TEOLOGIA E SPIRITUALITÀ

RIPARAZIONE

VIA ALLA FELICITÀ

Placido Rebello, scj

1. Natura salvifica del soffrire

La pratica della spiritualità riparatrice apre la porta alla felicità e alla vera pace. Questa è un'asserzione che può contrastare con l'idea popolare di Riparazione. Lo spirito di riparazione evoca simultaneamente lo spirito di vittima ed di oblazione. Una nozione negativa del concetto di “vittima”, viene ulteriormente ad aggiungere confusione al problema. Si deve notare che una certa dose di buona volontà per soffrire con serenità è un pre-requisito per essere un vero riparatore. In questo senso noi possiamo essere vittime per scelta e non per costrizione. Questo comporta un atto della volontà. Se è così, la persona coinvolta fa tutto con piena responsabilità e coscienza. Tale atto della volontà non è fatto per uno scopo limitato ma per un bene grande per colui che lo compie e con la convinzione che la sofferenza stessa è di grande beneficio per lui e per le altre persone e così il problema è risolto. C'è un collegamento tra la sofferenza esperimentata e la felicità di una persona. Vi deve essere però una grande prudenza così da non confondere questo con qualche forma di masochismo. Noi non diciamo che colui che accoglie la sofferenza si senta felice. “Qui noi pensiamo naturalmente a quello che il Ven. Dehon scrisse al suo giovane religioso Fr. Guillaume. Riferendosi alle "vittime” di Marsiglia, disse,: “Io preferisco che sia il Signore a tenere il manico della sferza. Insisto di meno sulle mortificazioni personali anche se le considero necessarie, ma raccomando soprattutto l'abbandono paziente nelle prove che Nostro Signore invia. Nostro Signore non si è crocifisso. Egli si è lasciato crocifiggere” (lettera del 18.2.1913)1. Questa comprensione non nasce spontaneamente, ma è un processo di maturazione, addestramento spirituale, con la consapevolezza della natura intrinseca della realtà ed il trascendente.

Il dolore è un fatto della vita. Il dolore partorisce la vita nuova. Ogni avvenimento o esperienza è avvolto dal dolore. L'essere umano è sempre in lotta per liberarsi dal dolore. Si inventano antidolorifici e sedativi. Questa battaglia inconscia con il dolore toglie la gioia di vivere. La vita diviene una corsa tra gatto e topo. Gli esseri umani diventano reattivi piuttosto che propositivi. Per cercare la felicità evitano il dolore. La vita continua col suo ciclo di dolore e di sofferenza. Ogni sforzo di superarlo è assente. Soffrendo è possibile trascendere la sofferenza, e può diventare veicolo di crescita, e perfino scoperta di sé e la felicità. Soffrire diventa mezzo di trascendenza della sofferenza e capacità di superarla immunizzando la persona dagli effetti schiaccianti del soffrire.

Gesù è stato molto realistico per quanto riguarda il problema del soffrire. Non ha dato adito ad utopie. Ha proposto la realtà stessa: "Chiunque vuole essere mio discepolo, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua” (Lc 9,23). Ci ha raccomandato: “amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi trattano male” (Lc 6,27). Aderire a ciò che Gesù ha prospettato esige sofferenza: “Tutti quelli che vogliono vivere piamente in Cristo Gesù saranno perseguitati” (2Tm 3,12). Gesù ci ha suggerito di lasciar cadere tutte le illusioni di una vita indolore e di affrontare la vita quotidiana, la vita reale, quella segnata dal peccato con buon animo. Sopportare con pazienza situazioni apparentemente impossibili può già essere una soluzione del problema.

2. Come il Ven. P. Dehon ha affrontato la sofferenza

Il Ven. P. Dehon aveva intuizioni profonde per ciò che procura la vera felicità e la pace. Ha adottato il sistema di abbandonarsi pienamente nelle mani della divina provvidenza come via alla felicità e all'amore. Questo “abbandono si affida alla onnipotenza dell'amore capace di adoperare anche la nostra povera cooperazione per la salvezza di tutti”.2 L'oblazione quotidiana e l'ecce venio consiste nell'offerta, per la gloria di Dio, di ogni esperienza piacevole e sgradevole in spirito di umiltà e di gratitudine: “In tutte le circostanze, in tutti gli eventi, per il futuro e per il presente, l'Ecce venio basta, purché sia nella mente e nel cuore mentre è sulle labbra. Ecce Venio, “Ecco io vengo, o Dio, per fare la tua volontà.”. Eccomi pronto a fare, a intraprendere, a soffrire quello ciò che tu vorrai. Possiamo vivere senza inquietudine; poiché la volontà di Dio si farà conoscere ad ogni istante e se, a causa dell'oscurità, l'incertezza riempie lo spirito e il cuore, perseveriamo con pazienza e amore, fino a quando piacerà alla saggezza e alla bontà di Dio di far risplendere nuovamente la sua luce".3 P. Dehon ha visto, nel cuore trafitto del Redentore, il grande amore che desidera la felicità di tutti gli uomini anche se ciò avviene attraverso problemi e sfide. Un abbandono totale è infatti un antidoto allo stress e all'ansietà che danneggiano la vita. Dehon ha vissuto le parole di Gesù: “Non affannatevi dunque per il domani perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena” (Mt 6,34). La vita di Dehon è stata davvero una via crucis! La grazia di salvezza venne con l'abbandono. Il regno di Dio è fatto di questi strumenti deboli: “La mia potenza si manifesta pienamente nella debolezza” (2Cor 12,9). È lo spicciolo della vedova, il ladrone sulla croce e la pecora ritrovata che fanno la più grande felicità per Cristo. Non è la potenza umana che salva il mondo. L'amore di Dio salva il mondo e noi siamo tutti i destinatari di questa grazia per una vita felice. Il perdono di Dio ed il suo amore è più grande di tutti i peccati. Questo atteggiamento verso la sofferenza non è una rinuncia di sé ma un omaggio alla grazia di Dio: “Sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa" (Col 1,24).

3. L'approccio soprannaturale alla sofferenza umana

I nostri contemporanei stanno riscoprendo il collegamento dimenticato tra corpo e mente, anima e fisico, fede e salute, riparazione e felicità. La spiritualità è più vera della realtà stessa. È la spiritualità che ci chiama a vivere. Milioni di persone lo troveranno duro da accettare. Noi abbiamo bisogno di rinascere di nuovo per vivere pienamente. Ci sono molti studi contemporanei che provano l'interconnessione e l'unitarietà della vita. La filosofia e la spiritualità offrono degli esempi. La scienza stessa è d'accordo con questa scoperta. È innegabile che la fede intensa ed indomabile ha il potere per fare sì che l'impossibile diventi vero. Questo è apparso evidente in casi cronici di cancro e dipendenze dalla malattia. La fiducia nella guarigione dipende dalla fede individuale nel suo più alto grado. Una semplice reliquia può generare grande fede in un credente. Succede che scienziati cristiani riescono a guarirsi a volte perché hanno appreso a cercare la serenità dell'anima e ad abbandonarsi in Dio nei casi impossibili. “Abbandonati e lascia fare a Dio” cura e guarisce.

Un razionalista può considerare queste credenze come superstizione. Bisogna avere una grande larghezza di vedute che va oltre la limitazione umana. C'è una fase di “non-ancora” nella realizzazione di alcune verità. Solo il tempo può fare luce su ciò che è misterioso. Perciò sapendo che la scienza è essa stessa un'invenzione moderna e non può arrivare alle origini dello spirito umano, si deve andare cauti nell'accettare la veracità delle conclusioni scientifiche. L'aver dimenticato il legame di corpo-anima da parte della medicina è un fatto molto recente se si considera l'intera storia dell'arte di guarire.

Fino al XIX secolo, a scrittori e a medici raramente sfuggiva l'influenza del dolore, della rabbia o del risentimento sul corpo. Né ignoravano gli effetti salutari della fede, dell'amore, della riconciliazione e della pace mentale. Senza dubbio, la medicina moderna ha il tremendo potere di procurare un sollievo immediato di alcuni problemi di salute e così gli esseri umani tendono a dimenticare lo “spirituale” che rianima e ringiovanisce la nostra vita. La medicina moderna facilmente tende ad ignorare i dati che non sono quantificabili o quegli aspetti di anatomia che sfuggono all'esame di un microscopio.

Indagini su malati terminali di cancro ci forniscono dati sorprendenti sul collegamento tra la spiritualità e la salute fisica. Nel suo libro Amore, Medicina e Miracoli, Bernie S. Siege, M.D., parla dei suoi esperimenti, come chirurgo, di cura autogena su malati di cancro. Egli sostiene il potere curativo dell'amore. Pazienti che sono cresciuti, fin dalla loro gioventù, senza un adeguato amore e affetto da parte dei genitori e dei membri di famiglia, lungo la vita, hanno presentato seri danni nella emotività e nella loro attività. Infine hanno contratto il cancro. L'amore di Dio non significa nulla per loro. È stato necessario un lungo processo di riprogrammazione della personalità per arrivare alla loro cura miracolosa. I pazienti sono stati seguiti personalmente, entrando nel loro intimo, per far loro esperimentare l'amore immenso di Dio. I vecchi messaggi, come “io non sono amato”, sono stati annullati sistematicamente sostituendoli con la coscienza di amore incondizionato. Essi hanno imparato a perdonare a se stessi e agli altri. La colpa accumulata è stata espiata: “La vera colpa cerca, invece di abbracci, delle punizioni. La colpa rappresenta il più nobile e più doloroso momento di lotta. Si svolge tra noi e noi stessi. È alleviata e mitigata da atti di espiazione”.4 Essi imparano ad amare l'unicità e l'imperfezione della loro personalità. È una tragedia che negli esseri umani sviluppa un senso di odio a se stessi. Ci sono ragioni innumerevoli nelle Sacre Scritture che ci motivano ad amare noi stessi. Non vi è alcuna ragione per odiare se stessi. La Sacra Scrittura lo afferma: “Voi siete tempio dello Spirito Santo” e “Il regno di Dio è fra di voi”.

Noi possiamo affermare anche che “ogni malattia ha un senso, anche se il suo significato non è sempre traducibile in termini completamente razionali. Il punto non è di capire la causa della malattia per poi risolvere il problema; ma andare abbastanza vicino alla causa così da ripristinare il particolare collegamento religioso con la vita che essa suggerisce. Noi abbiamo bisogno di cogliere l'impronta di Dio all'interno della malattia per poi guarire la malattia. In un senso molto vero, noi non curiamo le malattie; ma sono esse che ci guariscono, ripristinando la nostra partecipazione religiosa alla vita. Se Dio si manifesta nelle nostre malattie, vuol dire che la nostra vita può essere troppo secolare ed ha bisogno di tale visita”.5

È possibile osservare come talvolta i nostri contemporanei trattano il corpo come una macchina che ha bisogno di essere tenuta in forma, in modo che i suoi organi funzionino agevolmente e il più a lungo possibile. Se qualche cosa non funziona, in qualche parte, è possibile sostituire quella parte, come si fa nel caso di una macchina. Se non stiamo attenti, si sviluppa questa prospettiva meccanica del nostro corpo e del mondo, ed è probabile che nascano altre prospettive di questo genere. Le immagini interne ed i sentimenti che abbiamo in noi hanno la capacità di promuovere o di ritardare la nostra felicità e la nostra salute.

L'amore rimane il bisogno urgente dell'attuale generazione. L'amore non è cercato nel suo ambiente vero: il cuore di Gesù. Nella riparazione noi ci concentriamo molto ansiosamente sull'amore eterno di Dio che ricrea la nostra umanità. “Noi abbiamo bisogno della sicurezza dell'amore prima di avventurarci lontano nella ricerca della verità personale. Solamente il calore premuroso e il sostegno comprensivo dell'amore ci può assicurare un fondamento solido per la crescita nella verità che è nello stesso tempo fonte di vita e di liberazione.

Fin dal primo momento della concezione noi abbiamo bisogno di essere voluti, accolti teneramente ed allevati nell'amore così da avere una ragionevole opportunità di divenire adulti veramente maturi, senza paura di essere noi stessi. Se noi ci sentiamo sicuri nell'amore, noi saremo capaci, ad ogni fase della nostra vita, di mostrare ciò che noi siamo, per una crescita di ciò che noi possiamo divenire. In tal modo non abbiamo bisogno di aggrapparci al dono della vita come all'unica verità. L'amore umano può realizzare questo compito creativo e costituire la terapia fondamentale. Ma esso rimane fragile e debole; e l'esperienza ci dice che noi non ne possiamo sempre essere sicuri. Molti sembrano essere stati privati di tale amore anche nei loro primi anni. Tutti noi facciamo esperienza della sua instabilità e limitazione. Tuttavia rimane il bisogno umano di un amore che sia costante e nel quale noi possiamo avere piena fiducia, nonostante le sorprese della vita. Un Amore così incondizionato esiste solo in Dio: amore che caccia la paura, perché finalmente costituisce una sfida alla nostra concezione limitata della verità, e così può e vuole renderci liberi".6

4. Il potere guaritore della fede e dell'amore

Questa fede indomabile nell'amore di Dio può guarire e può riparare la rottura che paralizza la vita. L'energia guaritrice può funzionare solamente nel nostro cuore attraverso l'atto di amore. Non è uno sforzo erculeo, né c'è bisogno dell'ascetismo del deserto. Basta la buona volontà di accettare e dare credito all'esistenza di un Dio amoroso interessato alla felicità umana e al suo benessere. Da qui nasce la capacità di trovare la pace e chiarire conflitti interni. Da questo stato pacato di mente venuto alla creatività e l'abilità di amare altruisticamente. Dice il dott. Bernie: “Per me è l'assenza di spiritualità che conduce alle difficoltà. Conosco molti pazienti che, quando hanno una malattia o una ricaduta, sono adirati con Dio. È importante essere capace di dialogare con Dio, come è tradizionale nel Giudaismo. Un'ira amara e continuata verso tutti non può condurre alla salute. Dio non sta seduto lassù, con un bloc-notes, dicendo "Vediamo dove posso causare oggi qualche guaio". Al contrario, Dio è una risorsa. L'energia della speranza e della fede è sempre aperta ad ognuno e può rendere bella la nostra vita quando lo vogliamo. Come il drammaturgo tedesco Christian Friedrich Hebbel scrisse una volta: "La vita non è qualcosa; è solamente l'opportunità per qualche cosa".7

È quando le persone si accettano come individui amabili ed amanti che esse divengono capaci di dare spinte da una forza interiore. L'amore incondizionato moltiplica le occasioni di ricevere amore. È bello donare e presto o tardi si riceve. Il Dott. Bernie spiega così: “Una delle ricompense immediate è un messaggio vivo per il corpo. Sono convinto che l'amore incondizionato è l'eccitante più potente del sistema immunitario. Se io dicessi ai pazienti di elevare i loro livelli di globulina immunitaria nel sangue o di creare elementi immunitari contro le cellule cancerogene, nessuno saprebbe come fare. Ma se insegno loro ad amarsi e ad amare gli altri in pienezza, le stesse cose accadono automaticamente. La verità è questa: l'amore guarisce. Come il mistico tedesco medievale Meister Eckhart scrisse: Il cibo fisico che noi assumiamo ci cambia in lui; ma l'amore divino non lo assumiamo in noi perché le due realtà resterebbero divise. L'amore divino ci assume in lui, e così noi diventiamo uno con lui.

Quando dottori e pazienti comprenderanno il potere di guarigione dell'amore, si comincerà ad aggiungere un'altra dimensione alla medicina. Si comincerà a capire la grande rivelazione predetta da Teilhard de Chardin con queste parole famose: “Un giorno o l'altro, dopo che noi avremo dominato i venti, le onde, le maree e la gravità, noi imbriglieremo per Dio le energie dell'amore. Così per la seconda volta, nella storia del mondo, gli uomini avranno scoperto il fuoco".8 È più salutare l'amore.

Lo psichiatra Viktor E. Frankl, un superstite dei campi di concentramento, ha scritto nella sua opera, La ricerca di senso per l'Uomo che il Nazismo ha trovato il suo punto debole nel mandare nelle camere della morte quelli che avevano perso la speranza nella vita insieme con quelli che li guardavano negli occhi senza odio. L'amore ha salvato la vita di Frankl. Quando gli venne offerta l'opportunità dorata di andare in un campo con migliori condizioni, egli cedette il suo posto ad un altro. Il treno andò tristemente verso una delle camere a gas. Un altro superstite, Jack Schwarz ha raccontato come si era comportato durante una fustigazione e aveva avuto una visione di Cristo. Immerso nell'amore che irradiava dal suo volto disse al persecutore, Ich liebe dich (Io ti amo). Il soldato fu così colpito che si fermò, e fu sbalordito nel vedere le ferite del prigioniero guarire sotto i suoi occhi. È quando noi perdiamo la visione interiore della dimensione trascendente ed eterna della vita che noi possiamo perdere il significato della nostra esistenza.

5. Essere un riparatore

Perciò, quando noi scegliamo di riparare, ripristinare, compensare e contrastare il male nella nostra vita e in quella degli altri, noi non permettiamo agli atti e agli eventi negativi e peccaminosi di avere il controllo o il potere sulla vita di qualcuno. Noi accettiamo di abbandonare la nostra vita nelle mani di un Dio amoroso. Noi ci concentriamo sul suo potere di guarirci e di riportare pace e felicità al mondo piuttosto che sulla nostra virtù o la nostra capacità di riformare e ristabilire il regno della bontà. Questa prospettiva spirituale incide nella nostra vita, nei suoi aspetti più reconditi, nei nostri atteggiamenti e nelle nostre reazioni verso la realtà esterna. Amore, pace e gioia possono essere diffuse nel mondo solamente cominciando con lo sforzo personale di riparare il male e di sostituirlo con il suo opposto. La preghiera di S. Francesco di Assisi illustra questo in modo meraviglioso:

Signore, fa' di me uno strumento della tua pace:

Dove c'è odio, io porti amore.

Dove c'è offesa, io porti il perdono.

Dove c'è dubbio, io porti la fede.

Dove c'è disperazione, io porti la speranza.

Dove ci sono le tenebre, io porti la luce.

Dove c'è tristezza, io porti la gioia.

O divino maestro, che io non cerchi

tanto di essere consolato, quanto di consolare;

di essere compreso, quanto di comprendere;

di essere amato, quanto di amare.

Perché è nel dare che si riceve;

nel perdonare che si è perdonati;

è nel morire che si risuscita alla vita eterna.9

Anche S. Paolo scrive che noi vinciamo il male con il bene. Cercare questo è cercare il regno di Dio ed il resto verrà come una conseguenza di questo: “cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia e tutto il resto vi sarà dato in sovrappiù” (Mt 6,3). Da ciò appare che ogni buon atto contribuisce alla pienezza totale della felicità e dell'amore. Noi non possiamo essere veramente felici quando la società in cui noi viviamo è pervasa dalla violenza e dalla morte. Anche gli incontri più felici sono oscurati dalla realtà dominante del male. Finché noi continuiamo a vivere in un mondo ingiusto noi siamo spinti verso il male. La felicità della persona è proporzionata alla felicità della società. Si può dunque dire che, “il nostro corpo riflette o anche il nostro corpo ne sentirà gli effetti. Non c'è essenzialmente una distinzione tra il corpo del mondo ed il corpo umano”.10 Come può essere veramente felice un essere umano negando agli altri il suo diritto a condividere la vita: “Yahweh chiese a Caino, ‘Dove è tuo fratello Abele? ' ‘non lo so ', rispose. ‘Sono forse io il custode di mio fratello? ' ‘Cosa hai fatto? ' Yahweh chiese. ‘Ascolta! Il sangue di tuo fratello grida a me dal suolo” (Gn 4, 9-10). Tutto rimarrà inefficace se noi dimentichiamo di fare la nostra piccola parte ogni giorno: “La vita di riparazione sarà talvolta vissuta nell'offerta delle sofferenze sopportate con pazienza e abbandono, anche nell'oscurità e nella solitudine, come un'eminente e misteriosa comunione con le sofferenze e la morte di Cristo per la redenzione del mondo”.11

La riparazione rifiuta perciò di rendere male per male, perché questo sarebbe ancora la legge “occhio per occhio”, conducendo all'infelicità. Quelli che usano la spada periscono di spada. Il cuore trafitto di Gesù compie la riparazione perfetta. Gesù che pende sulla croce prende su di sé tutto l'odio e la cattiveria senza che entrino in lui. Il modello del peccato è giunto ad uno stop a causa del rifiuto di Gesù di essere schiavo del male. Il modello del peccato si è fermato quando delle persone, con la grazia di Dio e ad imitazione di Gesù hanno impedito il diffondersi del male, non permettendo al peccato di entrare in loro a controllare i loro comportamenti e il loro atteggiamento verso gli altri. Questo manifesta il cuore di Dio: “un amore che si dona".12 Era davvero necessario per Gesù soffrire: “Non era forse necessario che il Cristo patisse prima di entrare nella sua gloria?” (Lc 24,26). I moderni profeti dell'Amore - Massimiliano Kolbe, Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Madre Teresa, Nelson Mandela e Papa Giovanni Paolo II hanno dato prova dell'efficacia dell'amore nel mondo moderno.

Solo quando noi assumeremo il ruolo del buon Samaritano e “vedremo sbocciare la primavera della salvezza” nel cuore trafitto, il mondo vedrà il regno di una civiltà dell'amore. Perché è “dal cuore di Gesù, aperto sulla croce, che gli uomini rinascono nel cuore” e, “animati dallo spirito”,13 divengono profeti dell'amore e servitori della riconciliazione per la felicità di tutti gli esseri umani ed il benessere dell'universo.

Conclusione

La spiritualità della riparazione, come via alla felicità umana, è un tema vastissimo. Io ho tentato di gettare luce su qualche aspetto in un modo molto personale. I fraintendimenti possono non far riconoscere l'amore immenso di Dio come appare dalla Bibbia. L'amore rimane l'inizio, il centro e il fine di tutto. La risposta umana a questa pienezza di amore è sempre inadeguata. La manifestazione eclatante del peccato è un segno dell'ingratitudine verso questo amore. La perdita di valori morali e le catastrofi umane hanno le loro radici nel rifiuto di Dio e della dualità di corpo-anima. Il non accettare un atteggiamento sacro verso la vita può essere il più grande pericolo per una vita felice. Tutto ciò che separa da Dio può essere considerato ingannevole. L'assenza della fede nell'amore di Dio si traduce in una rovina per la vita.

Noi diventiamo schiavi in prigioni costruite da noi stessi. Gli uomini devono smettere di ingannarsi, credendo nei miti del razionalismo e del materialismo. La scoperta di chi siamo e della meta della nostra vita dovrebbe incentivarci e motivarci per godere della felicità e della gioia della vita. La grande verità che Dio esiste e che Egli è sempre impegnato nel riparare il male, dovrebbe essere l'incentivo per ricominciare. La felicità si trova in questa lotta. Nessuna persona o situazione è esclusa dalla redenzione: “perché nulla è impossibile a Dio” (Lc 1,37). Anche l'ultima opportunità può essere quella buona per cominciare a vivere la vita in pienezza. Perché cercare la felicità dove non si trova? “O voi tutti assetati, venite all'acqua; anche chi non ha denaro venga ugualmente!… Perché spendete denaro per ciò che non è pane, il vostro patrimonio per ciò che non sazia? Su, ascoltatemi e mangerete cose buone e gusterete cibi succulenti. Porgete l'orecchio e venite a me, ascoltate e voi vivrete" (Is 55,1-3). Andiamo alla fonte che ci guarisce: “Io vi aspergerò con acqua pura e sarete purificati; io vi purificherò da tutte le vostre sozzure e da tutti i vostri idoli; vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi un spirito nuovo; toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne” (Ez 36, 25-27) e come il salmista noi troveremo: “il sentiero della vita, gioia piena nella tua presenza , dolcezza senza fine alla tua destra” (Sal 15, 11).

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1 A. Perroux scj, Spiritualità: L'accoglienza dello Spirito, per la gloria e la gioia del Padre, Dehoniana, Anno XVIII, n. 72, 1989/2, p. 241.

2 Angelo Cavagna, scj: Attualità: Riparazione nella spiritualità del Cuore di Gesù, Dehoniana, Anno XVIII, n. 72, 1989/2, p. 185.

3 Direttorio Spirituale SCJ, ed. 1983, p. 41.

4 Willard Gaylin, M.D, Feelings, New York, Harper & Row, 1979, p. 46.

5 Thomas Moore, Care of the Soul, New York, Harper Collins, 1992, p. 168.

6 Pamela Hayes, The Heart is a Sacred Space, UK, St. Paul’s 1995, p. 35.

7 Bernie S. Siegel, M.D., Love, Medicine & Miracles, New York, Harper & Row, 1986, p. 179.

8 Bernie S. Siegel, M.D., Love, Medicine & Miracles, New York, Harper & Row, 1986, p. 186.

9 Joseph M. Stoutzenberger and John D. Bohrer, Praying with Francis of Assisi, Minnesota, Christian Brothers Publications, 1995, p. 54.

10 Thomas Moore, Care of the Soul, New York, Harper Collins, 1992, p. 171.

11 SCJ - Regola di Vita, n. 24.

12 William A. Barry, S.J., God’s passionate desire and our response, Notre-Dame Indiana: Ave Maria Press, 1993, p. 123.

13 SCJ - Regola di Vita, n. 3.