LA CONFERENZA GENERALE

DOM HELDER CÂMARA

Renato Maia de Ataide, scj

Ho conosciuto un uomo che è stato un vero dono di Dio per il suo popolo. Piccolo, magro, esile, diventava un gigante quando apriva le braccia e proclamava la Parola, nello stile degli antichi profeti Amos e Isaia: apriva orizzonti, intesseva dialoghi, lottava per la giustizia a favore dei più poveri. Si tratta di Dom Helder Camara, un pastore, un poeta dei poveri, un Profeta, il "fratello dei poveri". Si potrebbero attribuire a lui molti altri titoli. Quale il più bello e il più importante? Non lo so. Ma so che si completano a vicenda e ben si adattano a questo piccolo uomo.

Ha conosciuto anche l'opposizione: amato dagli uni, odiato da altri; alcuni si sono messi al suo seguito, altri l'hanno perseguitato. Doveva essere così perché il Maestro aveva detto: "Hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi".

Era nato nel 1909, in pieno Carnevale, la più popolare delle feste in Brasile, quando la gente canta e danza. Sono certo che la sua entrata in cielo, nel mese di agosto dell'anno scorso, è stata anch'essa sull'aria del carnevale. La letteratura popolare così descrive questo avvenimento: egli viene accolto dai suoi amici, dagli angeli e dai santi e tra essi vi sono Francesco, il povero di Assisi, Martin Luther King, Gandhi, Antonio Henrique Pereira, Guevara, Lamartine Soares (vescovo) e tutta una schiera di eroi, martiri, che hanno lottato per la libertà, vittime delle dittature, e tutta la gente oppressa, che ha subito violenza ed ora è risuscitata ad una vita nuova. È stata certamente una grande festa.

Qui, a Recife, egli ha aperto nuove vie. Con altri che condividevano il suo sogno, ha fondato l'ITER, Istituto di Teologia di Recife. Vi si applica un nuovo metodo di formazione dei preti, un nuovo stile di teologia per coloro che hanno sete di libertà. Questo è stato il suo modo di mettere in atto l'aggiornamento della Chiesa per il tempo attuale, secondo gli orientamenti del Vaticano II.

Noi siamo stati in molti a portare alto il suo ideale e a seguire le sue orme.

Egli ha tracciato anche la via di un nuovo modo di essere Chiesa, attraverso le comunità ecclesiali di base, particolarmente il gruppo "Incontri tra fratelli" il cui motto era: "I poveri evangelizzano i poveri". Questi gruppi si sono moltiplicati in tutta l'Arcidiocesi, in particolare nelle regioni più povere.

Egli ha lasciato un segno più per quello che è stato che per ciò che ha fatto. È diventato "la voce di chi non ha voce", la voce dei perseguitati, dei torturati dalla dittatura militare, a servizio delle élite.

Lui stesso ha conosciuto la persecuzione. Voce dei poveri, delle vittime di un sistema sociale, economico, politico contrario ai disegni di Dio che nega la dignità dei suoi figli creando l'esclusione della maggioranza. È stato uno dei primi a reclamare che i documenti della Chiesa indichino chiaramente una opzione per i poveri. Ma, cosa più importante ancora, si è fatto povero con i poveri.

So che ciò che ho detto è ben poca cosa. Potremmo presentare numerosi esempi della sua azione e della sua presenza nel mondo intero. Io ho parlato principalmente a partire della mia esperienza e dai miei contatti con lui. Sono veramente felice di aver ricevuto da lui la mia consacrazione sacerdotale!

Quanto mi manca! Veramente tanto! Abbiamo ricevuto da lui una ricca eredità: la nostra riconoscenza si esprimerà con il nostro impegno a portare avanti questo ideale.

Se è vero che la memoria è una forma di presenza, dobbiamo dunque trasformarla in un impegno a restare fedeli a questi principi di fede, di coraggio, di speranza e di fedeltà al popolo di Dio, una fedeltà a questo sogno utopistico di un "anno 2000 senza miseria". Difficile? Impossibile? No! Dobbiamo crederci e non perdere mai la speranza.

"Più la notte è oscura e più chiara è l'aurora". Perché non credere che, in questa "Sinfonia dei Due Mondi" è possibile conciliare fedeltà e memoria, memoria e impegno? Un impegno che non permetterà a questa memoria di spegnersi, con l'azione di quelli che credono in un Dio, Padre di tutti, perché tutti, senza eccezioni, possano vivere nella piena dignità.

Grazie, Signore, per questo dono!