From a letter of Father Antonio Panteghini to Adriano Borst February 1999  

Art from Cameroon
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Da una lettera di Padre Antonio Panteghini

Quest'anno qui alla Maison Jean Dehon siamo una grossa comunità, siamo in 30. 10 giovani religiosi che avrebbero dovuto fare la filosofia a Kisangani nel Congo, sono rimasti qui a causa dei disordini e la guerriglia che sconvolge l'ex Zaire. Naturalmente la presenza di un gruppo con ritmo di vita e di scuola differente, livello formativo differente ci complica un poco la vita e moltiplica il nostro lavoro. Il mio lavoro soprattutto, dato che resto ancora per altri tre anni superiore della comunità e responsabile della formazione. Un padre protoghese, P. Alves Vieira, che era venuto dal Mozambico per aiutarmi (dato che anche 7 mozambicani sono venuti qui per la teologia) è ammalato e si trova in Portogallo, non tornerà più in Africa poiché pare che la sua malattia sia molto seria e richieda un controllo medico continuo. La provincia MZ ha inviato al suo posto un altro padre, P. Mario Gritti, che è già arrivato alcuni giorni fa e sta prendendo visione dell'ambiente. Credo che anche con lui lavoreremo bene. Quest'anno verranno altri 4 mozambicani. Abbiamo il problema del posto. La casa attuale era concepita per 30 persone e il prossimo anno saremo di più. Si pone il problema di una nuova costruzione. Cose oramai decisa e che comincerà a giorni. A me sinceramente la prospettiva di un nuovo cantiere in casa non piace affatto. Eravamo finalmente riusciti a toglierci di dosso la polvere di cemento e a non sentire più i rumori dei muratori, ma bisognerà ricominciare, pazienza.

Veramente il lavoro qui non manca, basta aver voglia di fare.

La responsabilità di formatore mi prende la maggior parte del tempo. Anche perché pure qui in Africa la mania delle riunioni e dei raduni è di moda e parecchi pomeriggi, specialmente all'inizio dell'anno scolastico, si passano in riunioni varie. Riunioni di formatori, riunioni di superiori, riunione per la scuola, riunioni per la diocesi, veramente dopo l'indigestione di riunioni fatte a Roma, sono diventato allergico a queste cose e mi costa moltissimo assistervi. Preferisco cento volte meglio un viaggio in foresta per strade impossibili e con difficoltà e imprevisti invece di una riunione in città.

Trovo comunque il tempo per diversi impegni di carattere sociale e formativo per la gente.

Qui è impossibile preoccuparsi delle anime senza pensare anche a curare i corpi. La gente vive troppo nella povertà perché noi possiamo restare nelle nostre "belle" case e far finta di non vedere cosa succede fuori. E allora mi do molto da fare con iniziative varie per cercare di migliorare il livello di vita della gente che ci abita intorno. Cose concrete, insegnare a coltivare meglio i campi, nuove culture, allevamenti, scavare pozzi, ecc. e soprattutto organizzare corsi di formazione a tutti i livelli, dalla puericultura, all'agricoltura, alla medicina tradizionale. In questo condivido con molto piacere lo sforzo con un padre zairese che è superiore nell'altra comunità religiosa che ha sede nel nostro villaggio. Ci siamo divisi spontaneamente i compiti, io pianifico, programmo e cerco i fondi, lui anima la gente meglio di me anche perché essendo africano sa meglio come prenderli. Non che le cose siano sempre facili e alle volte ci scoraggiamo perché vediamo che la gente non segue come vorremmo, non persevera o si scoraggia facilmente quando i risultati non sono immediati. Ma un poco alla volta qualcosa si muove. È sulla collaborazione, sulle piccole cooperative che puntiamo, ma la mentalità di clan e l'individualismo sono duri a morire.

Sono sempre contentissimo della scelta di venire in Africa, credo che sia la realizzazione della mia vita di donazione al Regno di Dio e al prossimo. Essere missionario è sempre stata una motivazione della mia vocazione. Qui veramente sento di essere utile a qualcosa e a qualcuno. Spero solo di poterlo fare a lungo.


From a letter of Father Antonio Panteghini

This year at Maison Jean Dehon we are a large community of 30. Ten young religious who were to have studied philosophy in Kisangani in the Congo, have remained here because of the disorders caused by the guerilla conflict. Naturally the presence of a group whose rhythm of life is different, i.e., different school, different formative level, etc., complicates our life a little and multiplies our job.

For the next three years my job will be as superior of the community and director of formation. A Portuguese scj, Fr. Alves Vieira, came from Mozambique to help (since seven Mozambican scjs have come here for theology) but he became sick and is now in Portugal. He will not return to Africa since it seems that his disease is much more serious and demands constant medical supervision.

The Mozambique Province sent in his place another scj, Fr. Mario Gritti, who arrived a few days ago and is learning the ropes. I believe we will work well together. This year four more Mozambican scjs will join the others. We have a problem with space. The current house was designed for 30 persons and next year we will be more than that.

The solution to the problem will be an addition. Things have already been decided and the work will begin in a couple of days. Personally the idea of a new construction in the yard is not very appealing. We were finally free from construction dust and the noise of the masons, but it will have to start all over again, patience.

Truly there is no lack of work! There is always more than enough to do.

My role as formation director takes the majority of my time. Also because this is Africa the love for meetings and gatherings is fashionable here and several afternoons, especially in the beginning of the scholastic year, are spent in various meetings: of formation Directors, meetings of superiors, meetings at school, meetings for the diocese. After ingesting all those meetings we made in Rome I have become allergic to these things,and it costs me a lot to be of assistance. I prefer one hundred times more a trip into the forest on impossible roads with all its difficulties and surprises to one meeting in the city.

I do find the time however for various social engagements and ways to help form the people. Here it is impossible to be preoccupied with the spirit without also thinking about curing bodily ills. The people live in such poverty it is impossible to live in our "beautiful" houses and not be aware of what is taking place outside. So I have taken the initiative to help improve the quality of life of the people that live near us. Concrete things like teaching better cultivation techniques, new crops, breeding methods, digging wells, etc., but especially to organize courses on all levels from child care, agriculture, and traditional medicine.

I share these efforts with the scj priest from Zaire who is superior of the other community in our village. We have divided our tasks. I plan, I program and I look for new financial sources. He's better at animating the people. Being African he knows the best ways to teach them. Not that the things are always easy and at times we get discouraged because we see that the people do not do what we would like, or they don't persevere or lose heart easily when the results are not immediate. But little by little things change. We aim for collaboration on small projects, for the ways of the clan and individualism die hard.

I am very content with my decision to come to Africa. I believe that is the realization of my life as a gift to the Reign of God and to my neighbor. To be a missionary has always been a motivating force in my vocation. Here I truly feel I am being useful to something and someone. I hope to continue doing it for a long time to come. 


De uma carta do Pe. Antonio Panteghini

Este ano somos uma grande comunidade na Maison Dehon. Estamos em 30. Dez jovens que deveriam ir estudar Filosofia no Congo acabaram ficando devido à situação de lá. Tanta gente e de culturas diferentes acaba acarretando mais trabalho, para mim sobretudo, pois serei o responsável pela formação por mais três anos. Um padre português, Alves Vieira, tinha vindo do Moçambique para me ajudar, adoeceu e foi para Portugal. Veio então, em seu lugar, o Pe. Mário Gritti, o qual está ainda se ambientando. Teremos mais três moçambicanos entre nós. Há problemas de espaço. A casa comporta 30 e teremos mais gente. Pensa-se numa nova construção. Deve-se começar logo. A mim não é nada animador ter de me haver de novo com canteiros de obras. Mal acabamos de tirar a poeira da última obra. O que fazer!

Trabalho é o que não falta aqui, basta ter vontade.

A responsabilidade de formador toma a maior parte de meu tempo. Aqui na África a mania de reuniões está na moda, principalmente no início do ano escolar. Tem reunião de formadores, de superiorres, da escola, da diocese. Depois de tanta reunião em Roma era o que eu menos queria. Estou mais para uma viagem pelo mato, na buraqueira, do que para reuniões na cidade.

Encontro tempo para exercer atividades sociais e de formação com o povo

Aqui não se pode pensar nas almas sem pensar no corpo. A pobreza é tamanha que não podemos ficar em nossas belas casas e fingir que não vê a situação deles.

Precisa-se ensiná-los a cultivar melhor a roça, introduzir novas culturas, a criação de gado, a abertura de poços, organizar a formação, desde a puericultura, a agricultura, à medicina caseira. Nisto eu trabalho com um padre zairenze que é o superior da outra comunidade religiosa. Sendo ele africano leva mais geito para convencer o povo. Não que seja fácil; tem hora que a gente quase desanima pelo pouco resultado. Deve-se ter paciência e perseverar. A mentalidade de clã e do individualismo resistem muito.

Estou feliz por ter optado pela África. Aqui realizo plenamente minha vida de doação ao reino de Deus e ao próximo. Ser missionário sempre foi uma motivação da minha vocação. Aqui me sinto útil de verdade a alguém. Espero poder ficar bastante tempo.


Extrait d'une lettre du P. Antonio Panteghini

Cette année, nous avons une grande communauté à la Maison Jean Dehon: 30 personnes. Dix jeunes religieux qui devaient étudier la philosophie à Kisangani, Congo, ont dû rester ici à cause des troubles causés là-bas par la guérilla. Évidemment, la présence d'un groupe dont le rythme de vie est différent (i.e. fréquentant une école différente, ayant un niveau de formation différent, etc.) complique un peu notre vie et notre tâche.

Au cours des trois prochaines années, je serai supérieur de la communauté et directeur de formation. Un confrère portugais, le P. Alves Vieira, est venu du Mozambique pour aider (puisque 7 mozambicains sont ici pour étudier la théologie), mais il est tombé malade et a dû rentrer au portugal. Il ne reviendra pas en Afrique, sa maladie étant plus grave que l'on croyait et nécessitant une supervision médicale constante.

La province du Mozambique a envoyé le P. Mario Gritti pour le remplacer. Il est arrivé il y a quelques jours et commence à s'acclimater. Je crois que nous allons bien travailler ensemble. Cette année, quatre autres jeunes mozambicains vont s'ajouter au groupe. Nous avons un problème d'espace, car la maison a été construite pour trente personnes et ce nombre sera dépassé l'année prochaine. Il faudra construire de nouveau. La décision a déjà été prise et les travaux commenceront dans les prochains jours. Je ne peux pas dire que cela me réjouit. Nous en avions en effet fini avec la poussière et le bruit des maçons, mais il faudra s'y habituer de nouveau: patience!

Ce n'est pas le travail qui manque, ici! Il y en a même plus qu'assez!

La plupart de mon temps est consacrée au travail comme directeur de formation. Comme on aime beaucoup se réunir en Afrique, plusieurs après-midis, surtout en début d'année académique, se passent en réunions: réunions des directeurs de formation, des supérieurs, à l'école, pour le diocèse. Après toutes ces réunions que nous avons eues alors que j'étais à Rome, j'y suis devenu allergique, et ça me demande de grands efforts pour y assister. Je préfère de loin un voyage en brousse, sur des routes impraticables, avec toutes ses difficultés et ses imprévus, à une seule réunion en ville.

Je trouve quand même le temps pour certains engagements sociaux ou de formation pour la population.

Ici, il est impossible de se préoccuper du spirituel sans penser aussi à soigner le corps. Les gens vivent dans une telle pauvreté qu'il est impossible de vivre dans nos "belles" maisons sans voir ce qui se passe à l'extérieur. J'ai donc pris l'initiative d'aider à améliorer la qualité de vie des gens qui nous entourent, par des actions concrètes comme l'enseignement de meilleures techniques agricoles, de nouvelles cultures, des méthodes d'élevage, de creusage de puits, etc., mais surtout par l'organisation de cours de puériculture, d'agriculture et de médecine traditionnelle.

pour cela, je travaille en collaboration avec un prêtre scj du Zaïre qui est supérieur de l'autre communauté dans notre village. Nous nous sommes spontanément partagé les tâches: je m'occupe de la planification, des programmes, du financement. Lui est plus doué que moi pour l'animation. Étant lui-même africain, il connaît aussi les meilleures méthodes pour leur enseigner. Ce n'est pas toujours facile cependant, et nous sommes parfois découragés quand nous voyons que les gens ne font pas comme nous le voudrions, qu'ils ne persévèrent pas ou se découragent parce que les résultats se font attendre. mais, petit à petit, les choses changent. nous cherchons à faire collaborer les gens dans de petits projets, mais il est difficile de surmonter l'individualisme et l'esprit de clan.

Je suis très heureux d'avoir choisi de venir en Afrique. Je crois que je réalise ainsi ma vie comme un don pour le Royaume et pour mon prochain. Ma vocation a toujours été fortement motivée par la vie missionnaire. Ici, je me sens vraiment utile à quelque chose et à quelqu'un. J'espère pouvoir continuer encore longtemps.

 


Carta del P. Antonio Panteghini al P. Adriano Borst
 

Este año, aquí en al Maison Jean Dehon somos una comunidad grande, somos 30. 10 jóvenes religiosos que deberían haber ido a Kisangani (Congo) para hacer la filosofía. Se han tenido que quedar aquí a causa de los desórdenes  y la guerrilla que azota el Ex Zaire. Naturalmente la presencia de un grupo con ritmo de vida y clases direrente, con nivel formativo diferente nos complica un poco la vida y multiplica nuestro trabajo. Sobre todo el mío, dado que me quedan otros tres años de superior de la comunidad y responsable de la formación. Un padre portugués, P. alves Vieira, que había venido de Mozambique para ayudarme (dado que 7 mozambiqueños han venido aquí para estudiar teología) está enfermo y se encuentr en Portugal, seguramente no volverá a Africa porque su enfermedad es muy seria y le obliga a un control médico continuo. La provincia de Mozambique ha enviado en su lugar a otro padre, P. Mario Gritti, que ha llegado hace poco y esta tomando contacto con el ambiente. Creo que también con él trabajaremos bien. Este año vendrán otros 4 mozambiqueños. Tenemos problemas de sitio. La casa estaba pensada para 30 personas y el próximo año seremos más. Se nos impone el problema de una nueva construcción. Cosa que ya está decidida y se comenzará en cuestión de días. Sinceramente, a mi no me gusta mucho la idea de tener obras en casa. Finalmente habíamos conseguido quitarnos de encima el polvo del cemento y el ruido de los obreros..., pero tendremos que comenzar de nuevo, paciencia.

Verdaderamente el trabajo aquí no falta, basta tener ganas de trabajar. La responsabilidad del formador me toma la mayor parte del tiempo. También porque aquí la manía de las reuniones está de moda y bastantes tardes especialmente al inicio del año escolástico, se pasan en reuniones varias.  Reuniones de formadores, de superiores, reuniones para la escuela, para la diócesis. Verdaderamente, después de la indigestión de reuniones hechas en Roma, me he convertido en alérgico a estas cosas y me cuesta tanto asistir. Prefiero cien veces un viaje en la selva por caminos imposibles y con dificultades e imprevistos en vez de una reunión en la ciudad.
De todas formas encuentro tiempo para diferentes compromisos de tipos social y formativo para la gente.
Aquí es imposible preocuparse de las almas sin pensar tambiéna los cuerpos. La gente vive demasiado en la pobreza para que nosotros podamos vivir en nuestras "bellas" casas y fingir lo que sucede afuera. Y entonces, me pongo a hacer cosas para mejorar el nivel de vida de la gente que habita alrededor. Cosas concretas, enseñar a cultivar mejor los campos, nuevas cultivos, como críar el ganado, excavar pozos, etc. Sobre todo organizar cursos de formación a todos los niveles, de la puericultura, a la agricultura, a la medicina tradicional. En esto comparto con tanto gusto el esfuerzo con un padre de Zaire que es superior de otra comunidad religiosa que tiende la sede en nuestro pueblo. Nos hemos dividido expontáneamente las tareas, yo planifico, programo y busco fondos, él anima la gente mejor que yo y también siendo africano sabe mejor como tratarlos. No es que las cosas sean siempre fáciles, pero a veces, nos desanimamos porque vemos que la gente no sigue como querríamos, no persevera y se desanima facilmente cuando los resultados no son inmediatos. Pero poco a poco algo se mueve. Apuntamos sobre todo por la colaboración y las pequeñas cooperativas, pero la mentalidad de clan y de individualismo son tremendamente duras.
Estoy contentísimo de la opción de venir a África, creo que sea la realización de mi vida de donación al Reino de Dios y al prójimo. Ser misioner ha sido siempre una motivación de mi vocación. Aquí, verdaderamente, me siento útlil a alquien y para algo. Espero solamente poder hacerlo por mucho tiempo.