Il dopo Recife:
la provincia dell'Italia Meridionale riflette in un corso di Formazione Permenent


dall'8 all'11 ottobre 2001

Sommario

La conferenza di Recife ha esplicitamente invitato le province religiose ad organizzare un corso di FP sul tema della globalizzazione. Il provinciale dell'IM ha ritenuto opportuno affidare il compito alla commissione di Giustizia e Pace. La scelta di suddetta commissione si è diretta verso una metodologia deduttiva. Privileggiando lo sguardo della fede (cfr Lc 5,1-11) si è passati ad analizzare il fenomeno della globalizzazione, chiedendoci successivamente quale fosse la posizione attuale della chiesa. Il vissuto dei religiosi nella chiesa del Sud e il vissuto delle chiese locali è servito come punto di partenza per poi formulare una risposta concreta intravista nella testimonianza di un membro della comunità di Sant'Egidio. Alla fine di questo percorso ogni confratello ha toccato con mano gli effetti del fenomeno della globalizzazione sulla vita personale, comunitaria e di provincia. Il leitmotif rimane: "Pensare mondiale e agire locale"

A sant'Antonio abate (Na) dall'8 all'11 ottobre 2001 i dehoniani del sud si son chiesti: Quale inculturazione del messaggio cristiano nel sud Italia? Il corso di FP ha voluto prendere in seria considerazione la tematica della globalizzazione, cercando di sottolineare gli aspetti tecnici del fenomeno e di individuare possibili vie di uscita. I destinatari e allo stesso tempo i protagonisti del corso erano circa 30 confratelli su 58.

La preparazione è stata affidata alla commissione di Giustizia e Pace, la quale ha ricevuto il compito di concretizzare quanto l'ultima conferenza generale, svoltasi a Recife (Brasile) dal tema: "Economia e Regno di Dio", ha demandato alle singole province religiose.

Dal duc in altum

Lo schema del corso, proposto dal sottoscritto e subito sposato dalla commissione di Giustizia e Pace, ha voluto affrontare la globalizzazione a partire da un'ottica di fede. Il brano evangelico che ha ispirato la riflessione è quello contenente il Duc in altum (Lc 5,1-11). P. Edoardo Scognamiglio ofm conv., docente della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale di Napoli, ha voluto cogliere la centralità della pericope non sul duc in altum ma sul Primato dell'Ascolto della parola di Dio. Un ascolto che diviene possibilità che apre ad un futuro di speranza dopo una evidente esperienza di fallimento di Simone e dei suoi amici. "Sulla tua Parola.." è la risposta di Pietro e allo stesso modo può divenire la risposta di ogni uomo della nostra generazione. Dopo quel fatidico 11 settembre 2001&endash; diceva il relatore &endash; è mutata anche il nostro modo di percepire Dio, di fare la nostra esperienza religiosa. L'incontro che è l'avvenire di Dio nella nostra storia è possibilità e non più necessità.

Dall'ottica di fede e dalle suggestioni che il Vangelo ha suggerito, nella seconda giornata abbiamo avuto uno spaccato sugli aspetti tecnici della globalizzazione. La relazione del prof. Rosario Sommella dell'Università Orientale di Napoli, dal titolo Geografie della Globalizzazione, ha sviscerato gli aspetti storici, geopolitici, economici, sociali ed etnico- culturali del fenomeno. La domanda di partenza è stata: "La globalizzazione è recente o viene da lontano?"

A sorpresa, per alcuni, la tesi del professore ha dimostrato le origini remote del fenomeno. Già le varie potenze antiche, come quella inglese, erano una forma di globalizzazione, ma ancor più la seconda guerra mondiale è stato il primo passo verso la globalizzazione. Avviene infatti la fine del colonialismo, l'inizio dello strapotere americano, e via di questo passo. Poco dopo vi è la nascita del GATT che ha lo scopo di eliminare le barriere del commercio internazionale.

Dal punto di vista geopolitico il mondo si bipolarizza, comunisti da una parte e liberisti dall'altra, ma circa dieci anni fa il bipolarismo scompare. L'ironia della sorte vuole che i primi alleati degli USA diventano i russi. Il posfordismo, che propone una diminuzione delle ore lavorative ed un aumento del salario, fa il suo corso in ambito economico, mentre dal punto di vista sociale avviene l'omologazione come processo dominante. Dopo la crisi del fordismo ci si avvia verso il riconoscimento delle differenze e la competitività prende la mia differenza e cerca di venderla sul mercato.

Ma la chiesa come si pone dinanzi a tutto ciò? A detta di Scognamigno la chiesa non possiede un magistero ufficiale ma basa la sua prassi sui principi della solidarietà, della giustizia e della dignità dell'uomo. Essa quindi deve divenire, secondo il parere di alcuni confratelli, coscienza critica nella nostra società, cercando di creare opinione nelle masse giovanili e affrontando la globalizzazione dal di dentro, visto che gli effetti la coinvolgono a pieno titolo essendo essa stessa coinquilina del mondo. Sommella pone ancora attenzione agli effetti della globalizzazione ed avverte di aprire gli occhi per reagire ad una omologazione culturale che si fa strada. La pericolosità di quest'ultima può essere la chiave di lettura dei conflitti e delle rivendicazioni popolari delle culture diverse dalla nostra.

L'azione sociale dei religiosi nel Sud Italia

Dopo questa accurata analisi del problema, ecco che riemerge forte l'interrogativo essenziale: "Quale inculturazione del messaggio cristiano nel sud Italia?" Provocazione suggerita dal prof. Antonio Gentile, che insegna alla scuola di specializzazione di Psicologia clinica di Napoli. Il suo intervento infatti ha cercato di delineare la presenza dei religiosi nel tessuto sociale dell'Italia del Sud. Ha affrontato la questione da tre punti di vista: La conoscenza del territorio, la religiosità e la sensibilità del clero. Ha ribadito che non vi è prospettiva se non si ha una conoscenza adeguata del territorio. Il Sud purtroppo nella storia non ha avuto una grande attenzione al territorio. Per una provincia religiosa ecco la sfida: Elaborare una conoscenza del territorio, procurarsi una sensibilità sul territorio. In stretta connessione si inserisce il capitolo della religiosità. Contrariamente ai luoghi comuni e spesso nostalgici, bisogna dichiarare finita la tanto declamata religiosità popolare. E' sotto gli occhi di tutti che permangono indizi di sacro non congruenti con una proposta cristiana. Si è creato un divorzio tra religiosità popolare e messaggio cristiano. Cosa fare? Innanzitutto, ribadisce il professore Gentile, bisogna prendere atto del processo di secolarizzazione presente nella nostra società. E' fondamentale però sottolineare come al Nord la secolarizzazione è stata ragionata, basti pensare all'area geografica del Nord Est, mentre al Sud è stata subita. La religiosità popolare genuina aveva infatti un alto tasso di informazione al tempo d'oggi scomparso. E' d'obbligo la riscoperta dei valori, ma ancor più dei linguaggi attraverso i quali mediare il messaggio. Alcuni religiosi hanno suggerito la possibilità di vagliare in comunità la stessa predicazione. Vedere la comunità come soggetto di evangelizzazione e come fautrice di linguaggi più adeguati ai destinatari del messaggio cristiano.

La sensibilità del clero è stato l'ultimo punto affrontato. E' emerso un clero che ha paura e si lamenta. Il più delle volte stordito di fronte alla complessità del Sud. Vi è inoltre un altro delicato problema e cioè sembra che il clero snobbi i religiosi, forse per mancanza di osmosi o per omologazione delle parrocchie. Il problema non è di poco conto e suscita da parte dei religiosi un'attenta riflessione per scoprire le vere cause del fenomeno. Un responsabile dell'ufficio di pastorale del lavoro del clero diocesano amava ripetere con convinzione: "Ai religiosi chiedo di dare una spiritualità all'impegno sociale, una spina dorsale". Credo sia da ricercare in questo il nostro specifico cercando le vie concrete per tracciare percorsi di spiritualità incarnata. L'inculturazione deve partire necessariamente da una capacità di ascoltare la gente, da un interessarsi dei problemi reali che attanagliano la vita della gente comune, per annunciare un vangelo di speranza capace di cambiare anche il tessuto sociale. Inculturazione è incarnazione, è uno "stare nella storia con amore" come ha voluto ricordaci il Convegno ecclesiale di Palermo.

Ecco il punto di partenza della riflessione apportata da Don Rocco D'Ambrosio, sacerdote diocesano di Bari e docente di Etica Politica all'Università Gregoriana e all'Istituto Teologico Pugliese di Molfetta. Essendo direttore dell'ufficio di Pastorale Sociale della diocesi di Bari ci ha parlato di una concretizzazione dell'azione sociale della chiesa italiana nel Sud: Il Progetto Policoro.

Esso nasce dalla convinzione di stare nel mondo per portare un vangelo che è anche attività di salvezza. Progetto che nasce dalla collaborazione dei tre uffici CEI della pastorale giovanile, della pastorale del lavoro e della caritas. Progetto che si basa sull'imprenditorialità giovanile e punta all'evangelizzazione dei giovani disoccupati. E' una possibilità offerta a tutti per sviluppare la stessa ministerialità presente nella chiesa.

Allargando i nostri orizzonti sul mondo

Ultima tappa avvenuta nella giornata conclusiva è stato l'incontro-testimonianza di don Gino Battaglia, vicario collaboratore della parrocchia di S. Maria in Transtevere e membro della comunità di Sant'Egidio. Questi ha concretizzato ancor di più il messaggio evangelico narrando quanto avviene nelle sua stessa comunità. Essa è presente in più di 60 paesi ed è nata circa 33 anni fa. E' un movimento di fraternità che abbraccia varie comunità e diversità nel modo di vivere la fede. Ritiene come pilastro essenziale la preghiera compagnia essenziale della comunità, strumento di liberazione dalla politicizzazione, dall'individualismo, dalla rassegnazione e dalla guerra. Nutre un amore particolare verso i poveri partendo dalla convinzione che nessuno è tanto povero da non poter aiutare un altro. Si riconosce nell'affermazione di Papa Giovanni XXIII: "Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri". Spazia su vari fronti dall'ecumenismo al dialogo interreligioso e al dialogo tra parti in conflitto. Punta molto sul valore della semplicità evangelica sull'esempio di S. Francesco d'Assisi.

P. Dehon: Duc in altum

"Sulla tua parola getterò le reti" è la risposta di Pietro e diviene la risposta di ogni discepolo che si mette alla sequela del Signore. Anche noi dehoniani, figli della stessa Chiesa cattolica, dobbiamo compiere questo grande atto di fiducia e di speranza. Fiducia nel Signore della storia e Speranza per un futuro di liberazione. P. Dehon circa un secolo fa così concludeva la sua prima conferenza romana intitolata "La crisi sociale ed economica attuale in Francia ed in Europa":

"Di fronte alla miseria presente, per gli uomini senza fede, senza coraggio,senza generosità, non resta che lo scoraggiamento, il pessimismo; mentre per i coraggiosi, i nobili d'animo, gli apostoli, s'impone l'azione.

Quando una nave è in pericolo in vista del porto, il timoniere pauroso e debole prega, piange,si lagna; il coraggioso , senza vantarsene, corre al mare, al salvataggio. E questo per lui è semplicemente naturale.

Accorriamo al salvataggio… con l'azione e le rivendicazioni legali. Ma non dimentichiamo che il pilota salvatore è Pietro. Ascoltiamolo, seguiamolo; è lui che ci indica la via della salvezza.

Al lago di Tiberiade Gesù vide due barche davanti a lui, ma salì su quella di Pietro e dalla barca di Pietro insegnava : E' da questa barca che viene la verità.

E dopo aver insegnato, Gesù disse a Pietro: Duc in altum…e agli altri apostoli disse: " E voi, gettate le reti per pescare.

E' Pietro che conduce la barca; gli altri gettano le reti là dove Pietro li conduce. Simbolo meraviglioso!

Lasciamoci condurre:Gettiamo le reti e la pesca sarà buona…"

Possa il nostro fondatore illuminare il nostro cammino, possa egli infuocarci e spingerci ad "uscire dalle sacrestie" non per omologarci al mondo, ma per portargli quel messaggio di speranza che noi per primi desideriamo accogliere e vivere.

p. Savino Cannone sci