DOSSIER CENTRALE

FARE MEMORIA DEI NOSTRI MARTIRI

IL BEATO JUAN MARIA DE LA CRUZ

E COMPAGNI MARTIRI

Andrea Tessarolo, scj

1. La beatificazione di 233 martiri spagnoli

Deve essere festa per tutti. Ogni beatificazione è segno che la parola di Dio è sempre attuale ed efficace nella vita dei credenti. E attraverso questi segni, lo Spirito di Dio, nel tempo e nell’ora opportuna, offre a noi modelli di una vita… fedele a Cristo, forte nella fede, vissuta nella carità.

Per tutti i credenti, quindi, una beatificazione deve essere motivo di festa. Ma in questa occasione per la Famiglia Dehoniana ci sono motivi speciali. In primo luogo, per il grande numero dei martiri proclamati “beati”; una beatificazione che è la prima del nuovo millennio. Ma soprattutto perché tra quei 233 martiri c’è anche un “Sacerdote del S. Cuore”, JUAN MARIA DE LA CRUZ, il primo “dehoniano” elevato all’onore degli altari.

Avere un confratello “santo” è una grazia e suscita in noi sentimenti di gratitudine e di lode al Signore. “Questo momento, ci ricorda il p. Generale, possa ravvivare in tutta la Famiglia Dehoniana la coscienza della chiamata universale alla santità e l’importanza di mettere al centro della nostra vita quella spiritualità forte e solida che caratterizza la vocazione dehoniana”.

2. La persecuzione contro la Chiesa nella Spagna repubblicana

Per capire la tragedia spagnola del 1936, e soprattutto la Chiesa di Spagna che in quegli anni subì la più dura persecuzione della sua storia, è necessario ricordare brevemente le tappe del governo repubblicano, iniziato cinque anni prima. E proprio quell’inizio, nel 1931, non poteva essere più triste, perché segna anche l’inizio della persecuzione, prima in modo subdolo e poi dal 1936 apertamente. Dal 1931 infatti, dove comunisti, socialisti e anarchici potevano agire, con l’appoggio del governo autonomo della Catalogna, tutto ciò che aveva rapporto con la Chiesa veniva incendiato, saccheggiato, distrutto: chiese, seminari, canoniche, conventi, arredi sacri, tesori artistici… 13 vescovi, 4184 sacerdoti, 2365 religiosi, 283 suore e migliaia di laici cattolici furono uccisi.

Le prime vittorie degli anarchici si ebbero nel mese di ottobre 1934, durante la cosiddetta “rivoluzione delle Asturie”, quando furono incendiate 58 chiese e assassinati 37 ecclesiastici. Sono chiamati i martiri di Turón. Questa situazione di ostilità contro la Chiesa divenne persecuzione fanatica a partire dal 18 luglio 1936, cioè con l’inizio del conflitto provocato dall’insurrezione del Movimento nazionale del Generale Franco.

La gravità di questa azione persecutoria fu tale che già nei primi mesi si giunse a un numero elevatissimo di ecclesiastici torturati e uccisi - 6500 - con la distruzione totale di ogni segno o presenza religiosa nella cosiddetta “zona rossa”.

In questa cifra sono compresi i 233 martiri beatificati l’11 marzo scorso. Sono martiri la cui beatificazione è stata promossa dalla diocesi di Valenza. Comprende sacerdoti e laici di questa diocesi; ma anche religiosi e religiose di diversi Istituti e Congregazioni che hanno avuto un certo rapporto con quella diocesi.

Questa beatificazione collettiva, di 233 martiri di estrazione così diversa, esprime la comunione dei santi e il senso ecclesiale di unità dei carismi nella Chiesa. È anche manifestazione della forza dello Spirito Santo che agisce in ogni battezzato. Perciò è sembrato opportuno riunirli tutti insieme in un unico rito, il più numeroso nella storia delle beatificazioni, superiore perfino a quello fatto dal beato Pio IX nel 1867 con la beatificazione dei 205 martiri del Giappone dei secoli XVI e XVII. Essi sono i primi martiri beatificati del Terzo Millennio e il primo frutto spirituale del Grande Giubileo del 2000, nel corso del quale si sono conclusi i rispettivi processi canonici.

3. I processi e la “positio”

È doveroso sottolineare che questa beatificazione unisce 16 diversi processi, 14 dei quali sono stati istruiti presso l’Arcidiocesi di Valencia, e comprendono un totale di 226 persone; uno si è svolto presso la Curia di Barcellona (quello dei Francescani Conventuali) e un altro presso la Curia di Lurida e riguarda il laico Francisco Castelló Aleu.

Ogni Ordine e Congregazione Religiosa iniziò a Valencia, negli anni Quaranta e Cinquanta del secolo scorso, i processi dei propri membri.

La Positio di ognuna di queste cause è stata elaborata con rigoroso criterio scientifico e sintetizza un ingente materiale più che sufficiente per esprimere un parere sul martirio di questi 233 eroi della fede cattolica. Inoltre sono stati inseriti migliaia di documenti dalla Commissione Storico-Archivista, istituita dall’Arcivescovo di Valencia, mettendo in risalto che lo spargimento di sangue è stato il culmine di un esercizio esemplare delle virtù cristiane e di una intensa preparazione all’eroica testimonianza di Cristo…

4. Martyr est qui pro Cristo mortem patitur

Questi martiri furono arrestati perché rifiutavano un sistema carico di atea disumanità. Quanto all’“odium Fidei” nei persecutori, tutte le testimonianze orali e documentarie convergono nel dichiarare esplicitamente che il motivo dell’arresto e della condanna, senza previo processo, fu la loro appartenenza alla Chiesa cattolica e che la morte fu inflitta per la loro azione pastorale e religiosa, nel clima fortemente antireligioso e anticlericale dei dirigenti repubblicani spagnoli. Essi erano completamente estranei alle lotte politiche e alle ideologie imperanti. In riferimento poi alle vittime, la vita virtuosa e l’impegno di testimonianza di ognuna di esse, costituiscono la migliore prova della loro disposizione al martirio. Inoltre, non opposero alcuna resistenza agli uccisori, scorgendo in tutto la volontà di Dio e sull’esempio del divino Crocifisso perdonando tutti in totale adesione alla divina volontà.

In conclusione, dallo studio degli Atti risultano presenti, per tutti i 233 nuovi beati, gli elementi teologici del martirio.

5. Il beato Juan Maria de la Cruz “sacerdote del S. Cuore”

Tra queste 233 “cause”, una porta il nome di “Mariano García Méndez”, in religione Juan Maria de la Cruz. Un confratello che seguì da vicino la sua “causa”, ha pubblicato di lui un opuscolo dal titolo Santo per caso. Perché?

Effettivamente, se il padre Juan Maria è diventato martire, umanamente parlando lo deve al “caso” del tutto fortuito che verso la fine di luglio del 1936 gli capitò di passare per le vie di Valencia, travestito da contadino per sottrarsi al pericolo di essere riconosciuto come prete; ma vedendo delle chiese profanate e alcuni scalmanati dare alle fiamme oggetti sacri, lui temperamento impulsivo, non seppe trattenersi e proferì alcune frasi di protesta.

Uno dei rivoltosi, al sentirlo, l’apostrofò dicendo: “Ma allora anche tu sei un reazionario”. A che il padre Juan rispose: “Io sono sacerdote”.

A queste parole, venne subito arrestato e condotto nel Carcere Modello di Valencia, assieme a molti altri sacerdoti, religiosi e laici. E fu sistemato nella cella 476, quarta galleria.

Era imprigionato con lui anche l’idraulico del carcere, che lasciò di p. Juan questa testimonianza: “Si comportava sempre da degnissimo sacerdote. Se si trovava nel cortile e sentiva suonare le ore, recitava delle preghiere con chiunque fosse lì. Una cosa che vidi fare in molte occasioni. Altre volte io stesso lo vidi pregare in cella. Con nessuno si mostrò mai sgarbato”.

Un altro suo compagno di carcere di Valencia fu il religioso redentorista p. Tomás Vega. Anche lui di p. Juan lasciò scritto, tra l’altro: “Di pomeriggio, ogni sacerdote normalmente si riuniva con un gruppo di carcerati per recitare il Santo Rosario; il p. Juanito aveva un gruppo scelto, e non diceva solo il Rosario bensì altre preghiere e faceva con loro la lettura spirituale. Normalmente, quando finivano le preghiere in comune, andava di gruppo in gruppo ad incoraggiare tutti nella virtù e nell’amore di Dio. Era davvero fervoroso. Un giorno, scendendo in cortile, mi disse che aveva avuto una gran gioia: quella mattina aveva ricevuto Gesù Sacramentato. Un professore del Seminario era entrato in quei giorni nel carcere, ed aveva portato con sé il Santo Sacramento; il p. Juanito insistette tanto fino ad ottenere la Santa Comunione. Anzi, di più: ottenne che quel professore gli lasciasse un giorno il Santo Sacramento, e fu per lui un giorno celestiale.

Dopo un mese di reclusione, prosegue il p. Tomás, “ci reclusero nelle celle… e non potei accompagnarlo più. Ma a tutti lasciò un ricordo profondo della sua santità e virtù… Pochi giorni dopo venimmo a sapere che era uscito dal carcere: non sapevamo però che era uscito per il martirio. Fu uno dei primi del Carcere Modello di Valencia che diedero la vita per il Signore e per la Spagna. Felice lui che raggiunse la palma del martirio. Felice la sua Congregazione oggi glorificata per un così eccelso martire!”

Il p. Zicke, che lo conosceva molto bene, descrive così la vita spirituale del nuovo beato: “La sua pietà brillava per l’amore straordinario al Santissimo Sacramento e alla Santa Vergine […] Il tema favorito delle sue predicazioni ed istruzioni era l’amore misericordioso del Sacro Cuore. Visitava i santuari della Vergine a costo di grandi sacrifici. Il Breviario lo recitava con estrema scrupolosità […] Nella celebrazione della Santa Messa poneva più tempo dell’ordinario, particolarmente nel momento della Consacrazione […] In molte occasioni manifestò il suo zelo per la gloria di Dio”.