STORIA E MEMORIA

 

L'IMPEGNO PER IL REGNO

IN LEONE DEHON

Valentín Pérez Flores, scj

Punto di partenza

Prima di iniziare questa breve dissertazione sull'impegno concreto di Leone Dehon per la costruzione del Regno di Dio, è necessario che ci fermiamo alcuni istanti a riflettere sul concetto di Regno di Dio. Prima che un'esigenza, il Regno di Dio, che Gesù annuncia, è un dono, una grazia. Tanto con le sue parole che con le sue opere, Gesù proclama una nuova vicinanza di Dio agli uomini; e lo fa alla luce della sua esperienza intima: a partire cioè dalla sua singolare relazione col Padre. È lì, in quell'intimità filiale, in cui Gesù vive in pienezza la venuta del Regno. In Gesù, Dio si è avvicinato all'umanità in un modo assoluto, tanto radicale che può chiamarlo con ogni verità Abbà, Padre, e ciò costituisce un'esperienza realmente nuova e decisiva.1

Leone Dehon ha vissuto in prima persona questa esperienza trasformante di sentirsi amato, accompagnato e guidato dall'amore di Dio; per questa ragione, ricordando uno dei momenti più significativi della sua vita, quello della sua ordinazione sacerdotale, scriverà nelle sue Memorie: “Mi alzai sacerdote, posseduto da Gesù, tutto ripieno di Lui, del suo amore al Padre, del suo zelo per le anime, del suo spirito di preghiera e di sacrificio”.2 Più avanti aggiungerà che è disposto ad essere “un strumento docile nelle mani di Nostro Signore”.3

Non vi è dubbio che con queste parole Leone Dehon si dichiara disponibile a comunicare al mondo il suo programma di costruzione del Regno basato sull'amore, sulla fiducia filiale e sull'abbandono alla volontà divina. In questo modo, si capisce come in un di un ritiro del 1893 egli possa prendere la seguente risoluzione come progetto per la sua vita: “Mi do interamente a Nostro Signore, per servirlo in tutto e fare in ogni momento la sua volontà. Con l'aiuto della sua grazia sono disposto a fare ed a soffrire tutto quello che Egli vorrà”.4

Sappiamo che questa risoluzione non rimane un pio proposito, frutto di alcuni giorni di fervore di ritiro spirituale. Al contrario, conosciamo la sua capacità di abbandono e di disponibilità messe al servizio della causa di Dio e del suo Regno. La sua vita sarà sempre segnata da un'intensa e costante ricerca dell'amore di Dio perché, come egli stesso afferma: “Solo Dio può e deve riempire il nostro cuore... poiché il nostro scopo deve essere sempre la sua gloria; la nostra luce il suo Spirito che ci parla nella pace dell'anima..., e la nostra meditazione le sue perfezioni e la sua legge".5

Se dovessimo sintetizzare in poche parole il messaggio della Buona Notizia diremmo che tutta si condensa in queste parole: “Il Regno di Dio è vicino” (Mc 1,15). Ma, che significa concretamente questo annuncio sulla bocca di Gesù? In Gesù, Dio si è avvicinato all'uomo in una maniera assolutamente nuova. In Gesù non è l'uomo quello che si è avvicinato a Dio, ma è Dio che si è comunicato spiritualmente all'uomo. È una vicinanza senza precedenti e che si realizza qui ed ora, con la presenza di Gesù. In questo modo può affermarsi che il Regno non è un'altra cosa se non l'annuncio di questa meravigliosa presenza di Dio che si offre all'uomo e gli apre le porte di un futuro inaspettato. È un futuro che è marcato col segno indelebile dell'amore e della povertà.

Leone Dehon esprime questa idea così: “È Nostro Signore stesso che ci ha descritto la sua regalità di amore: Imparate da me che sono mite ed umile di cuore. Mansuetudine infinita, dolcezza ed umiltà di cuore, queste sono le caratteristiche del nostro divino re Gesù. Il suo giogo è soave, il suo carico leggero”.6 Per Leone Dehon il centro stesso del Vangelo sta nella sovrana benevolenza dell'amore misericordioso del Padre che diventa palese nella vicinanza di Gesù, mite ed umile di cuore. Come conseguenza di questo, per lui, solo l'amore potrà essere la legge suprema del Regno di Dio che si fonda sulla mansuetudine, la dolcezza e l'umiltà di cuore. La nostra riflessione si muoverà secondo queste linee: in un primo momento, cercheremo di cogliere le risonanze che ha il tema del Regno di Dio nella spiritualità di Leone Dehon; poi esamineremo il "Venga il tuo Regno" come tema centrale e infine faremo alcune considerazioni pratiche circa l'impegno dei dehoniani per la costruzione del Regno di Dio oggi.

I. Leone Dehon e la spiritualità del Regno di Dio

Per intenderci sul giusto concetto di Regno di Dio, è necessario affermare che questo non deve essere situato unilateralmente nella dimensione soprannaturale, cioè il più lontano possibile, e neanche ridurlo esclusivamente all'interiorità. Il Regno di Dio è una realtà che riguarda anche il mondo e la storia dell'umanità. La spiritualità del Regno di Dio si muove lungo le coordinate e le sfide della tensione escatologica tra il "già" e il "non ancora".

Il Regno di Dio è già inaugurato con l'incarnazione di Gesù, realtà storica precisa. È innestato nella storia del mondo e la penetra secondo la parabola del granello di senape e del lievito (Lc 13,18-21). Il Regno di Dio è un mistero che si realizza lentamente nel cuore di ogni persona. È una realtà che è già nascosta in ognuno di noi, come il grano di senape seminato nella terra o come il lievito nascosto nella massa di farina. Dal momento dell'incarnazione, il Regno di Dio “rimodella” il mondo e trasforma la creazione in un evento, non ancora concluso.

La piena realizzazione del Regno di Dio si avrà in futuro. Terminerà e sarà offerta alla fine dei tempi come opera di Dio. Frattanto è Dio stesso che la fa crescere. Egli chiama gli uomini perché collaborino efficacemente alla costruzione del suo Regno. Attirato da questo invito del Signore, Leone Dehon, “vuole rispondere con un'unione intima al Cuore di Cristo, e con l'instaurazione del suo Regno nelle anime e nella società”.7 E lo fa perché la grande passione della sua vita è il Regno di Dio cioè un Regno effettivo della giustizia e della carità per tutti che si deve instaurare nelle fabbriche, nei parlamenti, nella politica, nell'arte e nella pietà cristiana; cioè, deve instaurarsi nel cuore e nella realtà concreta della storia.

Per l'instaurazione del Regno di Dio il cristiano è chiamato ed è inviato a consacrare tutte le sue forze nella realizzazione del Regno e dei suoi valori: “giustizia, amore, misericordia”8 nel nostro mondo, non solo nel campo della carità, ma anche e soprattutto nelle strutture politiche e sociali.

1.Un Regno di amore

Prima di proseguire nella nostra riflessione è importante ascoltare dallo stesso Leone Dehon come egli intende il Regno di Dio: “Il Regno del Sacro Cuore è lo stesso regno di Gesù Cristo, ma con una sfumatura di amore e di omaggio al Cuore del Salvatore”.9 Per quel motivo, possiamo affermare, senza paura di sbagliarci, che per lui, il Regno di Dio è la stessa cosa del Regno del Sacro Cuore; e quindi è perfettamente corretto che, nella maggioranza delle occasioni in cui parla del Regno del Sacro Cuore, si intenda il riferimento al concetto più attuale di Regno di Dio, perché per lui, “il Regno di Cristo è l'amore del Sacro Cuore".10

Non sarà né la forza, né l'imposizione, né il potere, né la rinuncia, né le privazioni, ma sarà l'amore la chiave con la quale dovranno interpretarsi i comportamenti per la costruzione del Regno di Dio, perché egli stesso commenta: “Cristo ci ha amati, questo è il credo... Tu amerai, questo è la morale... Credere nell'amore, è tutta la nostra fede. Fare le opere dell'amore, questo è il compimento dei precetti. Il Cuore di Gesù è il riassunto di ogni religione. Il Cuore di Gesù è il principio dell'amore e l'oggetto dell'amore".11

Per Leone Dehon l'attenzione al Cuore di Gesù è l'autentica chiave di interpretazione di tutto quello che professa con la sua fede, di quello che opera con le sue mani e il principio unificante di tutti gli aspetti della sua riflessione (teologia, vita spirituale, ma anche politica e sociale...), è l'intuizione forte che si irradia negli impegni più diversi durante la sua vita. Tutta la storia dell'umanità e dell'universo, tutta l'economia di salvezza, dalla creazione alla gloria, soprattutto dalla creazione alla redenzione dell'uomo, acquisiscono, per lui, senso pieno nella contemplazione del Cuore di Gesù. Perché nel Cuore sono raccolti e simbolizzati i grandi “gesti” di amore del Padre che ha tanto amato gli uomini da mandare il suo Figlio come Salvatore (cfr. Gv 3,16).

Leone Dehon vede nell'amore di Gesù la ragione che “giustifica” e che dà senso alla sua propria consacrazione: “Egli mi amò fino a darsi, abbandonarsi, consegnarsi. Tutto è per me... Signore, tu vuoi che mi ispiri ai sentimenti del tuo Cuore che io viva della sua vita, che mi infiammi del suo zelo, per estendere ovunque la sua conoscenza ed il suo amore... Tu mi affidi la missione di propagare l'amore del Sacro Cuore”.12 Sono parole eloquenti che parlano per se stesse e che fanno capire quale è la spiritualità che sostiene l'impegno di Leone Dehon per la costruzione del Regno di Dio. Regno che prima di essere un compito da assolvere, è uno “sforzo” interiore da “rispecchiare” in una relazione personale col Dio-amore. Sarà, pertanto, il Cuore di Cristo lo specchio nel quale si guarderà Leone Dehon per assumere il difficile e compromettente compito di propagare l'impegno d'amore del Verbo incarnato che si manifesta nel suo Ecce venio (Eb 10,7). Per questa ragione, possiamo affermare che la spiritualità del Regno di Dio in Leone Dehon è quella che illumina tutta la sua attività: tanto la sua vita spirituale quanto la sua preoccupazione sociale e politica: e ciò perché è convinto del dovere che ha di testimoniare l'amore di Cristo al Padre e all'umanità.13

L'esperienza di fede di Leone Dehon ci richiama le parole di Paolo ai Galati 2,20: “E non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato e ha dato se stesso per me”. Ascoltiamo la sua esperienza al riguardo: “Il Salvatore mi ha amato e ha donato se stesso per me. Mi ha amato per primo e tanto; senza ciò, come sarebbe arrivato all'estremo di darsi per me ed accettare tutte le sofferenze? Egli mi ha amato; io ero la sua vigna che coltivava con amore, che circondava di continue attenzioni. Egli mi ha amato... e perché mi ha amato volle dare la sua vita per salvarmi”.14 Da questa prospettiva tutta la vita di Leone Dehon: vita apostolica, lotte, speranze, fallimenti, incomprensioni, ecc., hanno la loro origine in questa convinzione che Gesù lo ha amato in prima persona.

2. Un Regno ostacolato dal peccato

Parlando della spiritualità del Regno di Dio in Leone Dehon non possiamo dimenticare l'importanza che egli dà al problema del peccato. Egli ritiene che il peccato sia la causa e la peggiore espressione di tutti i mali, perché svilisce ed allontana l'uomo dalla sua meta: vivere nell'amore di Dio. È il peccato dunque che spinge l'uomo a vivere al margine della Verità, perché, come egli stesso dice, “i cuori pieni dello spirito del mondo non hanno niente in comune col regno della Verità. Perché non comprendono né condividono questa Verità... Per capirla infatti è necessario l'umiltà, l'allontanamento delle avidità umane, la vittoria sulle passioni, la sottomissione a Dio e alla sua volontà".15

Leone Dehon denuncia, con tutte le sue forze, tanto il rifiuto grave di Dio come la tiepidezza delle anime devote. Analizza la vita della Chiesa e della società e scopre la causa di tutti i mali in una mancanza di amore, in una incomprensibile e disastrosa ingratitudine verso l'amore di Dio non corrisposto.

Tutto nella vita e nella spiritualità di Leone Dehon è orientato all'amore e all'eliminazione degli ostacoli all'amore, come è detto nelle nostre Costituzioni: “P. Dehon è molto sensibile al peccato... conosce i mali della società… Egli ravvisa la causa più profonda di questa miseria umana nel rifiuto dell'amore di Cristo... Dai suoi religiosi si aspetta che siano dei profeti dell'amore e dei servitori della riconciliazione degli uomini e del mondo in Cristo".16

La vita di amore umano, in unione a Cristo, deve fare i conti con la realtà del peccato. Il peccato è tutto il contrario dell'amore. Per Leone Dehon il peccato ferisce la bontà di Dio; poiché, “è un oltraggio fatto a Dio che non merita altro che adorazione ed amore... è la preferenza data a Satana, alle passioni... è un'odiosa ingratitudine".17

3. Un Regno costruito sul fondamento della riparazione

In una spiritualità riparatrice come quella di Leone Dehon il peccato, la rottura e l'allontanamento da Dio non hanno l'ultima parola. Al contrario, l'unico antidoto possibile contro questo veleno della discordia e del distacco è l'amore e la riconciliazione.18 Per la costruzione del Regno, Leone Dehon è cosciente che l'unico modello possibile è il Vangelo: Nelle sue pagine si ritrovano accoglienza, vicinanza, comprensione e misericordia a cui si oppone l'oppressione del giogo del peccato: “Lo stesso Gesù ci spiega come è la sua disposizione nei riguardi dei peccatori nelle parabole della pecora perduta, della moneta smarrita e del figlio prodigo. Lo vediamo trattare con i peccatori... La sua misericordia accoglie il peccatore".19 La risposta cristiana al peccato è l'amore ai peccatori... Si comprende però che non è un amore complice, o una tolleranza permissiva. L'accoglienza ed il perdono dei peccatori fanno parte della spiritualità del Regno di Dio fondata sulle strutture della riparazione: Esprimendosi col linguaggio proprio dell'epoca, Leone Dehon dice che “il Sacro Cuore di Gesù è l'unico e vero riparatore e l'unica vera fonte dell'amore".20

Per costruire il Regno, secondo Leone Dehon, diventa necessario un atteggiamento di fondo che comprenda tutto l'essere e tutto il fare. Questo atteggiamento è quello della disponibilità; per questo, la domanda che deve affiorare nel cuore di chi voglia essere costruttore del Regno sarà: “Signore, che cosa vuoi che io faccia?.”21 L'essere e il rimanere disponibili è il vero modo di riparare e dovrà essere l'atteggiamento oblativo che coinvolge tutto il resto: impegno apostolico ed impegno nel mondo, lavoro e studio, sforzo della fede e sforzo dell'amore, culto e preghiera. La riparazione, pertanto, può considerarsi come l'aspetto di vita ideale per impegnarsi alla costruzione del Regno di Dio, poiché questa non è un'altra cosa se non la convinzione che i valori del Regno possono e devono trasformare il mondo e renderlo più fraterno e più in armonia col progetto di felicità di Dio.

4. Un Regno con implicazioni

Dopo quello che si è detto finora, è importante che riflettiamo sulle implicazioni del Regno di Dio secondo la spiritualità di Leone Dehon che (non poteva essere altrimenti), è basata sul più puro Vangelo. Per entrare nell'orbita del Regno di Dio è necessario che si realizzino una serie di condizioni:

a. In primo luogo, si deve respingere ogni impazienza ed ogni scoraggiamento davanti all'apparente piccolezza dei primi risultati. Possiamo prendere come modello di riferimento la parabola del granello di senape (Mc 4,30-32); è importante sperare e dare tempo a che germini il seme e dia il suo frutto. Per questo, secondo le parole di Leone Dehon, diventa necessario l'abbandono filiale che mantenga ferma la fiducia anche nelle maggiori prove e difficoltà.22

b. In secondo luogo, è importante sottolineare che la crescita del Regno non dipende dall'attività frenetica che noi possiamo investire,23 bensì dalla forza nascosta che abita la Parola. Possiamo notarlo nella parabola del seme che cresce da solo (Mc 4,26-29); la cosa importante è, pertanto, seminare e saper sperare. Secondo Leone Dehon, per costruire il Regno è necessario agire in spirito di fede e per amore di Nostro Signore.24

c. In terzo luogo, è di vitale importanza sapere accettare le imperfezioni del presente e perfino la presenza abbondante della zizzania in mezzo al grano (Mt 13,24-30); il Regno non è una società perfetta che si stabilisce subito ed in modo definitivo; sono necessarie pertanto la pazienza e la misericordia.25

d. Infine, è bene segnalare che, superando tutti gli ostacoli, il Regno di Dio si svilupperà, ma non da solo; il mondo crescerà con lui: parabola del lievito (Mt 13,33). La crescita del Regno è solidale26 con la crescita del mondo, non si sviluppa al margine dalla storia degli uomini, bensì dentro ed in relazione con tutto quanto gli uomini fanno e cercano.

Per concludere queste riflessioni sottolineiamo che l'eredità spirituale di Leone Dehon sul Regno di Dio non è un richiamare in forma sterile avvenimenti, situazioni, scritti... del passato, bensì tutto il contrario, ci obbliga a confrontarci con ciò che succede qui ed ora per incarnare nell'oggi, come egli fece nel suo tempo, la sua esperienza di fede. E la sua esperienza fondamentale fu l'essere convinto che Dio è amore. E da questo Amore devono sorgere tutte le fonti dalle quali scaturiscono le acque che trasformano il mondo. Ascoltiamo ancora una volta i suoi desideri spirituali per chiudere quanto abbiamo detto: “Stabiliamo in noi il Regno perfetto di nostro Signore. Che egli sia il principio ed il fine delle nostre azioni. Che tutte (le azioni) abbiano come punto di partenza e come fondamento la sua ispirazione e la sua volontà, e infine la sua gloria"27. Più avanti, nel suo Diario spirituale, scrive: “Gesù è il nostro re, un re di pace. A Lui compete regnare sulle nazioni e sulle anime. La sua legge è il Vangelo. Il suo Regno è dolce, esente da fasti, senza violenza. La sua povertà è inseparabile dalla giustizia. Egli ha sofferto per primo il giogo della sua legge. Ha riempito di grazia i suoi sudditi. Quando punisce lo fa per salvare".28

II. Venga il tuo Regno

Gesù ha agito e parlato del Regno come nessuno l'aveva fatto mai: ha parlato con parabole, sermoni, benevole promesse; ha parlato con la sua opera , il suo impegno e la sua morte. In qualche modo possiamo definire Gesù di Nazaret come una incarnazione vivente del Regno: è il Regno fatto presenza di amore, manifestato nella persona di un uomo concreto nel mondo. Per questo venne e si fece presente nel luogo più umile della terra: lì dove l'esilio è più forte, dove le tenebre sono più intense. Lì, nel luogo della sofferenza, Gesù ha iniziato a realizzare il suo Regno: accoglie gli emarginati, cura i malati, crea un gruppo di persone disposte ad accogliere l'azione di Dio sulla terra; per essi sale a Gerusalemme, allo scopo di presentare il suo messaggio; per essi muore sul Calvario, ad essi appare dopo la risurrezione.29 Solo in questo contesto possono essere intese le parole di Gesù: venga il tuo regno. Gesù insegna ai suoi discepoli a pregare, entrando nel mistero nuovo del suo Regno perché sa che il suo Dio è Padre. Per questo ha tradotto quella certezza in forma di preghiera: Padre, venga il tuo regno! Strettamente parlando, questa parola venga il tuo regno dovrebbe tradursi così: fa' venire il tuo regno! Lo chiediamo precisamente al Padre lo preghiamo che si manifesti in tutto il mondo come quello che dà la vita, come forza creatrice che ci sostiene e ci stimola con la sua grazia. Dio è Padre ed il suo Regno, proclamato e realizzato da Gesù di Nazaret, siamo noi. Per questo motivo, dicendo che venga il regno, chiediamo a Dio Padre che ci faccia capaci di essere figli, eredi di quel Regno.

A questo punto ci proponiamo di abbozzare le caratteristiche dell'impegno di Leone Dehon per la costruzione del Regno e che lo porta ad esclamare: “Desidero che il tuo Regno venga!.”30 E a maggior ragione perché tutte le mattine, nell'atto di oblazione, offriamo al Signore la nostra disponibilità "per annunciare la sua misericordia e lavorare per l'avvento del suo Regno".31 La spiritualità di Leone Dehon ha, tra i suoi obiettivi prioritari, come abbiamo visto, di cercare in primo luogo la costruzione del Regno di Dio e la sua giustizia (cfr. Mt 6,33).32 Questa costruzione passa necessariamente ed inevitabilmente attraverso l'insegnamento di Gesù di Nazaret. Questo significa che chi vuole essere costruttore del Regno deve seguire le orme del Maestro ed implica che la sua strada deve essere quella verso il Signore. E questo suppone qualcosa di più che un'investigazione intellettuale, esige, anche un'esperienza personale, un'adesione, una risposta ed un coinvolgimento.

1. Regno di giustizia

Sappiamo che Leone Dehon non fu un teorico, né un uomo dedito solo alla riflessione di studio o di tavolino. Non lo è mai stato nella sua vita. Egli è un uomo di azione. Le tristi situazioni sociali, in cui si trova immerso, lo obbligano allo studio per trovare le soluzioni più adeguate. Non è un uomo che si rifugia nei sogni o che si perde in sterili elucubrazioni mentali. L'inattività ed il disinteresse per il Regno di Dio e il bene dei fratelli, li considera un autentico scandalo. Per questa ragione, si dedica all'apostolato con la maggiore disponibilità possibile per un migliore servizio ai fratelli, specialmente ai più bisognosi.

Dando un rapido sguardo alla sua biografia, scopriamo immediatamente che quello che più lo caratterizzò fu la sua forma di lotta perché il Regno non fosse un bel progetto teorico ma si trasformasse in una realtà concreta. Egli riuscirà ad unire, come pochi, un'intensa vita contemplativa con un'attività apostolica ampia e diversificata. Non è esagerato affermare che, benché sembri paradossale, Leone Dehon riuscì ad essere contemporaneamente un profondo mistico ed un inarrestabile attivista.33

Sarà un uomo che nella sua disponibilità attiva alla ricerca della volontà di Dio, manifesta il suo impegno concreto per la costruzione del Regno. Nella sua vita: con le sue opere, coi suoi scritti, con le sue predicazioni, con le sue iniziative, ecc. avrà di mira solo la costruzione di un Regno di giustizia sociale per tutti , con diritti uguali per tutti e con doveri ancora maggiori per i miglio dotati con opportunità per essere leader. Con le sue iniziative voleva che si prendesse come modello di attuazione l'insegnamento ed i principi di Gesù di Nazaret per il quale la legge, il sabato, la pecora o il bue sono sempre meno importanti dell'uomo.34 Tutto questo contrastava con un mondo che pone al centro il denaro o si appoggia sulle sole leggi dell'economia.

E non è stato scomodo solo nel passato, ma lo sarebbe ancora oggi. Siamo convinti infatti che Leone Dehon (che proclamava e viveva una strada radicale, quella del Vangelo e del Regno), ai nostri giorni, sarebbe una presenza molto scomoda in qualunque paese di questo mondo, soprattutto nei nostri paesi occidentali, adagiati su di un'economia di mercato dove l'unica cosa importante è il profitto e dove si sono edificati i migliori e più grandi altari agli idoli dell'economia.

Leggendo i suoi scritti sui problemi sociali ed economici, sembra già di veder affrontati i nostri problemi, anche se con sfumature diverse. Testimone della situazione miserabile e delle difficili condizioni di vita dei lavoratori, dei poveri, delle donne e dei bambini, scrive: “Molti dei nostri fratelli, nonostante un duro e perseverante lavoro, vivono nella miseria. Vivono in un'unica stanza stretta, piena di bambini che languiscono, tormentati dalle angosce della fame... a chi dare la colpa di questo?"35

Non v'è dubbio che fu molto critico verso queste realtà sociali e non poche volte disse cose che dovettero suonare molto forti agli orecchi dei suoi contemporanei, arrivando a condannare molto duramente queste situazioni di ingiustizia sociale che non teme di definire i frutti di un “società marcia.” Ma non rimane alla mera denuncia o alla semplice constatazione di queste situazioni, al contrario, si pone decisamente dalla parte dei più svantaggiati: “Tutte le rivendicazioni operaie hanno un fondamento giusto.”36

Non vide di buon occhio né l'usura, né il guadagno ingiusto di pochi a detrimento dell'immensa maggioranza, né la speculazione, né la manipolazione, né l'utilizzo dell'uomo. L'esame di tutto questo ci porterebbe molto lontano; qui, secondo il nostro obiettivo, ci limitiamo ai problemi economici, e presentiamo solo quello che Leone Dehon, pensa dell'usura: “che cosa si intende per usura moderna? È un insieme di ingiustizie... caratterizzate dall'esercizio di una pressione o di un inganno su persone deboli o troppo fiduciose".37

Si indignava per quello che vedeva nelle fabbriche; lo considerava un autentico oltraggio alla dignità dell'uomo perché il salario degli operai saliva e scendeva secondo il mercato, come il prezzo degli schiavi.38 Questo non era né giusto, né umano e non poteva essere tollerato, e molto meno se si faceva o si fa a nome di modelli economici dove l'unica cosa che si cerca è il maggiore profitto per i propri investimenti. Per questo motivo Leone Dehon arriva ad affermare che la prima elemosina, dovuta al proletario, è un salario giusto. Inoltre aggiunge che se le ingiustizie della nostra società non sono peccato, allora non esiste nessun peccato. Bisogna aiutare i poveri, non solo a vivere, ma anche a prosperare.39

Leone Dehon lottò come pochi in quell'epoca per il diritto di tutti ad un lavoro dignitoso, per l'organizzazione di sindacati liberi, per il salario familiare, per il riposo domenicale, per il miglioramento delle condizioni igieniche e morali nelle fabbriche, per la partecipazione degli operai al guadagno delle imprese. Non v'è dubbio che queste denunce di più di un secolo fa continuano ad essere molto attuali. Secondo Leone Dehon solo Gesù di Nazaret è capace di concedere all'uomo, con il “Regno del suo Vangelo, l'autentica libertà, la dignità, il rispetto, il benessere e la gioia pura”.40 Lasciamo che sia lo stesso Leone Dehon a svelarci il suo piano di azione per costruire il Regno di giustizia: “se vogliamo che Cristo regni nella società, nessuno deve vincerci in amore al popolo. Bisogna essere solidali con il popolo che soffre una miseria immeritata e non ha appoggi; bisogna andare nelle case, sul posto di lavoro... ed accompagnarlo nelle sue sofferenze e nelle sue rivendicazioni".41

2. Regno che ha i comandamenti ed il vangelo come codici sociali

Un apostolo come Leone Dehon, preoccupato per la costruzione del Regno di Dio, non poteva pensare e scrivere se non che questo Regno comincia nell'individuo, penetra le coscienze ed agisce poi in tutta la società,42 formando un popolo dal cuore aperto e capace di convivere in giustizia ed in santità. In questo senso, per lui, solo la giustizia può caratterizzare la convivenza umana perché “il decalogo è la lettera divina della vita sociale. I dieci comandamenti di Dio sono disposizioni divine con la funzione di assicurare la felicità dell'uomo.”43 Queste parole evidenziano come, alla fine del secolo scorso, Leone Dehon aveva chiara coscienza che gli squilibri sociali, provocati dal processo industriale, dal fenomeno dell'urbanizzazione e dai sistemi economici dovevano trovare una risposta autentica ed equilibrata nei valori evangelici e non nelle pseudo-soluzioni offerte dalle teorie o ideologie politiche ed economiche che conducono solo a privilegiare alcune classi sociali.

Per Leone Dehon il Vangelo non è solo un libro mistico ma anche un libro di morale pratica, perciò afferma che l'“idealismo delle opere sociali” coincide con lo stesso idealismo del Vangelo. Da qui possiamo ricavare una conseguenza pratica di attuazione del Regno: dare da mangiare, dare da bere, vestire chi è nudo… Queste cose possono essere attuate solo dagli idealisti, da coloro che agiscono sostenuti dallo spirito di fede e di carità, e non dai pusillanimi né dai benestanti.44 È sempre il Vangelo alla base di questa convinzione: Vangelo che è necessario leggere correttamente e che è il fermento più grande introdotto nella massa del mondo per convertirlo, a partire dall'amore al Padre, per produrre frutti di giustizia , di dignità e di pace per tutti. Lasciamo che sia lo stesso Leone Dehon a descriverci la situazione e vedremo se le sue parole hanno qualcosa a che vedere con la realtà di oggi o se si tratta di una mera somiglianza o coincidenza: “Questa generazione pusillanime ci ha cambiato il Cristo. Non è più il Cristo degli operai... il Cristo che esercitava il suo apostolato incessante in mezzo ai peccatori, ai pubblicani, agli uomini di mondo. Il leone di Giuda si è trasformato in una pecora timida. Nostro Signore, il cui apostolato potente e forte inspirò Paolo, Francesco Saverio e tutti i conquistatori di anime, si è cambiato in un uomo pauroso e debole che non parla più che ai bambini e ai malati.”45

Di seguito esamineremo le ripercussioni che ha, per Leone Dehon, il compimento o la dimenticanza del Decalogo:46 analizzando le cause dei disordini sociali che ostacolano l'introduzione del Regno di Dio, egli scopre la prima e la più importante causa di questi disordini nell'egoismo perché questo ci impedisce di vedere che abbiamo uno stesso Padre e pertanto, come conseguenza logica, non permette che ci amiamo come fratelli, mentre ciascuno cerca il proprio interesse, in contrasto con le necessità altrui. Secondo Leone Dehon, il quarto comandamento è per eccellenza il comandamento sociale perché insegna il rispetto, l'attenzione e la solidarietà, necessari per il conseguimento dell'equilibrio tanto nel nucleo sociale più piccolo (la famiglia) quanto nella più grande società nazionale o internazionale. Il sesto dovrebbe prevenire contro la corruzione, l'immoralità; mentre il settimo è il codice della giustizia e della carità e insieme il martello contro l'usura. L'ottavo comandamento esclude le frodi, gli inganni ed i “commerci” che cercano esclusivamente il proprio profitto.

In mezzo al turbinio delle controversie ideologiche, politiche ed economiche di fine secolo, Leone Dehon non ha nessun dubbio circa il successo dei valori evangelici nella costruzione di una società più giusta. Terminiamo con le sue stesse parole: “Cristo è venuto a rinnovare la promulgazione della legge. Egli ha raccomandato di ricercare la giustizia prima di tutto Ha portato la legge alla sua perfezione insegnandoci la carità, l'abnegazione e l'umiltà, e offrendoci le grazie necessarie per praticare queste virtù. È sotto la guida di Cristo e della sua Chiesa che la società potrà ritornare alla pratica del Decalogo, e, attraverso questo, al ristabilimento sociale".47

3. Regno che di fronte alle sfide attuali si costruisce con forza propria

Per arrivare a precisare l'aspetto caratteristico col quale i dehoniani devono affrontare la costruzione del Regno, secondo le sfide che presenta la società attuale, è importante che ci fermiamo, anche se brevemente, ad “osservare” quale fu l'atteggiamento di Leone Dehon come costruttore ed apostolo di quel Regno.

a) Per lui il Regno di Dio non è altro che il vangelo dell'amore che entra a fare parte della storia concreta dell'uomo, e cioè l'instaurazione della giustizia, della prosperità comune, della fraternità e della pace. Per servire questo Regno, non cessa di scuotere la sonnolenza del clero, invita i sacerdoti ad uscire dalle sacrestie perché, con decisione e senza timidezza, “vadano al popolo”;48 è lì infatti che si gioca la vita, soprattutto quella dei poveri ed umili, quella degli indigenti e quella degli sfruttati. Li incoraggia ad andare dove si soffre e dove si spera, dove c'è l'appello ad associarsi per costruire una società più giusta, più evangelica. Inoltre insiste che il Regno non si costruisce con atteggiamenti paternalistici che si accontentano solamente di fare l'elemosina. Per edificare il Regno sono necessarie la giustizia e la carità evangelica. Voleva che gli apostoli di quel Regno andassero per le strade, nelle fabbriche, in mezzo al popolo, inalberando la bandiera del rinnovamento e della giustizia sociale.

Sempre su questa linea, per lui, le vecchie opere ed i vecchi metodi non servivano più perché non attraggono le persone. Il costruttore del Regno non deve lasciarsi fermare da una falsa prudenza: “se un pastore vede che le sue pecore si perdono... non può rimanere inattivo. Il buon pastore non si nasconde quando viene il lupo”, per questo, “il sacerdote deve essere il sale della terra, la luce del mondo, il portatore del fuoco sacro..., deve essere l'uomo della preghiera e del sacrificio..., dello studio e delle opere sociali..., deve essere il discepolo e l'apostolo del Cuore di Gesù".49

Tutto questo, come è evidente, non è rimasto ancorato al passato, al contrario, se Leone Dehon fu molto criticato, nel suo tempo dai difensori del liberalismo economico per le idee esposte nel suo Manuale Sociale Cristiano,50 non c'è dubbio che queste stesse idee, e soprattutto la sua coerenza di vita, continuano ad essere semi profetici per la costruzione di un mondo nuovo basato sulla giustizia e sulla pace; contrastando con lo stile di vita imposto dalla nostra società dei consumi e della legge della domanda e dell'offerta del neoliberalismo.

b) Una volta “visti” gli atteggiamenti di Leone Dehon per la costruzione del Regno nel suo momento storico, pensiamo che è bene che ci fermiamo, molto brevemente, a vedere quali sono i principi del neoliberalismo economico (nella nostra società attuale) per poi segnalare quali devono essere, a nostro modo di vedere, gli atteggiamenti che caratterizzano lo stile del dehoniano nella sua missione di instaurare il Regno nel mondo e nella società:

1. Principi neoliberali

2. Principi evangelici

3. Aspetto dehoniano

a) libertà individuale come valore assoluto e senza riferimento comunitario;

a) riconoscimento ed accoglienza dell'altro come diverso. La parabola del “Buon samaritano” può essere un magnifico esempio;

a) disponibilità, noi congregazione e sint unum ; atteggiamenti che devono animare il dehoniano per essere attento al grido e alle necessità degli uomini di oggi.

b) feroce ed aggressiva competitività;

b) la compassione che porta con sé la compassione con la sofferenza delle vittime, ma che lavora per l'eliminazione delle cause che la provocano. La sua migliore espressione è “Misericordia voglio e non sacrifici”;

b) giustizia e carità , “sulle orme del Fondatore..., vogliamo contribuire ad instaurare il regno della giustizia e la carità cristiana nel mondo";

d) non-solidarietà che crea emarginazione ed esclusione sociale e che risponde all'assioma “fuori del mercato non c'è salvezza.”

d) solidarietà che tende ad eliminare le frontiere di tribù, classe, economia. “Ogni volta che avete fatto questo a uno di questi miei fratelli più piccoli lo avete fatto a me.”

d) la solidarietà in chiave dehoniana deve destare ed alimentare la sete di giustizia e di redenzione di cui il mondo ha bisogno; costruire il Regno è lavare i piedi.

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Secondo le nostre Costituzioni fare tutto il possibile affinché venga il tuo Regno significa che “Nel nostro modo di essere e di agire, con la partecipazione alla costruzione della città terrestre e all'edificazione del Corpo di Cristo, dobbiamo testimoniare efficacemente che il Regno di Dio e la sua giustizia devono essere cercati prima di tutto e attraverso tutto". 58

Conclusione

Nelle pagine precedenti abbiamo cercato di evidenziare come Leone Dehon ha voluto rispondere all'amore di Dio , misconosciuto e dimenticato, con una disponibilità assoluta alla sua volontà, con una dedizione totale ai fratelli più bisognosi ed emarginati. Come abbiamo visto, con la sua opzione di vita, coi suoi scritti e le sue iniziative sociali ha inteso riparare, ristabilire, ripristinare il Regno di Cristo nella società, regno della giustizia e della carità cristiana, che si attua per il ministero della riconciliazione. Una riconciliazione motivata dalla ricerca della verità, della libertà, del rispetto dei diritti umani, della giustizia sociale, del perdono. Il suo sogno era che il Cuore di Cristo, aperto sulla croce, potesse trasformare dalle radici questa società senza cuore; e perciò ha consacrato la sua vita all'avvento del Regno del Cuore di Cristo, Regno di giustizia, di bontà, di solidarietà verso i piccoli e quelli che soffrono, perché tale regno divenisse una realtà concreta e palpabile.

Lo sguardo fisso di Leone Dehon sul volto del Signore non diminuì il suo impegno per l'uomo concreto, al contrario, questo “raccoglimento” sulla realtà trascendente potenziò la sua capacità di influire sulla storia per impegnarsi per l'uomo e per la sua causa, per liberarlo da tutto quello che contrastava la sua dignità e lo sfigurava.

La missione di riconciliazione, di giustizia e di pace portò Leone Dehon a dedicarsi ai più lontani, a coloro che hanno bisogno di pane e giustizia nel mondo, e che, se non altro, devono essere amati e considerati. Lasciamo che sia lo stesso Leone Dehon ad “illuminarci” al riguardo: “Cristo ebbe pietà dei bambini che sono la debolezza stessa. Egli curò i ciechi, gli handicappati, i lebbrosi...; ebbe pietà di tutto il suo popolo, di quella massa che gli sembrava un gregge senza pastore, di quelle anime che erano piegate come le spighe di un immenso raccolto...; ebbe pietà degli umili lavoratori, oppressi da ogni tipo di ingiustizie, egli, le cui mani erano indurite dagli attrezzi di lavoro".59

Leone Dehon impegnò la sua vita nella costruzione del Regno. Per lui questo compito supponeva un'attesa attiva in un mondo nuovo quello che implica necessariamente una conversione ed un rinnovamento dei cuori. Capì che il Regno non è un sistema ideologico da imporsi dall'alto e lottò affinché il Regno fosse una realizzazione concreta. Per questo motivo, dichiara che “chi voglia estendere il Regno del Sacro Cuore deve consacrarvi tutta la sua vita".60

Sono trascorsi centoventi anni dalla fondazione della Congregazione. Leone Dehon si è fatto storia. Per noi, i membri della Congregazione, sono determinanti, non solo le sue parole ed i suoi scritti, ma soprattutto i suoi esempi di vita.. Leone Dehon, come persona, col suo carisma specifico e la sua vita, è divenuto un modello e un programma per la costruzione del Regno che è “il progetto di Dio, ed il suo piano è la comunicazione della sua vita e felicità..., per costituire un'eterna società con Lui, il Regno di Dio".61

Come egli seppe leggere ed interpretare i segni dei tempi e seppe suggerire i “rimedi” ai mali della società del suo tempo, si spera che anche noi sappiamo cogliere i mali della nostra società e suggerire i rimedi con metodi rinnovati e con un nuovo entusiasmo. Dovremo essere capaci di rispondere ai tanti interrogativi del mondo economico di oggi che interpellano la nostra opzione di vita:

a) l'abisso tra il Nord ed il Sud (movimenti migratori,...);

b) la crisi ecologica (buco dell'ozono, desertificazione, deforestazione, inquinamento, energie...); c) la disoccupazione, quella strutturale, il sottoimpiego, ecc.

d) la produzione e il commercio di armi...

Nella cappella della nostra comunità di Salamanca I, in una delle due vetrate, campeggia la frase venga il tuo regno , e ci ricorda, in ognuna delle nostre celebrazioni comunitarie ed in ognuno dei nostri incontri nell'intimità col Signore, il nostro impegno e la nostra opzione reale e concreta per la costruzione del Regno. Impegno che è personale e comunitario. Impegno che porta con sé il grido e la supplica affinché il Regno venga e si instauri qui ed ora. Impegno che è una petizione affinché il Regno venga, ma che non è né passivitàsentimentalismoquietismo ma che implica il mettere la mano all'aratro e fare il solco per potere seminare i semi del Regno.

Impegno che suppone di riattivare la speranza , quella più profonda nel nostro cuore, affinché questo seme non sia distrutto dalle brutalità che si commettono nell'ambito personale e sociale. Impegno verso il diseredato e l'emarginato, con lo schiavo e l'escluso. Impegno che si manifesta nella profezia e nella riconciliazione. Impegno con la parola, con la preghiera e con la vita. Impegno con la provocazione dell'amore , perché come scrive lo stesso Leone Dehon: “non c'è nulla di più provocatorio dell'amore, e l'amore di Dio è fortemente provocatorio”. Se non c'è questa provocazione ci trasformiamo in mediocri costruttori del Regno perché “non riflettiamo quanto basta all'amore di Cristo.”62

Impegno affinché il Regno sia una realtà palpabile per strada e nella comunità, nei posti di lavoro e negli uffici, negli ospedali e nei luoghi di divertimento, nel fratello e nello sconosciuto.

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1 Cfr. E. Leclerc, El reino escondido, Sal Tarare, Santander 1997, p. 195.

2 NHV VI, 81.

3 NQ II, 1,8 febbraio 1869.

4 P. Dehon scrive questa risoluzione come tema del ritiro che fece a Braisne dal 17 ottobre al 16 novembre 1893. Questa risoluzione, insieme con il frutto del ritiro, è riportata nel quaderno VI delle Notes Quotidiennes al n. 11 dell'annesso a pag. 433 dell'edizione italiana del Diario Spirituale.

5 NQ I, 71-72, 30 e 31 marzo 1868.

6 L. Dehon, L'année avec le Sacré-Coeur, Casterman, S.A., Paris, p. 178.

7 Cst n.4.

8 Queste parole si trovano in un documento scritto da p. Dehon, intitolato Il Regno del Sacro Cuore che G. Valerius cita nel suo articolo: Leone Dehon e il movimento ADVENIAT REGNUM TUUM, in "Dehoniana" 72, 1987/2 p. 209.

9 Ibidem, p. 209

10 L. Dehon, L'année avec…, p. 178. In questa stessa linea, P. Dehon scrive, ricordando le parole di S. Margherita Maria: "Gesù Cristo regnerà a scapito di tutti i suoi nemici, ma regnerà per il suo Sacro Cuore" (O. Sc., IV, 546).

11 NQ III, 60, 14 ottobre 1886.

12 O. Sp. III, 461-462.

13 Cfr. NQ II, 27, 15 dicembre 1869.

14 Citato da Avelino Diez: Tras las huellas del amor, p. 65 (manoscritto non ancora pubblicato), che attribuisce questa frase a Leone Dehon nel suo libro Couronnes d'Amour au Sacré-Couer.

15 L. Dehon, L'année avec…, p. 320.

16 Cst nn. 4, 7.

17 O. Sp. I,62.

18 Cfr. Cst n. 7: "Dai suoi religiosi, P. Dehon si aspetta che siano dei profeti dell'amore e dei servitori della riconciliazione degli uomini e del mondo in Cristo".

19 O. Sp. I, 125.

20 O. Sp. III, 485.

21 NHV V,2.

22 Cfr. L. Dehon, Direttorio Spirituale,3a ediz. Italiana, Milano 1983, pp. 193-194

23 Scrivendo al p. Freyd, suo direttore spirituale per eccellenza, dirà: "non mi inquieto, pongo tutto nelle mani di Dio". Lettera del 9 marzo 1873 (AD, B. 36/2)

24 Cfr. NQ III, 103v, 25 febbraio - 11 marzo 1890.

25 Commentando le Beatitudini, Leone Dehon dice ai novizi: "Beati misericordes…potremmo farne il motto della nostra Opera", Cahiers Falleur, I, 13.

26 Cfr. Cst 29: "Alla sua sequela noi dobbiamo vivere in una solidarietà effettiva con gli uomini… (per arrivare) alla pienezza del Regno che ha bisogno di essere continuamente purificato e trasfigurato dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo".

27 NQ I, 49, 28 febbraio 1868.

28 NQ I, 75, 5 aprile 1868.

29 Cfr. X. Pikaza, El padrenuestro en la vida religiosa, in Folletos CONEL, n. 60, p. 12.

30 NQ II, 39, 1 gennaio 1870.

31 Atto di oblazione del martedì I.

32 Cfr. Cst n. 38.

33 Cfr. José Fernandes de Oliveira, Por causa de um certo Reino, ed. Paoline, São Paulo 1978, p. 24.

34 Ibidem, p. 46.

35 O. Sc. IV, 249:

36 NHV IX, 92.

37 O. Sc. III, 58.

38 Cfr. NHV IX, 90.

39 Cfr. O. Sc. II, 16-21.

40 O. Sc. II, 109.

41 O. Sc. II, 153-161.

42 Cfr. O. Sc. I, 3.

43 O. Sc. II, 67.

44 Cfr. O. Sc. II, 158.

45 O. Sc. II, 158.

46 Seguiremo quanto riferito in O. Sc. II, 67-69.

47 O. Sc. II, 69.

48 Cfr. O. Sc. II, 153.

49 O. Sc. II, 105-109.

50 Cfr. A. Diez, El Padre Dehon adelantado social, in "Studia Dehoniana" 37, 1994, p. 147.

51 Principi che sono stati pubblicati nel periodico El Pais di lunedì 29.06.1998 da J.J. Tamayo (segretario generale dell'associazione dei teologi Giovanni XXIII).

52 Estratti dalla RdV dei Sacerdoti del S. Cuore di Gesù.

53 Disponibilità da avere soprattutto verso poveri, bisognosi, quelli che vivono emarginati dalla società, Cst. 18.

54 Motto che riassume le conclusioni del XX Capitolo generale celebrato a Roma.

55 "Il Sint Unum sottolineato dal padre Fondatore esige… la liberazione progressiva dall'egoismo, che è rifiuto dell'amore di Dio e della fraternità… e chiama ad una conversione permanente" (Cst n. 95).

56 Cst nn. 32 e 28. P. Dehon ha lasciato una testimonianza eloquente della sensibilità ai problemi sociali, capace di unire all'esperienza mistica un impegno reale per la costruzione del Regno.

57 "Sensibili a quanto nel mondo attuale ostacola l'amore del Signore, attestiamo che lo sforzo umano, per arrivare alla pienezza del Regno, ha bisogno di essere continuamente purificato e trasfigurato dalla Croce e dalla Risurrezione di Cristo" (Cst n. 29).

58 Cst n. 38.

59 Primo Corbelli, Por una civilización del amor, Ed. Claretiana, Buenos Aires 1985, pp. 119-120.

60 O. Sp. IV, p. 202.

61 Manoscritto autografo di P. Dehon trovato nell'Archivio Generale di Roma, tra le buste che contengono diversi ritagli di giornali e numerosi fogli manoscritti di appunti sui problemi sociali. Si conserva nel classificatore 8/3 ed è catalogato col titolo: Synthèse de la question sociale, 27 pagine che recano il titolo all'ultima pagina. Il manoscritto si compone di 27 fogli, quasi tutti scritti da una sola parte. Dunque si può pensare che siano posteriori al 1895.

62 Citato da p. Corbelli, op. cit. p. 123.