VITA DELLA CONGREGAZIONE

IL TEMPO DELLA PRESENZA SCJ

NELL'ARCIDIOCESI DI YAOUNDÉ

Alban Pascal Noudjom Tchana, scj

Ho scelto di intitolare queste note così: il tempo del presenza SCJ nell'Arcidiocesi di Yaoundé. Il mio scopo è di cercare, bene o male, di fare vedere le ragioni che hanno portato i Sacerdoti del Sacro Cuore nell'Arcidiocesi di Yaoundé, come è avvenuto l'insediamento delle diverse comunità e di mostrare poi come questa presenza è vissuta oggi nei diversi luoghi dove ci troviamo (NB. Prima la nostra presenza in Camerun si limitava alle diocesi di Foumban e Nkongsamba).

Proverò allora a rispondere alle seguenti domande: - a quando risale la presenza dehoniana nell'Arcidiocesi di Yaoundé? - a chi è dovuta? Quali le ragioni che la giustificano? - come è vissuta questa presenza nelle diverse comunità e settori parrocchiali?

Uno dei motivi più impellenti che, a mio avviso, hanno spinto a questa presenza è stato la preoccupazione di fedeltà alle intuizioni del nostro carisma. Questa preoccupazione è presente nelle nostre costituzioni in due passi.

Il primo passo è quello dei nn. 26, 27, 28 delle nostre costituzioni: «Come Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, noi viviamo oggi nel nostro Istituto l'eredità di Padre Dehon. Siamo dei religiosi consacrati al Signore con voti, in una prospettiva spirituale riconosciuta dalla Chiesa quella del Fondatore.

Come ogni carisma nella Chiesa, il nostro carisma profetico ci mette al servizio della missione salvifica del Popolo di Dio nel mondo di oggi.

Avidi dell'intimità del Signore, cerchiamo i segni della sua presenza nella vita degli uomini, dove opera il suo amore che salva».

Il secondo passo si trova nelle costituzioni al n. 87: «Chiamati a far fruttificare il carisma di Padre Dehon, vogliamo partecipare a questa attività dello Spirito; risponderemo all'esortazione del Cristo: `Pregate dunque il padrone della messe perché mandi operai nella sua messe' (Lc 10,2); saremo nello stesso tempo presenti nelle diverse iniziative della Chiesa per la pastorale delle vocazioni».

Queste due esigenze delle costituzioni hanno portato a questa presenza: il dovere per il dehoniano di andare dovunque c'è bisogno, come apostolo e pastore, per predicare il regno di amore voluto dal Sacro Cuore di Gesù; poi l'altro dovere, che è legato intimamente al primo, di assicurare una pastorale per le vocazioni; tale pastorale potrà garantire la continuità di questa missione di apostoli al servizio del Cuore di Gesù. L'apostolato a servizio della chiesa è il primo dovere; la pastorale delle vocazioni è solamente una conseguenza del primo dovere e serve ad assicurare una posterità per continuare l'opera.

Come vedremo in seguito, sono queste due preoccupazioni che hanno spinto i nostri padri a realizzare una presenza nell'arcidiocesi di Yaoundé.

Sappiamo tutti che un testo, qualunque esso sia, ha una sua credibilità ed un suo valore dal rapporto con la storia, con la realtà dei fatti di quel tempo. Ho pensato che non sia molto convincente e concreto basarmi solo su degli scritti; ho giudicato più opportuno ricorrere a tre testimonianze dirette, a tre anziani che sono stati attori o almeno testimoni nel momento in cui si impiantava quel cantiere missionario. Ho incontrato perciò il p Léon Kamgang ed il p. Francesco Siou. Ho fatto pervenire al p. Félicien, curato di Mfou, un questionario al quale egli ha voluto gentilmente rispondere.

A dire la verità, una volta avuti in mano tutti questi elementi, mi sono limitato ad un semplice esercizio di montaggio o ad una specie di puzzle. Definire bene le differenti sorgenti, accordarle: ecco tutto il mio lavoro. Mi è dispiaciuto molto apprendere che il p. Zerr non c'è più; avrei potuto raccogliere da lui un buon numero di notizie. Come vedremo è stato il perno della nostra presenza in questa missione.

A quando risale la nostra presenza qui? Quali le ragioni e le circostanze che la giustificano? Penso che, per inoltrarci in questi argomenti, occorra ripercorrere la storia.

II p. Goustan Le Bayon nota nel suo libro che, nel 1910, i Sacerdoti del Sacro Cuore sono numerosi in Germania. È proprio per questo che p. Dehon pensa subito ad una colonia tedesca particolarmente per il Camerun dove egli vede un vasto campo missionario. Dal 1910 e 1911, si stabilisce un scambio di lettere tra i p. Dehon ed i Pallotini che sono allora, sotto la protezione di Monsignor Vieter, responsabili del vicariato apostolico del Camerun. Conclusione di questi passi: la congregazione di Propaganda Fide concede ai dehoniani la missione dell'Adamaoua. Questa missione si estende da Bonaberie sul Litorale, passa per l'Adamaoua e arriva fino al lago Ciad. A questa zona è attribuito il nome di prefettura apostolica dell'Adamaoua. Nel 1912, i dehoniani arrivano a Douala. Nel 1914, la prima guerra mondiale esplode; i combattimenti non sono favorevoli ai soldati tedeschi. Per una clausola della conferenza di Berlino (1884-1886), che voleva che l'evangelizzazione fosse assicurata dai preti o religiosi nativi del paese colonizzatore, i Padri tedeschi sono chiamati a lasciare le missioni ovunque. Per questo motivo andranno a fondare la congregazione in Spagna.

Intanto vengono sostituiti dai padri dehoniani di origine francese. Questa partenza in massa dei padri tedeschi va a creare un vuoto nella presenza dei padri disponibili per la missione e a restringere perciò anche il campo missionario SU a quello che è chiamato il Vicariato apostolico di Foumban. Questo vicariato comprende la metà dell'Adamaoua e si estende fino a Bonaberie. Mons. Plissoneau e Mons. Bouque, ambedue vescovi SCJ, si succedono rispettivamente a capo di questo vicariato. I1 vicariato di Foumban diventa nel 1955 diocesi di Nkongsamba. Nel 1964, Mons. Bouque cede il campo al clero diocesano. I1 16 agosto 1964, Mons. Ndongmo diventa così il primo vescovo indigeno di questa nuova diocesi. Mons. Nkuissi gli succederà il 29 gennaio 1973. È allora che comincia il periodo di confronto diretto tra lui e i dehoniani. È questa la parte di storia che bisognava considerare per poter rispondere alla domanda.

In occasione di un incontro dei vescovi a Bamenda, il defunto arcivescovo Zoa disse a Mons. Thomas Nkuissi: «Se un giorno, sentirete dire che i preti del Sacro Cuore sono nell'arcidiocesi di Yaoundé, sappiate che è stato dietro mia richiesta». E Mons. Nkuissi rispose: «Prendeteli tutti se li volete». Questo piccolo aneddoto mi è stato riferito da p. Siou.

Ecco un altro fatto che dimostra già lo stato di tensione nelle relazioni tra lui ed i dehoniani. Mons. Nkuissi aveva dato 48 ore al p. Goustan Le Bayon per fare le sue valigie e lasciare la sua diocesi, lui che, secondo il p. Léon Kamgang, era arrivato come missionario in Camerun all'età di 25 anni e vi aveva passato tutta la sua vita. Bisogna ricordare che aveva 75 anni quando questo incidente avvenne. P. le Bayon, che voleva restare in missione, dopo aver lasciato la diocesi di Nkongsamba, passò alla diocesi di Douala. Là, ottenne da Mons. Victor Tonye la nomina di vicario della cattedrale. In seguito ha creato la parrocchia di Congo. Ha chiesto allora l'appoggio di un confratello che potesse lavorare con lui a Douala. Ora andare a Douala per alcuni poteva significare «sfuggire alle difficoltà». È per questo motivo che il proposito di seminare altrove venne messo in «frigo». Il padre Le Bayon ritornò dunque in Francia dove ottenne una parrocchia nella sua diocesi di Vanne, e precisamente a Kevin. Tutte queste piccole storie ci aiutano a capire il contesto e le circostanze che hanno portato a cercare altrove.

Bisogna notare però che questa idea di andare in un'altra diocesi datava da molto tempo. Mons. Lambert Van Heghen, vescovo della diocesi di Bertoua, aveva già sollecitato la presenza dei nostri padri. Parimenti si deve dire del vescovo della diocesi di Kumbo e di Douala. Se ritorniamo alla diocesi da Nkongsamba, constatiamo che, con Mons. Nkuissi, il problema è ambiguo: non è in buoni rapporti coi dehoniani, vuole la loro partenza dalla sua diocesi ed allo stesso tempo non vuole vederli istallati altrove. Un altro errore nella diocesi di Nkongsamba era di pensare la congregazione come una proprietà privata della diocesi. Partendo da questo punto di vista, i nostri non avevano il diritto di andare altrove senza aver ricevuto il permesso dell'ordinario del luogo.

Il tempo passa, e a poco a poco nel pensiero del p. Zerr si fa strada il desiderio di andare a fondare in un'altra diocesi. Alla fine del suo mandato come superiore regionale, nel 1978, pensa che è tempo di andare su altre rive, di aprirsi ad altre prospettive per proporre il nostro carisma. Fin dal suo ritorno dalle ferie, è deciso a partire per la diocesi di Yaoundé dove ha già preso contatti con Mons. Zoa. Tre proposte gli sono vengono fatte: Mvan, Nkongoa, Nkilzock.

Il p. Zerr preferisce Nkongoa perché questa parrocchia è adatta a lui ed ha già un canonica costruita da un padre tedesco. È dunque al ritorno dalle sue ferie, nel settembre 1978, che egli vi si stabilisce. Il p. Jean Bosco van den Berg lo raggiunge due mesi dopo perché non bisognava lasciare il confratello solo. Quando Mons. Nkuissi apprende che il p. Zerr si è istallato a Yaoundé, incontra il p. Siou, allora Superiore regionale, e gli dice: «Con quale diritto siete entrati nell'arcidiocesi di Yaoundé?», e la sua risposta fu: «Siamo una congregazione internazionale e di conseguenza, non siamo di fatto legati a nessuna diocesi. Abbiamo il diritto di fondare altrove ma senza ogni volta nuocere alla diocesi in che noi operiamo» .

Chiedeva così che fosse rispettato lo statuto delle congregazioni religiose, stabilito dalla Santa Sede il 24 febbraio 1969, statuto che concedeva agli istituti religiosi, impiantati in un territorio di missione, «Il diritto di conservare il loro carattere proprio e la loro legittima autonomia, la facoltà di fondare delle case ad normam juris, e di incoraggiare le vocazioni per la loro famiglia religiosa».'

Il p. Siou riporta un altro contrasto, ma questa volta con 1'abbé Bernard Nkuissi. Quando 1'abbé Nkuissi venne destinato a Kousseri, nel Nord-Camerun, chiese di incontrare il p. Siou.

«Parto, disse, ma ho un rimprovero a farvi: non avreste dovuto lasciare la diocesi di Nkongsamba».

II p. Siou gli rispose: «Siamo liberi di andare dove vogliamo, dove pensiamo sia meglio per noi e per la congregazione».

Per riassumere, possiamo dire che la volontà di fondare nell'arcidiocesi di Yaoundé è nata sia dal desiderio di aprirci alle nuove prospettive (apostolato, pastorale delle vocazioni) sia dalla preoccupazione di valorizzare il carattere internazionale della congregazione che, per vari malintesi, tendeva ad essere considerata come una proprietà privata della diocesi di Nkongsamba. Mons. Zoa, per primo ha sollecitato la presenza SCJ nella sua arcidiocesi; il p. Zerr, nel 1978, ha concretizzato questa presenza andando ad installarvisi.

Prima di partire per Yaoundé, è stato necessario mettere a posto le cose. Fondare a Yaoundé, come nota il p. Siou, poteva essere interpretato come un rifugio, una scappatoia. Perciò era necessario considerare questa presenza sotto un segno positivo: se si fondava a Yaoundé, non era per sfuggire alle difficoltà della diocesi di Nkongsamba, ma perché il nostro statuto di istituto internazionale chiedeva la nostra presenza anche in altre diocesi.

«Non bisogna fondare, commenta p. Siou, per fare un dispetto. Si fondi perché si vuole che il regno del Sacro Cuore ed i preti del Sacro Cuore siano conosciuti in altri luoghi e non solo nella diocesi di cui si è pionieri. Non è bene bloccarsi in un solo luogo; così, si rischia di soffocare. Bisogna andare verso le strade che offrono delle nuove prospettive di apostolato e di vocazioni. P. Dehon stesso, con coraggio, andava altrove. Bisogna andare là dove siamo chiamati e coi mezzi che abbiamo. Andare altrove, è un buon un atteggiamento evangelico; tutta la vita Cristo è fatta di piccole partenze».

Una volta nell'arcidiocesi, vediamo come è avvenuto l'insediamento dei primi confratelli. Da dove è sorto il desiderio di aprire uno scolasticato a Ngoya?

Il 1 ° ottobre 1979, fondazione del noviziato a Ndoungué, alla presenza dei vescovi André Wouking e Thomas Nkuissi. Prima ancora del 1980, data della professione del primo gruppo di novizi, si poneva la domanda dove collocare quelli che dovevano fare i voti. È allora che si è preso contatto con la provincia dello Zaire (nuova R.D.C.). Il progetto è di stabilire un scolasticato a Kinshasa nella parrocchia del Cristo Molobeli.2 Nell'ottobre 1980 vengono dunque costruite quattro camere per accogliere i tre neoprofessi. Più tardi si porrà la questione della teologia. 1 primi due studenti di teologia vanno a fare comunità coi CICM a Ngoya. Durante i week-end, andranno a raggiungere i confratelli o a Nkongoa o a Nkilzock. Dopo discussione con lo Zaire (nuova R.D.C.), si sceglie Yaoundé per ospitare la teologia. Perché Yaoundé? A causa delle strutture che vi sono già sul posto ed anche quelli che sono in progetto. A quell'epoca, c'era in progetto l'istituto cattolico, il grande seminario, l'istituto di teologia di Ngoya ed infine il grande concorso delle congregazioni per installarsi nella città. È così che si arriva al progetto di acquisto di una casa a Yaoundé.

Nel 1984, il p. Léon Kamgang diventa Superiore religioso. Sostituisce il p. Siou. Approfittando del soggiorno nella curia provinciale di Nkongsamba del p. Lesenne, un gesuita; il p. Léon Kamgang gli esprime il suo desiderio di poter ottenere un terreno a Yaoundé per i suoi giovani in formazione. È allora che il padre gli parla di una casa che essi hanno e che non usano più. L'acquisto del terreno e della casa viene a costare 50 milioni. È una proprietà di 2000 mq che prenderà il nome di Maison André Prévot.

Nel 1985, viene lanciata l'idea di un consorzio che comprende gli scheutisti, i missionari del Sacro Cuore ed i Sacerdoti del Sacro Cuore. Da parte di tutti c'è la volontà che questo consorzio sia nel cuore della città perché si dice che Ngoya è la boscaglia e quindi non offre delle grandi prospettive di apostolato. Un terreno di un mezzo ettaro è dunque disponibile. Si stabilisce che ogni congregazione debba dare 50 milioni senza contare le spese di costruzione. Il tutto è stimato a circa 300 milioni di franchi francesi.

P. Léon si oppone però alla realizzazione di un tale progetto. È dell'idea di lasciare l'istituto di teologia a Ngoya. L'idea viene portata avanti e finalmente si impone. I primi scolastici dehoniani lasceranno la Maison André Prévot per l'istituto di Ngoya, un tragitto di 50 km, se si conta andata e ritorno. In previsione del numero dei giovani che arriveranno, si vuole acquistare un terreno di fronte alla Maison André Prévot per costruire altre camere. II p. Léon giudica più economico e pratico procurarsi del terreno per l'istituto nelle vicinanze di Ngoya. Dopo una discussione, molti pensano che sia meglio vendere André Prévót ed con questo denaro acquistare un terreno a Ngoya. Il p. Léon ancora una volta giudica meglio conservare André Prévot ed acquistare un altro terreno a Ngoya; perché pensa che la presenza in città sia altrettanto necessaria. È solamente in città che si potrà meglio diffondere il nostro carisma. Questo comportamento gli vale l'epiteto di uomo incostante e precipitoso. Alla fine si sceglie di conservare André Prévot e di acquistare un terreno a Ngoya. Per questo è p. Cyprien Mbuka, allora superiore della comunità degli scheutisti, che va ad aiutare il p. Léon nell'acquisto del sito dove ci troviamo. Il primo superiore degli scolastici alla Maison André Prévot sarà il p. Lapaw.

Installato a Ngoya, il primo superiore sarà il p. Carlo Biasin, assistito dal p. Felicien che era professore di Sacra Scrittura e dal p. Giorgio. II primo gruppo di scolastici era di tre: i Fr. Engelbert, Lutété e Léonard. II p. Carlo amava chiamarli «i tre moschettieri». 3 Citiamo questo solo per mettere in risalto la crescita del numero degli studenti. In dieci anni, si è passato da una casa di tre a ventidue studenti di teologia. Bisogna dire che a partire dal 1997, i giovani della provincia del Mozambico sono venuti ad aumentare il carattere internazionale della comunità. A questo gruppo di studenti di teologia si aggiungono diciotto studenti di filosofia. Nella gioia come nelle prove di tutti i giorni, viviamo, accompagnati dai nostri formatori, questo ideale di vita gioiosa che ci propone il Cristo per il nostro carisma.

Siamo molto coscienti che l'avvenire della vita religiosa dehoniana di domani in Africa dipenderà anche da noi.

Che dire della parrocchia di Elig-edzoa?

La parrocchia all'inizio era gestita dai preti delle missioni straniere. Ora essi sono a Ngousso. Perché dunque la nostra presenza ad Elig-edzoa? Secondo un principio, molto caro a Mons. Zoa, ogni congregazione che si stabiliva nella sua diocesi doveva avere a carico una parrocchia. Il sito di allora non era quello di oggi. Una domenica, un giornalista si ferma ad Elig-edzoa per la messa domenicale. Di ritorno al suo lavoro, prepara un articolo per il settimanale Cameroun Tribune. Intitola questo articolo: il diavolo ed il buono Dio ad Eligedzoa. Il buono Dio perché è là si diceva la messa. II diavolo perché, mentre si celebrava l'eucarestia, alcuni suonavano a tutto volume canzoni d'amore. Con questo ritaglio di giornale, p. Léon andò a visitare il delegato del governo nella comunità urbana di Yaoundé. Quest'ultimo gli concesse un terreno, non perché si trattava della chiesa, ma per non essere più molestato da quel confratello che lo importunava.

E la nostra presenza a Mfou?

La nostra presenza a Mfou data dal 1979-1980. Questa presenza, si può fare coincidere con la nascita della chiesa parrocchiale dedicata a «Maria madre di Dio». Il primo parroco fu il confratello olandese p. Cornelio van den Berg. La parrocchia conta circa 1400 cristiani con più di 20 anni. Si estende su quattro quartieri della città e 9 villaggi della brousse. Ciò che il compianto Mons. Jean Zoa chiedeva ai nostri padri era una pastorale di vicinanza alle persone. E una parrocchia che cammina. Si evolve grazie ai suoi movimenti e gruppi di giovani che sono otto, per i suoi gruppi di adulti che sono nove. Il p. Felicien, attuale parroco, citava come difficoltà la situazione penosa delle relazioni uomo-donna, il numero ristretto di matrimoni, le innumerevoli famiglie irregolari, i bambini abbandonati. A suo parere questi campi pastorali restano impossibili a causa dell'opposizione apparentemente invincibile dei costumi locali.

Passiamo adesso all'ultimo punto circa la presenza dehoniana nell'arcidiocesi di Yaoundé: il rapporto con le persone ed il rapporto con la gerarchia.

li rapporto con la gerarchia locale

I padri Léon e Siou hanno parlato di un buon rapporto con il compianto arcivescovo Zoa: è per sua iniziativa che siamo venuti a Yaoundé. Era molto vicino ai Sacerdoti del Sacro Cuore. Conosceva il nostro carisma e ciò può giustificare anche il fatto che abbia detto a Mons. Thomas Nkuissi che, se sentiva che i preti del Sacro Cuore erano a Yaoundé, ciò era dovuto ad una sua richiesta. Stimava molto la nostra pastorale che ci rende molto solidali e vicini delle persone.

È stato favorevole al nostro insediamento a Ngoya che all'epoca dipendeva dalla sua diocesi. È lui che ha dato tutte le autorizzazioni necessarie al nostro insediamento qui. Tutto questo probabilmente a causa del nostro atteggiamento di stima nei suoi riguardi. Alcuni esempi concreti.

II p. Léon aveva ottenuto il terreno della parrocchia Michele Arcangelo di Elig-edzoa. Ha dato il titolo fondiario a Mons. Zoa. Ha ottenuto quello di Ntem-assi, gli ha dato il titolo fondiario. Ha ottenuto il terreno di Nkolebogo, gli ha dato il titolo fondiario. Parimenti a Mfou, il p. André Gravejat ha ottenuto un terreno, gli ha dato il titolo fondiario. E per tutti questi gesti, apparentemente ordinari, Mons. Zoa diceva: «Voi preti del Sacro Cuore siete formidabili».

Un giorno, fa chiamare il p. Léon e gli dice: «Tu che sei straniero, tu che sei bamiléke,4 sai ottenermi tutte le cose per 1'arcidiocesi». E, durante un altro incontro, gli fa questa confessione: «Finché sarò a Mvolye,5 tu sarai sempre vicino a me».

Ciò che mi ha colpito personalmente in tutto questo, è stata l'idea che le persone possono farsi della congregazione soltanto a partire dal comportamento positivo di due individui. Recentemente, a Ndoungué, chiedevo a p. Léon quale era stato, secondo lui, l'apporto specifico dei dehoniani nell'arcidiocesi. Sinceramente mi ha risposto che non c'è stato, a sua conoscenza, un apporto specifico che possiamo attribuirci. La devozione del primo venerdì, l'adorazione eucaristica erano già state introdotte dai padri spiritani.

Ma tuttavia, mi ha detto che, se si chiedeva ad un cristiano qualunque quale fosse la differenza tra i preti del Sacro Cuore e gli altri, avrebbe detto sicuramente che noi siamo pienamente dediti al nostro compito, e che ciò porta alla spiritualità ed alla devozione. Ed in seguito, mi ha ricordato

questo rimprovero, che si faceva spesso ai preti del Sacro Cuore, di essere rigorosi e severi.

Questa è una bella testimonianza, proprio a scorno dei delatori, a favore della serietà con cui

svolgiamo il nostro impegno nella vita religiosa e nella pastorale.

Nell'arcidiocesi di Yaoundé, siamo presenti in tre città: Yaoundé, Mfou e Ngoya. Conduciamo una vita religiosa in comunità di due, tre o più membri. Le nostre due principali occupazioni sono l'apostolato parrocchiale e la formazione teologica dei giovani religiosi a Ngoya. Da poco, la casa è «squatté» per gli studenti in filosofa che non sono potuti andare in RDC a causa della situazione politica del paese. Rimane sempre, come richiama il p. Provinciale, che per noi filosofi , la nostra casa di accoglienza per la flosofia è Kisangani. Aspettando il nostro eventuale rimpatrio, facciamo filososfia all'istituto Mukasa.

In breve, ecco le caratteristiche della nostra presenza nell'arcidiocesi I dehoniani tentano di proporre, agli uomini, alle donne ed ai giovani, un cammino di vita nella spiritualità del Cuore trafitto. Questo è il nostro modo di amare questa porzione del mondo dove siamo, di guarirla dei suoi mali, di partecipare all'ideale di riconciliazione degli uomini. E in ciò, in questa ricerca del Sint Unum ci affermiamo come discepoli del p. Dehon. Senza gesti eclatanti, conduciamo una vita ordinaria, ma impegnata. Poco a poco, scaviamo, come ama dire p. Siou, il nostro piccolo solco nell'arcidiocesi. Nkongoa, Nkilzock, Yaoundé, Ngoya, Mfou: quattro solchi che abbiamo tracciato. Il frutto di questo lavoro si misura dal numero di vocazioni già presenti nelle nostre case di formazione, che si pensavano troppo vaste all'inizio.

A padre Siou, ho chiesto perché si non è tentato l'esperienza di un'opera sul tipo di p. Bernard Groux (il JED)G a Yaoundé. La sua risposta mi ha edificato molto e mi ha fatto guadagnare un corso gratuito e pratico di teologia pastorale. Parte da questo principio di base che è la vita che detta l'orientamento o le scelte apostoliche a fare. È convinto che un'opera pensata a tavolino, con un schema razionale, non resiste alla prova del tempo. Dice non avere vissuto, durante il suo mandato di Superiore regionale, una situazione speciale coi giovani in difficoltà che potevano inclinarlo ad aderire ad una simile iniziativa. Questa risposta, l'ho messa in rapporto con ciò che diceva p. Antonio, mentre si voleva elaborare un progetto di fondazione di un gruppo di famiglie che condividano il carisma dehoniano. Il suo pensiero si può riassumere così: lasciare sgorgare nelle persone il desiderio di vivere la nostra spiritualità. Non dipende da noi l'iniziativa di fondare dei gruppi simili. Il nostro dovere è di aiutare la loro fioritura, di camminare con essi, di rettificare, se è necessario, quello che non è secondo la nostra spiritualità.

Alla fine dei nostri colloqui, mi sono arrischiato a chiedere un consiglio a questi anziani per noi giovani generazioni che iniziamo i nostri primi passi nella vita religiosa. Il p. Léon ci chiede semplicemente di aprire gli occhi e di guardare saggiamente ciò che hanno fatto i nostri maggiori. Di informarsi sulle loro azioni tanto positive (per migliorarci) che negative (per evitare di sbattere la testa contro i loro ostacoli). Di condividere in tutto i sentimenti di Cristo e di vivere della sua vita. Di seguire sempre la via del p. Dehon realizzando il necessario aggiornamento. Il p. Siou ci invitava a lavorare sull'essere e non sul possedere ; studente in filosofia, ciò mi ha fatto ricordare immediatamente il mio corso di metafisica. Ciò che vi aiuterà domani, dice, è ciò che siamo e non ciò che abbiamo.

Si può avere anche del materiale sempre più perfezionato per la pastorale, ma senza una personalità propria ed un'ascesi di vita rigorosa, lavoriamo in perdita. Umiltà e semplicità: ecco in due parole il suo consiglio.

L'umiltà ci aiuterà ad entrare nella pastorale come i piccoli bambini. Ci disarmerà delle false ragioni fornite dal nostro bagaglio intellettuale, la nostra filosofia e teologia, le nostre logiche complesse ed i nostri schemi razionali che non hanno niente a che vedere con la realtà vissuta dalle persone. La semplicità ci libererà dalla dittatura della ragione che esercitiamo talvolta molto facilmente sui poveri cristiani che possiedono a malapena l'ABC del catechismo elementare che viene loro insegnato. Ci darà l'audacia di entrare non solo nella capanna dei ricchi, ma anche in quella dei poveri. Ascoltandoli e guardandoli, impareremo che è un'illusione credere che si ha semplicemente ragione dell'altro perché si è studiato di più. Confrontati con la realtà delle persone, le loro miserie, noi impareremo che la vera omelia, quella che tocca il cuore delle persone non è quella ricavata dai libri la vigilia alla sera; ma è quella che raggiunge direttamente le esperienze gioiose o dolorose che essi vivono.

Voglio terminare queste righe con le parole di p. Alfonso Huisken alle novizie, mentre era Superiore del noviziato nel 1997, alla festa del Sacro Cuore: «Se noi (i vecchi) siamo il crepuscolo della congregazione, voi (i giovani) siete la sua aurora».

Questa frase mi ha colpito molto. L'ho scritta nel diario di questo anno. Mi ricorda il dovere di impegnarmi nella mia formazione di giovane dehomano se voglio che la fiaccola del nostro carisma sia portata alle generazioni future.

Mi ricorda la responsabilità di assumere tutto ciò che ho vicino a me: le persone, i mezzi messi a mia disposizione, il bene degli altri.

NOTE

1. Le Bayon Goustan, Les Prêtres SGI et la naissance de l'Église au Cameroun, p. 139.

2. In francese è la parrocchia del Cristo che parla per...

3. Cfr. la rivista Scholasticat Ngoya, n. 3, 1991.

4. È una tribù del Camerun Occidentale. Mons. Zoa è del centro. Per ragioni politiche, si sono sempre messe in opposizione queste due tribù.

5. Mvolye è un quartiere della città di Yaoundé. È lì che abitava mons. Zoa. È anche il quartiere per eccellenza dove è situata la maggior parte delle comunità religiose.

6. È un'opera diocesana affidata ai Sacerdoti del S. Cuore dalla diocesi di Bafoussan. JED (Jeunes en difficulté).