DALLE NOSTRE MISSIONI
MADAGASCAR

L’ISOLA ROSSA

Nicola Giampietro, scj

Nel novembre del 1974 partiva il primo missionario dehoniano per il Madagascar. Fu il primo seme gettato in quella terra, chiamata “la grande isola rossa” per il colore rosso della terra.

Nel corso degli anni altri missionari seguirono: vennero dall’Italia, dal Portogallo e sorsero vocazioni malgasce.

Oggi, a distanza di 26 anni, la missione dehoniana del Madagascar è ricca di 22 missionari dehoniani: 9 italiani e 13 portoghesi, e 25 religiosi malgasci, divisi in 9 comunità: 5 posti missionari, una parrocchia, un piccolo seminario, un noviziato e uno scolasticato per lo studio della filosofia e della teologia. Il seme gettato nel lontano 1974 è caduto in terreno buono e ha dato i suoi frutti: il 9 dicembre scorso è stato ordinato il primo sacerdote malgascio e altri seguiranno in questi prossimi anni.

Servizio alla Chiesa

Figli della Chiesa e inviati dalla Chiesa ad annunciare la Parola, la prima preoccupazione dei religiosi dehoniani fu di consolidare la fede dei cristiani là dove il primo annuncio era stato già fatto e portato là dove non era ancora giunto.

Già nel 1600 i figli di s. Vincenzo de’ Paoli tentarono una prima evangelizzazione; ma non vi fu seguito, perché quei missionari morirono tutti in breve tempo decimati dalle malattie. Due secoli dopo, nel 1855, furono i Gesuiti a ritentare e iniziò allora la primavera della Chiesa malgascia. Oggi, su una popolazione di 14 milioni, i cattolici sono circa 4 milioni; vi sono 20 diocesi con 22 vescovi, circa 500 sacerdoti malgasci, molti centri di formazione per catechisti e per laici, scuole, dispensari, centri sociali. La Chiesa malgascia ha anche una sua figlia proclamata beata dal papa Giovanni Paolo II nel 1989: Vittoria Rasoamanarivo. Donna cristiana, sposa del figlio del primo ministro, approfittò della sua posizione prestigiosa per difendere la Chiesa dagli attacchi dei nemici e divenne preziosa collaboratrice dei primi missionari, soprattutto quando questi vennero espulsi. Al loro ritorno i missionari non trovarono una Chiesa distrutta, ma rinvigorita dal martirio e dall’azione di uomini e donne che, stretti intorno a Vittoria, avevano continuato l’opera dell’evangelizzazione, creando così una maniera propria di lavorare: una Chiesa affidata a tutto il popolo di Dio, sacerdoti e laici.

Animazione vocazionale

La pastorale vocazionale è una delle priorità delle attività pastorali dei dehoniani per assicurare vocazioni alla Chiesa e all’Istituto, che è chiamato dalla stessa Chiesa a diffondere il suo carisma: far conoscere l’amore di Dio per gli uomini, di cui il Cuore di Cristo ne è un segno; corrispondervi e operare per la riconciliazione degli uomini con Dio e tra essi stessi.

L’impegno di suscitare nuove vocazioni non è iniziato subito. I dehoniani hanno avuto bisogno di studiare la lingua, conoscere la cultura, inserirsi e farsi amare dalla gente. Dopo i primi anni hanno cominciato ad accettare quei giovani che chiedevano di essere avviati alla vita religiosa e sacerdotale. È stato necessario molto discernimento. Molti dei primi sono dovuti ritornare in famiglia. In un primo tempo la vita religiosa e sacerdotale ha una sua attrattiva, entusiasma; ma quando si comincia a percorrere il cammino della formazione e a meditare i “Valori del Regno”, non tutti sono pronti alla scelta della rinuncia per il “Regno”. La vocazione, lo sappiamo, non è una scelta da parte dell’individuo, ma una chiamata: perciò nessuna colpa se l’aspirante s’accorge di non essere al suo posto e inizia l’altro cammino: cristiano e testimone di Cristo in mezzo alla società. Sono valori, quelli del Regno, che devono essere confrontati con quelli della cultura malgascia: l’essere per la Chiesa con quello dell’appartenenza alla famiglia, per il cui benessere tutti devono lavorare; il celibato per il Regno con il valore della paternità e maternità naturale; la vita fraterna e comunitaria con le divisioni etniche e tribali.

Opera sociale

“Uscire dalla sacrestia e andare al popolo” è stato il motto che ha guidato padre Dehon nei primi anni del suo apostolato a S. Quintino, in Francia, città industriale, ma con molta povertà materiale, sociale, spirituale e una bassissima pratica cristiana.

Discepoli di padre Dehon, i suoi figli non si sono limitati all’annuncio della Parola, ma hanno operato per il benessere di tutto l’uomo. Fin dal 1976 fu studiato un progetto di piccoli interventi sociali e venne attuato con la collaborazione del gruppo di volontariato ONG “Laici per il Terzo Mondo”, espressione del “Centro di Apostolato Padre Dehon” della comunità dehoniana di Napoli. Durante 11 anni, 10 laici si sono avvicendati a Imerimandroso, prima fondazione dehoniana in Madagascar.

Gli interventi sono stati:

- nel campo rurale: accompagnamento dei contadini del luogo, sensibilizzazione a nuove culture e nuovi metodi, mettendo a disposizione anche strumenti agricoli;

- nel settore sanitario: costruzione di un dispensario ai margini della foresta e un gabinetto dentistico nel centro della missione;

- nel settore della promozione femminile e artigianale: una scuola di taglio e cucito della durata di 3 anni per le ragazze e una scuola di falegnameria per i giovani; le due iniziative hanno lo scopo primario di mettere le ragazze e i giovani nella condizione di migliorare l’arredamento della propria abitazione;

- nel settore idrico: è stata promossa la costruzione di un acquedotto lungo 25 km con la collaborazione di altri enti dello stato e di tutti i giovani e gli uomini di 21 villaggi per portare l’acqua al centro della zona, dove ci sono i servizi sanitari, scolastici e statali;

- nel settore scolastico: costruzione di 3 scuole con circa 800 alunni, dalla scuola materna fino alla terza media e, ultimamente, anche un’università, per lo studio di agraria, informatica e dottrine sociali.

Come in tutti i paesi del sud del mondo, anche in Madagascar la vita politica e sociale non è facile. La democrazia, il bene del popolo, la giustizia sono tutti valori che fanno fatica ad affermarsi. Molto spesso i vescovi malgasci sono intervenuti con lettere pastorali per richiamare i politici a promuovere di più il bene della nazione e a esortare i laici a prendere le loro responsabilità nel campo sociale e politico, ma vi è ancora molta strada da percorrere. Molte volte un sentimento d’impotenza e fatalismo si impadronisce degli uomini di buona volontà.

Non mancano segni di speranza: diversi settori dell’economia una volta gestiti da cooperative statali, spesso sempre in perdita, sono passati a imprese private; con la ricchezza, anche se importata e forse non accessibile a tutti, almeno sono aumentati i posti di lavoro e le possibilità di migliorare il proprio livello di vita; il Madagascar ha delle risorse naturali e un clima che permette diverse colture; è ricca di diamanti e di risorse umane capaci di aprirsi al progresso, se vi saranno altre politiche da parte dello Stato.

Ecco, cari amici, un piccolo quadro della grande “Isola rossa” dove i nostri padri cercano di diffondere l’amore di Dio per l’uomo. Questo è possibile anche grazie alla generosità di tanti cristiani, e tra questi anche voi, che non potendo partire per le Missioni, partecipate all’opera missionaria con la preghiera e l’offerta.

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P. Nicola Giampietro scj, di origine italiana, è membro della Regione del Madagascar, dove ha lavorato sin dal 1975, principalmente nella pastorale parrocchiale. Dopo un tempo di servizio come superiore dello scolasticato, è attualmente parroco della parrocchia Notre-Dame de Fatima, in Antananarivo.