VITA DELLA CONGREGAZIONE

 

LA FAMIGLIA DEHONIANA

Presentazione del tema

Virginio D. Bressanelli, scj
Superiore generale

Come fratello che ha l’onore di accogliervi in casa, mi è stato chiesto di presentare il tema di questo nostro “Convenire insieme”. Cercherò di farlo partendo dalla mia esperienza e dalla coscienza di avere ereditato, dal nostro padre comune, un tesoro di incalcolabile valore, che vorrei fosse amministrato fedelmente per il bene della Chiesa e per l’evangelizzazione del Mondo. Lo faccio con un certo timore di non riuscire in questo scopo, ma anche con la fiducia che lo Spirito, e voi, farete il resto.

1. Una realtà in cammino

La ricca e variegata presentazione delle diverse delegazioni e componenti, qui presenti, ci danno una prima immagine di ciò che sta accadendo nella Chiesa circa l’eredità dehoniana e che coinvolge tutti noi.

La “Famiglia dehoniana”, intesa come l’insieme delle diverse componenti (SCJ, Consacrate, Laici) che si ispirano nel progetto spirituale di p. Dehon per rafforzare la propria vocazione e missione battesimale, è oggi una realtà.

Tale constatazione era avvenuta già dieci anni fa, in questa stessa sala, in occasione del I° Incontro Internazionale dei Laici dehoniani. Fin dal primo giorno (04.09.1990), si era notata l’inadeguatezza dell’obiettivo proposto (“Incontro di Laici dehoniani”), perché la presenza di vocazioni diverse e lo spirito regnante proiettavano già verso la figura di “Famiglia dehoniana”, come termine più adatto a significare ciò che stava accadendo. Difatti, è stato in quell’Incontro che si è preso coscienza ufficiale della comunione di diverse vocazioni, tutte chiaramente identificate e autonome nel proprio stato di vita (SCJ, Consacrate, Laici), unite dalla condivisione del Progetto di vita evangelica di p. Dehon.

Tuttavia, in realtà, questo non è un fatto totalmente nuovo. Esso è esploso contemporaneamente in diverse nazioni ove opera la Congregazione SCJ, agli inizi degli anni ’80. In un certo senso, anche se in proporzione e in modalità diverse, tale fatto ha avuto le sue origini fin dai primi anni di p. Dehon a St. Quentin.

Difatti c’era un legame, preesistente alla stessa fondazione della Congregazione, fra il nostro Fondatore e le Suore Ancelle del S. Cuore di St. Quentin, fondate dalla Chère Mère Madre Oliva Uhlrich nell’anno 1867. Questo legame poi si estese pure alla Congregazione contemplativa delle Religiose del S. Cuore di Gesù di Namur, chiamate anche “Suore Vittime”; Madre Marie-Veronique (Caroline Lioger), ha indirizzato alla nostra Congregazione alcuni santi sacerdoti, come p. André Prévot e p. Claude Charcosset.

Fin dall’inizio della fondazione SCJ (1878), c’è anche la partecipazione di sacerdoti e laici associati, di cui p. Dehon parla spesso, perfino nei suoi rapporti alla Santa Sede, quando domanda l’approvazione dell’Istituto (1887, 1892) e nella lettera conclusiva del VIII Capitolo Generale (1919).

Tale associazione, chiamata Associazione Riparatrice, passa attraverso diverse forme e formulazioni, includendo membri “associati” (la grande massa) e membri più impegnati, gli “aggregati” all’Istituto (tra questi vi era anche la madre di p. Dehon). Nel 1923 raggiunge il suo culmine con l’Associazione “ADVENIAT REGUM TUUM” (ART) eretta canonicamente, e che raggruppava 50.000 membri, con lo scopo: “preghiera e sacrificio per l’estensione del Regno di Gesù sulla terra, per il trionfo della Chiesa e per l’aumento delle vocazioni sacerdotali e missionarie”. Questa associazione esiste ancora oggi in alcuni paesi d’Europa.

2. Progetto dehoniano e Famiglia dehoniana

Il fatto della Famiglia dehoniana non è quindi totalmente nuovo; ma essa ha caratteristiche proprie che costituiscono per noi una reale novità.

a. Si tratta di un fenomeno universale che si sta verificando in molti Ordini e Congregazioni religiose, tanto da far dire al Santo Padre, nell’esortazione apostolica Vita Consecrata, che “è iniziato un nuovo capitolo, ricco di speranze, nella storia delle relazioni tra le persone consacrate e il laicato” (n. 54)..., segnato da “nuovi percorsi di comunione e di collaborazione (che) meritano di essere incoraggiati” (n. 55).

b. Alle sue origini c’è senz’altro la grazia, lo stimolo e la prospettiva cristologica ed ecclesiologica del Concilio Vaticano II. La visione della Chiesa come Popolo di Dio, chiamato alla santità in forza del battesimo, che lo inserisce nel mistero pasquale di Cristo. Popolo pellegrino e impegnato nel mondo e nella storia, nella comunione di carità di tutti i suoi membri…, ha avuto conseguenze significative sulla vita della Chiesa, ad esempio:

- tutti i membri della Chiesa sono convocati nella comune missione salvifica del Popolo di Dio nel mondo d’oggi (cf LG, 12);

- si delineano e articolano meglio le diverse vocazioni;

- il laicato recupera la chiarezza della sua identità e il riconoscimento di stato adulto e di attore protagonista nella chiesa; la vita consacrata viene richiamata a ritornare alle fonti originali del proprio carisma, a riformulare i suoi contenuti essenziali e ad aggiornare le sue espressioni di vita e di impegno;

- certe sfide e valori diventano ambito comune nella missione per il Regno, ad esempio: l’opzione per i poveri, il senso ecclesiale della vita comunitaria, ecc... In questi campi, dove spesso ci sono prove e tensioni, viene purificata la nostra forma di vivere il vangelo ed è favorita la possibilità di stringere legami nuovi di comunione e collaborazione.

Giovanni Paolo II, nella Christifideles Laici (n. 55), riassume così questa nuova prospettiva: “Nella Chiesa-comunione gli stati di vita sono tra loro così collegati da essere ordinati l’uno all’altro ... Sia nel loro insieme, sia ciascuno di essi in rapporto agli altri, sono al servizio della crescita della Chiesa, sono modalità diverse che si unificano profondamente nel ‘mistero di comunione’ della Chiesa e che si coordinano dinamicamente nella sua missione”.

Rimane perciò chiaro che, prima di ogni diversità vocazionale, bisogna affermare l’unità di missione che fa della Chiesa un “popolo in missione”, “un popolo d’inviati”; bisogna ricordare la comune vocazione all’unione con Dio per la salvezza del mondo (cf. RM, 4). Ecco che allora si capisce che i diversi stati di vita e di vocazioni, senza sminuirne la loro specificità, vengono:

- unificati nel mistero di comunione della Chiesa;

- sono ordinati gli uni gli altri;

- al servizio della crescita della Chiesa;

- coordinati nella sua unica missione.

Questa unificazione e coordinazione non annulla, però, l’identità propria, la specificità e autonomia organizzativa di ogni stato o vocazione.

c. Si riscopre che i carismi dei Fondatori, intesi non come proprietà esclusiva degli Istituti da loro fondati ma come un dono dello Spirito a tutta la Chiesa, si aprono per loro natura a molteplici forme di partecipazione. Di conseguenza:

- si verifica una comunione di vocazioni diverse nello stesso Progetto di vita evangelica, frutto della chiamata di Dio e della complementarità delle vocazioni. Ciò avviene in forza dello Spirito e non per delega di un Istituto;

- tutti diventano corresponsabili della fecondità del carisma e, sotto la guida dello Spirito, possono fare una rilettura e una nuova incarnazione di esso. “La partecipazione dei laici non raramente porta inattesi e fecondi approfondimenti di alcuni aspetti del carisma, ridestandone un’interpretazione più spirituale e spingendo a trarre indicazioni per nuovi dinamismi apostolici” (VC, 55);

- i consacrati di quegli Istituti, che sono la prima espressione storica di questo progetto, sono chiamati ad essere “guide esperte di vita spirituale”, a coltivare “lo spirito” (cf. VC, 55). La precedenza storica non dà più autorità o potere, ma chiama a servire le nuove espressioni di partecipazione curando la fedeltà del carisma.

d. Vi è una eredità comune, che fa sintonizzare, quanti ne sono partecipi, sugli stessi valori; li sostiene, li illumina, da senso al loro pellegrinaggio terreno e fa che le loro strade si incontrino e che facciano insieme una parte di strada, condividendo i doni più preziosi che si ha: la vita, la fede e la speranza.

È questa l’esperienza che veniamo qui a raccontarci, noi dehoniani. Sentiamo di condividere, infatti, lo stesso modo originale di accostarci al mistero del Cuore di Cristo, scoprendo l’amore infinito di Dio. Condividiamo un certo sentire con la Chiesa; una certa sensibilità di fronte al mondo attuale; un certo impegno per la causa del Regno; una certa passione per l’annuncio del Vangelo, e per i suoi valori sociali di giustizia, verità, solidarietà; un certo appello ad essere servitori della riconciliazione tra le persone e a promuovere la pace, la dignità umana, la fraternità universale.

Condividiamo la vocazione di unirci all’oblazione riparatrice di Cristo e di fare nostri i suoi sentimenti di compassione, di misericordia, di abbandono e disponibilità totale al progetto salvifico di Dio, cooperando nella costruzione della Civiltà dell’amore...

In questo itinerario di impegno cristiano, è centrale per noi il mistero eucaristico, celebrato e adorato. Esso è principio di unione al Signore; è fonte di ispirazione, vincolo di comunione fraterna, sostegno vitale nella missione, stimolo a fare memoria di Cristo, facendo nostra la sua causa (il Regno) e assumendo il suo destino pasquale.

Noi intuiamo che questa prospettiva di vita e di impegno si attua nel quotidiano, ed è un dono ricevuto, è un’eredità che ci è stata trasmessa attraverso la mediazione storica ed esemplare, quella di p. Dehon.

Questa scoperta di condividere lo stesso Progetto di vita evangelica di p. Dehon, di partecipare della stessa eredità, pur approdandovi in tempi storici diversi e con sfumature diverse, come diverse sono le nostre vocazioni, fanno di noi, non un movimento, un’associazione, un’aggregazione o un Terz’ordine, ma una Famiglia.

Il termine “Famiglia” sta a indicare una comunità di diverse vocazioni, che condividono lo stesso patrimonio o eredità; sta a indicare che vi sono diverse componenti familiari, che partecipano dello stesso Progetto carismatico di p. Dehon, completandosi a vicenda, rafforzando con la stessa comune spiritualità la vocazione propria e la missione specifica di ognuna. I nostri rapporti sono fraterni e non subalterni.

Partecipiamo, come fratelli e sorelle, alla stessa spiritualità. Difatti, l’originalità del Progetto dehoniano sta nella sua prospettiva o “visione spirituale”, che orienta tutte le altre cose, e non invece in una determinata attività od opera apostolica. Quindi, la condivisione del Progetto, tra le diverse componenti familiari, non si realizza attraverso determinate opere. Il punto di partenza è che consacrati e laici devono restare tali nella loro vocazione specifica, nella missione che ne deriva e nell’autonomia organizzativa, pur condividendo la stessa ispirazione carismatica, che orienta e dà senso spirituale a tutto. Condividiamo la forma di accostarci al mistero di Cristo, ma non necessariamente le modalità concrete e le opere apostoliche che la esprimono.

Partecipiamo tutti insieme alla missione carismatica di “costruzione del Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società”; ma le modalità concrete e le opere apostoliche di questa missione sono diverse, in quanto corrispondono alla identità propria di ogni singola componente e si attuano negli ambiti specifici di ogni vocazione.

All’interno della “Famiglia”, tuttavia, non vengono escluse le possibilità di partecipazione e collaborazione alle attività apostoliche di una componente particolare, ma ciò esula dal discorso odierno circa quegli aspetti che abbiamo in comune, come la condivisione del carisma e della missione di p. Dehon, e che ci costituiscono in “Famiglia dehoniana”.

Difatti, la collaborazione e partecipazione a certi momenti di vita comune e ad opere apostoliche, tra consacrati e laici, già si realizza presso alcune componenti: ad esempio presso la Fraternità Mariana del S. Cuore e i suoi Aderenti; presso la Compagnia missionaria ed i Familiares, ecc… Ciò avviene sotto la forma di associazione, aggregazione, movimento o volontariato…, ed è un buon esempio di comunione ecclesiale (cf. VFC, 70), purché non ne patisca danno l’identità della loro vita interna (cf. VC, 56).

e. Il termine “Famiglia” fa riferimento non solo a dei contenuti comuni, ritenuti la grazia fondante che viene dallo Spirito, ma fa riferimento anche a un “capostipite” comune, a un “padre spirituale comune”: p. Dehon.

Egli è visto come il mediatore ecclesiale di questo dono dello Spirito, che noi chiamiamo “Progetto di vita evangelica dehoniana”. Con ciò non si vuole negare l’influenza, l’ispirazione e il sostegno, che lo stesso p. Dehon ricevette dalle Suore Ancelle del S. Cuore di St. Quentin e dalle Religiose del Sacro Cuore di Namur (cf. Testamento Spirituale). Ma storicamente riconosciamo a p. Dehon la capacità di avere tramandato alla Chiesa quella sintesi vitale, che sta all’origine delle Congregazioni, che l’hanno sostenuto, e delle altre Istituzioni sorte poi in seguito.

La sua “paternità spirituale” ha acquistato in questi ultimi anni una grande forza, particolarmente tra i laici, tanto da risvegliare l’attenzione e accrescere la stima e devozione che Egli già godeva nella Congregazione SCJ.

Il Fondatore ha un dono particolare di percepire l’ampiezza del carisma, di viverlo anticipatamente e di riproporlo alla Chiesa come “Progetto di vita evangelica”, che va oltre i confini dell’Istituto che egli fonda. In questo senso egli è vero “padre spirituale” nostro, anche quando il carisma, prolungandosi nel tempo, si esprime in nuove forme finora insospettate; forme che poi vengono riconosciute autenticamente e approvate dalla Chiesa. Il carisma è una realtà dinamica, tanto più ricca e bella quanto più libera di creare nuove espressioni e di animare nuovi stili di vita e di apostolato. I carismi, invece, muoiono quando non hanno questi spazi vitali per crescere e diffondere la propria ricchezza. La comprensione rinnovata del carisma avviene quando esso si confronta con le sfide e le provocazioni della storia; quando si confronta in situazioni simili a quelle in cui è stato generato dallo Spirito. L’eccessiva istituzionalizzazione del carisma, la mancanza di espansione universale, l’allontanamento dal suo clima vitale, (quali la profezia, le sfide, l’inserimento nella storia dell’umanità) lo soffocano, lo logorano, lo inaridiscono e lo fanno morire.

Essendo lo Spirito il vero protagonista dei carismi, non ci deve meravigliare che nella mediazione di p. Dehon concorra anche la mediazione di Madre Uhlrich e delle Suore Ancelle; come non dovrà meravigliarci che, nel corso di questa grande corrente, intervengano nuove mediazioni significative, che danno origine a nuove componenti o ri-espressioni del carisma.

f. La “Famiglia dehoniana” è una realtà viva, ma tuttora in formazione. Essa sta sorgendo in molti paesi. In alcuni di questi è un fenomeno indotto, cioè sorto per l’interesse di qualche religioso SCJ o per l’evoluzione dell’Associazione dell’ART o degli ex-allievi; in altri paesi è sorta per la trasmissione “testimoniale” della spiritualità dehoniana ai laici e consacrati, da parte delle comunità religiose SCJ.

In ogni caso, è frutto dell’iniziativa dello Spirito che continua a sorprenderci con la sua creatività che va oltre ogni aspettativa e frontiera. È un vero soffio di Pentecoste che raggiunge i nostri tempi, le nostre persone e particolarmente le componenti più anziane, chiamate a confrontarsi e a rinnovarsi interiormente a partire da questo evento.

È una vera grazia del momento; è una sfida che ci interpella. Dobbiamo innanzitutto riconoscere il fatto e sottometterci con gioia e fedeltà alla mozione dello Spirito e dare lode e gloria a Dio.

Per noi SCJ, e per le Istituzioni anziane, è una grazia che viene a rafforzare l’identità propria e il senso di appartenenza all’Istituto; ci aiuta a scoprire nuove prospettive e perfino una nuova lettura del carisma. È una sfida che invita ad accettare con gioia i nuovi fratelli e sorelle che il Signore ci dà. Ci fa capire che l’irradiazione della spiritualità, oltre le frontiere dell’Istituto, richiede uno spostamento di prospettiva in rapporto alle nuove componenti: al centro non c’è l’Istituto SCJ, ma il “Progetto di vita evangelica dehoniana”, di cui siamo partecipi; il carisma di p. Dehon, che abbiamo ereditato.

Alle nuove componenti viene additato il bisogno di una formazione progressiva per percorrere con generosità e fedeltà il cammino della spiritualità e della missione, cogliendo l’insieme dei loro elementi qualificanti ed essenziali. Sarà determinante una visione integrale che non sacrifica, riduce o polarizza nessuna delle dimensioni del carisma. La stessa unità interiore e di vedute, che caratterizzò p. Dehon, deve essere l’orizzonte da costruire con pazienza, con chiarezza e con determinazione. Non possiamo dimenticare che la nostra eredità è bella e suggestiva, ma non è immediata intuizione. Ha bisogno di un percorso spirituale di un certo livello e di una certa elaborazione interiore. Esige un rapporto intenso con il Signore (cf. p. Dehon, Testamento Spirituale) e un impegno storico ardito. Ciò non è possibile senza un solido sostegno teologale e teologico, adeguato e aggiornato.

g. Un minimo di istituzionalizzazione, e una saggia organizzazione, sono fondamentali perché ogni Progetto di vita abbia futuro. È richiesto dal fatto che esso è un dono per la santificazione, la comunione e la missione della Chiesa. È un dono offerto soprattutto a una comunità, e non solo a persone singole, e richiede sempre un itinerario evangelico di identificazione con Gesù.

Anche la “Famiglia”, che raduna componenti diverse in questa comunione, ha bisogno di precisare la sua identità, stabilire i rapporti che devono esistere tra le sue componenti, donarsi un apparato adeguato di organizzazione e coordinazione interna, per conseguire le finalità e gli obiettivi che vuole raggiungere.

Per favorire l’interscambio della ricchezza, che ogni componente familiare ha ereditato dal carisma comune, si deve pensare all’organizzazione e alla comunicazione che deve avvenire all’interno della Famiglia, per consolidarne i legami.

Questo è un passo da fare in quest’Incontro, senza precludere altre intese e iniziative che possono nascere da questo odierno scambio di esperienze e di doni spirituali.

h. Tenendo conto che la vita precede il diritto e la norma, si è voluto attendere alcuni anni prima di passare ora a codificare i nostri rapporti, e a tracciare un profilo dell’identità della “Famiglia” e dei “Laici dehoniani”.

Inoltre, seguendo una metodologia di comunione e di rispetto per la legittima autonomia, si è preferito che queste “definizioni” e “carta costitutiva” procedessero dalla base stessa con il contributo di tutti. Ciò spiega il motivo della scelta del cammino più lungo, ma certamente più partecipato nella preparazione di questo odierno Incontro.

Speriamo oggi di raccogliere il frutto maturo, e in un certo senso conclusivo, di quanto si è lavorato e seminato nei singoli gruppi del Laicato dehoniano e nella Commissione Preparatoria.

3. A proposito del lavoro di questi giorni

a. Quest’Incontro Internazionale della Famiglia dehoniana, viene dopo un cammino iniziato negli anni ’80 che, a livello generale, ha conosciuto il servizio di molte persone, da voi conosciute e che qui voglio ricordare.

- P. Oliviero Girardi, che creò a suo tempo un sistema di informazione e comunicazione di quanto avveniva nelle diverse Province e Regioni SCJ e fu uno degli organizzatori dell’Incontro Internazionale del 1990.

- A lui si aggiunse p. André Perroux, come Consigliere generale prima e anche tutt’ora, accompagnando da vicino alcuni gruppi, e offrendo il suo servizio specializzato di riflessione storica e spirituale. Durante il sessennio 1991-1997 ancora egli, insieme a p. Tom Cassidy, consigliere generale, coordinò ufficialmente il sostegno e l’animazione generale della Famiglia dehoniana.

- P. Antonio Panteghini, 7° Superiore generale della Congregazione, indisse e realizzò l’Incontro Internazionale dei Laici dehoniani, qui a Roma, nel 1990 (03-09.09.1990). Vi diede seguito con due circolari, alla Congregazione SCJ e ai Laici dehoniani, rispettivamente il 04.01.1991; e poi con la pubblicazione degli Atti dell’Incontro in Dehoniana n. 79, 1991/1.

- Nell’attuale sessennio di governo (1997-2003), a seguito della mozione n. 1 del Capitolo generale, che domanda al Consiglio generale l’elaborazione di un “documento” che definisca il profilo del Laico dehoniano; e in seguito al programma sulla Famiglia dehoniana, come dal Progetto di Governo per il sessennio “Noi Congregazione a servizio della Missione” (nn. 25-27), assume la coordinazione di questo settore p. Hadrianus Wardjito, coadiuvato da p. Umberto Chiarello.

Ad un ingente lavoro di studio, di informazioni e di comunicazioni, di presenza ad incontri regionali e locali, si deve a loro la preparazione dell’attuale Incontro Internazionale della Famiglia dehoniana, con la collaborazione della Commissione ad hoc, composta da p. Fausto Colecchia (IM), Lucia Correia (CMSC - Bologna), Romano Sonna (IS - Trento), Emilia Meireles (LU - Porto).

b. La presenza a quest’Incontro è veramente significativa. Oltre ai LAICI DEHONIANI, che costituiscono il numero maggiore, e che esprime una grande varietà di nazioni e di culture, ci sono vari Istituti di Consacrati/e, e cioè:

- Le “Soeurs Servantes du Sacré-Coeur”, la cui fondazione nel 1867, ad opera della “Chère Mère” Marie du Coeur de Jésus (Oliva Uhlrich), è anteriore all’opera degli SCJ di p. Dehon: Esse hanno ispirato e sostenuto il suo Progetto di vita evangelica, a cui noi facciamo capo. È presente l’attuale Superiora Generale e una suora.

- La Congregazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù (SCJ), fondata nel 1878 da p. Dehon. Qui ci sono rappresentanti di molte Province, Regioni e Distretti.

“The Sacred Heart Sisters”, di Aliwal North (Sud Africa), fondata dal Vescovo Dehoniano mons. Franz Wolgang Demont nel 1929. È presente la ex-superiora generale,

L’“Istituto Reparador de España”, fondato da p. Miguel Lòpez Moya nel 1950. Presente una delegata.

- La Compagnia Missionaria del Sacro Cuore di Gesù, fondata a Bologna da p. Albino Elegante scj nel 1958. Presenti due consacrate.

- La “Fraternidade Mariana do Coração de Jesús”, del Brasile Meridionale, fondata nel 1974 da p. Aloísio Böing, qui presente insieme a due sue religiose.

- Le “Missionárias do Amor Misericordioso do Coração de Jesus”, del Portogallo, fondata da p. Júlio Gritti nel 1992. È presente la sua responsabile generale.

Non sono presenti le “Religieuses du Sacré-Coeur” di Namur, fondate da Madre ‘‘Marie-Véronique du Coeur de Jésus’’ (Caroline Lioger) nel 1857. Sono una Congregazione contemplativa. Ci accompagnano con la loro preghiera.

c. Il lavoro di questi giorni (09-13.10.2000) avverrà nel cammino del Grande Giubileo, che vogliamo vivere intensamente in comunione con tutta la Chiesa e con le altre Chiese e Confessioni Cristiane che celebrano i 2000 anni dell’Incarnazione.

A partire dallo scambio fraterno, dalle esposizioni e dalle apposite guide di riflessione per il nostro lavoro, ci poniamo tre domande generali, che possono illuminare la nostra condivisione e ricerca. Esse sono:

- Cosa stiamo vivendo?

È importante creare uno scambio di esperienze di vita, di fede e di impegno apostolico a partire dall’eredità comune, così come ogni componente la sente ed esprime.

- Cosa abbiamo in comune?

Definire insieme l’identità della Famiglia dehoniana, nei suoi elementi essenziali e comuni a tutti.

- Come camminare insieme?

Precisare i rapporti e il tipo di organizzazione e coordinazione, di cui ha bisogno la Famiglia dehoniana.

Dobbiamo, però, partire dal dato di fatto: siamo tutti figli adulti, con un’autonomia organizzativa già acquisita, con uno stato di vita riconosciuto nella Chiesa (religioso, consacrato in secolarità, laicale), in cui siamo chiamati a vivere, secondo un rispettivo modo specifico, l’eredità carismatica di p. Dehon.

d. In riferimento al Laicato dehoniano ci vuole una riflessione particolare, data la sua pluralità e diversità nazionale, culturale e organizzativa.

Noi SCJ abbiamo la Regola di Vita, che già ci identifica e ci organizza; le diverse Società o Istituti di consacrate hanno le loro Regole, Costituzioni o Statuti che le identificano e organizzano.

Circa il Laicato dehoniano, abbiamo una situazione molto variegata. Da una parte ci sono i gruppi, che hanno già maturato una identità abbastanza chiara e un modo ben definito di organizzarsi, come pure di rapportarsi con gli SCJ e le altre componenti. D’altra parte c’è l’esigenza di avere chiarezza sull’identità del Laico dehoniano. Nell’ultimo Capitolo generale SCJ, c’è stata una Mozione capitolare con la richiesta di procedere alla definizione del Laico dehoniano.

Il Governo generale ha dato seguito a questa Mozione capitolare invitando gli interessati, e cioè gli stessi laici, a pronunciarsi su tale quesito, e ciò in preparazione dell’attuale Incontro. Ora la stessa domanda sull’identità del laico dehoniano viene posta a tutti i partecipanti al Convegno.

Questo è ancora il secondo obiettivo, ma non certo secondario, del nostro Incontro. E poiché il laico è chiamato a vivere il carisma di p. Dehon secondo il suo stato laicale, è opportuno che i laici stessi ricerchino la “dimensione laicale” della spiritualità e della missione dehoniana loro affidata. Infine c’è da riflettere sui rapporti da avviare, fra i vari gruppi del Laicato dehoniano, a livello nazionale, continentale e internazionale. Infine, se siamo tutti fratelli e sorelle, in quanto figli di p. Dehon, secondo quali modalità promuovere l’incontro fra quanti, nella stessa nazione e nel mondo, si riconoscono figli di p. Dehon?

Conclusione

Non rimane adesso che augurarci reciprocamente un buon lavoro, come stiamo facendo da due giorni; ora dobbiamo entrare più nel vivo della ricerca e nella condivisione per conseguire gli scopi di quest’Incontro.

L’augurio è che sia un tempo di crescita in comune; che ci disponga alle novità che lo Spirito ancora ci riserva.

Che questo lavoro non ci chiuda in noi stessi; il traguardo finale è la nostra partecipazione piena e specifica nella missione della Chiesa; l’orizzonte di questa missione, per noi Famiglia dehoniana, è il “Regno del Sacro Cuore di Gesù nelle anime e nelle società”.