, società fraterne, banche di credito, federazioni, collettivi agricoli e ogni altra specie di associazione occupazionale di gente con lo stesso impiego, che unissero insieme le loro risorse e coordinassero i loro comuni interessi.

Egli incoraggiava tali organizzazioni come un metodo naturale attraverso il quale gli operai potessero organizzare la loro difesa contro le forme di oppressione e con le quali potessero assicurarsi una mutua assistenza in caso di necessità. Egli vedeva che la competizione senza restrizioni portava ai monopoli che determinavano la morte delle piccole società. 35 Queste diverse associazioni avrebbero costituito un riparo per proteggere i deboli contro gli abusi del potere della ricchezza. La sottolineatura del ruolo di queste associazioni viene messa in risalto anche dal titolo del suo periodico. “Il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società”. Ci si aspetterebbe il singolare “ nella Società”. L’uso del plurale “nelle Società” indica che Padre Dehon non si attendeva che tutta la società ritornasse alla fede cristiana e che i principi cristiani dominassero l’intera società come era avvenuto nel Medioevo. Egli si era rassegnato al fatto che la società sarebbe stata secolare e pluralista nei tempi futuri.

Ma in questa nuova e non desiderata circostanza la chiesa non avrebbe dovuto ritirarsi in un suo mondo privato di individui e di famiglia. Con la creazione di organismi intermedi e di pubbliche associazioni i cristiani avrebbero potuto farsi sentire e avrebbero potuto essere una forza nell’indicare gli orientamenti e nel dare contenuto alla vita sociale.36 “Il Regno del Cuore di Gesù nelle Società” non dipende dal potere politico della chiesa imposto dall’alto, ma è il risultato degli sforzi congiunti delle forze popolari organizzate e in cammino insieme per realizzare un progetto cristiano di rinnovamento morale e sociale.37 La Società avrebbe potuto essere influenza da queste “Società”.

Il terzo aspetto del suo progetto sociale è strettamente legato al secondo. Anche se era ben lungi dall’essere socialista, egli invocava fortemente l’intervento dello Stato per proteggere i diritti dei lavoratori e assicurare il benessere dei poveri. Citando il papa Leone XIII, scriveva che le classi ricche usavano la loro ricchezza come di un muro per proteggere se stessi e quindi essi avevano meno bisogno dell’assistenza dello Stato. Le classi povere, senza ricchezza che potesse salvaguardarle dalle ingiustizie, fanno affidamento sulla protezione dello Stato che dovrebbe apertamente assumere la causa dei lavoratori che generalmente appartengono alle classi povere.38 Tra i benefici che lo Stato dovrebbe garantire, egli ricorda: il riposo domenicale, la riforma delle imposte, la riduzione della giornata lavorativa, un salario minimo, i benefici della pensione e dell’assicurazione malattie, il cambiamento delle leggi sul lavoro delle donne e dei bambini, la legalizzazione dei sindacati, i contratti di lavoro, l’igiene e la prevenzione infortuni nelle fabbriche, accordi internazionali contro l’importazione di merci da paesi dove i lavoratori sono sfruttati 39 - in altre parole, quelle protezioni e garanzie che i lavoratori si attendono dagli ultimi cento anni, ma che sono ancora assenti in alcune industrie e in parecchi stati. Gli individui e le associazioni dovrebbero poi utilizzare i mezzi costituzionali e politici a loro disposizione - come le elezioni, la stampa e la pubblicità - per far sì che lo Stato adempia i suoi obblighi di proteggere i diritti di ciascuno e di promuovere il bene di tutti i cittadini.40

La quarta ed ultima parte del progetto sociale di Padre Dehon riguarda un aspetto sul quale il suo stesso pensiero ha avuto dei cambiamenti notevoli. Quando cominciò per la prima volta ad interessarsi dei problemi sociali, come molti altri del suo tempo e del suo rango, si sentì spinto a fare qualcosa per i meno privilegiati; era un esempio di ciò che la lingua francese chiama noblesse oblige , un sentimento alquanto paternalistico verso le classi umili, agendo a favore dei meno fortunati. Col tempo, tuttavia, convincendosi maggiormente dei principi della democrazia, e imbevuto di tale spirito, si convinse che non era sufficiente un’azione di appoggio sociale ai lavoratori, ma si richiedeva un’azione con e per i lavoratori.41 Egli assunse lo slogan “Andare al popolo” non solo nel senso di fare qualcosa di bene per loro e instaurare il Regno di Cristo nei loro cuori, ma nel senso che egli vedeva che il Regno di Cristo si poteva e si doveva instaurare nelle società partendo da loro con regolamenti e organizzazioni fondate sull’ordine sociale della carità cristiana e della giustizia.42

Facendoli coscienti dell’amore di Dio per loro e della loro personale dignità, intendeva renderli capaci di agire in proprio favore e di creare un ordine sociale dove ciascuno potesse più facilmente trovare i mezzi di vivere secondo gli standard di un umano decoro. Mentre incoraggiava i preti a lasciarsi coinvolgere nei problemi sociali, riconosceva che anche i laici avevano un ruolo che non era soltanto utile, ma perfino “indispensabile” nell’instaurare il regno di Cristo nella società.43

Conclusione

Oggi si parla comunemente dei “Due Piedi” del servizio sociale: il primo, il lavoro diretto in questo campo; il secondo il lavoro per un cambiamento nel sociale. Guardando alla vita di Padre Dehon, è facile notare che il suo ministero a San Quintino è stato largamente dedicato al servizio diretto, mentre il lavoro seguente, come organizzatore, editore e scrittore, ha riguardato il cambiamento sociale. Ma tra questi due momenti, egli ha approfondito il suo impegno e la sua donazione a Cristo. Ha frequentato la scuola dell’amore dove ha imparato le abitudini del Cuore che arde di un amore incommensurabile per tutti gli uomini e in questo processo ha infiammato il suo stesso cuore per portare questo amore ad un mondo freddo e senza cuore. Così alla fine superando i due aspetti del ministero sociale, è arrivato a portare “Il Mondo del Cuore dentro il Cuore del Mondo”.

Domande per la riflessione

Su “Il Mondo del Cuore dentro il Cuore del Mondo”.

1. La descrizione del Mondo Moderno come “ la società che valuta e premia solo i risultati ottenuti con la Testa e la Mano” è ancora una definizione valida oggi? Convalidate la vostra risposta con esempi tratti dalla vostra conoscenza ed esperienza.

2. Inizialmente la Devozione al S. Cuore si era allontanata dal Mondo Moderno per assicurare ai fedeli un “paradiso tranquillo”, lontano dalla ruvidezza del “mondo reale”. È questa una mancanza di una parte della religione o è il fine principale della religione?

3. Padre Dehon pensava che i cristiani dovevano esercitare la propria influenza in tal modo che la società potesse accettare i loro valori e la loro visione della persona umana. È una violazione della separazione tra chiesa e stato? Qual è la base per giustificare una tale genere di azione?

4. Padre Dehon raccomandava la creazione di associazioni (“società”) per portare i valori cristiani nella Società. Vi sono queste “società” nella vostra area geografica? Nel vostro lavoro siete in relazioni con qualcuna di queste “società”?

5. È stato detto che Padre Dehon passò dall’azione sociale a favore del popolo all’azione sociale con e per mezzo del popolo. Conoscete dei casi simili nella vostra area? Ne vedete la necessità o avete suggerimenti per questo tipo di lavoro nella vostra area?

NOTE

1 Denzinger-Schönmetzer, Enchiridion Symbolorum, n. 1980.

2 Documenti del Concilio Vaticano II, “Gaudium et Spes”, n. 1.

3 Cfr. Yves Ledure, “Padre Dehon a Roma a San Quintino” Dehoniana 64 (1986); 61.

4 L. Dehon, “Notes sur l’histoire de ma vie”, Centro Generale Studi, 1983, IX, 89 (sigla NHV).

5 NHV, IX, 94.

6 NHV, IX, 90-92.

7 NHV, IX, 96.

8 NHV, IX, 128.

9 NHV, IX, 134.

10 NHV, IX, 81.

11 NHV, XII, 116.

12 NHV, XII, 163-164.

13 Cahiers Falleur, Studia Dehoniana v. 10 (ed. G. Manzoni), Roma, Centro Generale Studi, I, 74

14 Constituzioni (1885), Studia Dehoniana, v. 2, Roma. Centro Generale Studi, n. 21 [Sigla Cst (1885)].

15 Peter Berger, A Far Glory, New York. Doubleday. Anchor Books, 1992, p. 26.

16 Franz Joseph van Beeck, Christ proclaimed, New York, Paulist Press, 1979, pp. 523-547.

17 Van Beeck, p. 544.

18 L. Dehon, Ouvres Spirituelles, v. IV. Andria, Edizioni Cedas, p. 319, 325. (Sigla OSp).

19 Osp. III, 54.

20 Annice Callahan, “Heart of Christ”, The New Dictionary of Catholic Spirituality, (ed. Michael Dwnney). Collegeville, The Liturgical Press, 1933, p. 470.

21 Cst. (1885), n. 7.

22 Cst. (1885), n. 5.

23 NHV, XV, 82.

24 NHV, XV, 83.

25 “Notes sur le fondaments divines de l’oeuvre”, Dehon Archives, Rome, B 36/4.

26 Leo Dehon, Social works, v. II (English) p. 373. (Sigla SW).

27 SW, II, 442 (English).

28 SW, II, 423 (English).

29 SW, II, 63 (English).

30 SW, II, 431 (English).

31 Albert Bourgeois, Le Père Dehon et le “Règne du Coeur de Jésus”, Studia Dehoniana, v. 25/2, Roma, Centro Generale Studi, 1990, p. 127. (Sigla Règne 25/1 o 25/2).

32 L. Dehon, Ouvres Sociales, v. III. Andria, Edizioni Dehoniane, 1976, p. 33 (Sigla OS).

33 Règne 25/2, 116.

34 OS, III, 199-200.

35 SW, II, 425 (English).

36 Règne 25/2, 285.

37 Règne 25/1, 186.

38 SW, II, 373 (English).

39 SW, II, 11-126 (English).

40 SW, II, 423 (English). Règne, 25/1, 187.

41 Règne, 25/2, 283.

42 Règne, 25/1, 184.

43 SW, II, 150 (English).