MESSAGGIO PER IL NATALE E L'ANNO NUOVO

Roma, 21.11.2000
Prot. N. 260/2000

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A tutte le componenti della Famiglia Dehoniana
(SCJ, Consacrati/e, Laici)

 Cari Fratelli e Sorelle,

La nostra Famiglia dehoniana viene, ancora una volta, convocata dall’appuntamento del Natale del Signore e dell’inizio del Nuovo Anno. Ci avviamo verso la fine del Grande Giubileo, stiamo varcando le soglie del Terzo Millennio.

L’Evangelista Luca ricollega la nascita del Bambino Gesù alla storia locale e universale (Cf. Lc 2, 1-7). Un fatto apparentemente comune, avvenuto in un borgo oscuro e piccolo della Giudea, acquista un rilievo mondiale e salvifico. Esso è rivestito di un significato sociale e teologico particolare, insospettato ai suoi conterranei. Solo uno sguardo illuminato dalla fede, come quello di Maria, di Giuseppe e dei Pastori, può cogliere la trascendenza di questo evento; a queste persone è data la novità di vita, che viene da Dio (Gv. 1, 12-13).

Due sono le icone di Luca: il "Silenzio di Maria" ed il "Pellegrinaggio dei pastori" (Lc. 2, 8-19); esse sono di modello e di stimolo per introdurci nel dinamismo dello Spirito e per leggere la nostra storia quotidiana, personale e istituzionale, nella prospettiva della storia della salvezza. Ambedue le icone ci presentano atteggiamenti e scelte di vita, fondamentali all’esperienza di fede cristiana: la contemplazione del mistero divino, l’intimità con il Signore e la prontezza a lasciarsi coinvolgere da Dio e dalla sua logica sconcertante.

Il "Silenzio di Maria", così diverso dal silenzio di chi non scorge la presenza misteriosa di Dio e il suo disegno di amore sulle cose, è segno della disponibilità incondizionata di Maria; è segno della sua ricerca di Dio e della sua capacità di fare posto a Dio nel suo cuore, nel suo corpo, nella sua esperienza di donna, nel suo progetto di vita. Il silenzio di Maria si traduce in accoglienza della Parola, rimuginata interiormente e tradotta in un’associazione effettiva alla vita, alla causa e al destino di Cristo.

Il "Pellegrinaggio dei Pastori" segna un itinerario di fede sotto la forza coinvolgente e trasformante della grazia. Nella loro condizione sociale e culturale, i pastori vivevano al margine della vita civile e religiosa dell’epoca. Erano gli ultimi, gli esclusi, i poveri, quelli che non avevano peso sulle svolte della storia locale, quelli che nulla contavano per il potere costituito. Eppure, nella scelta preferenziale di Dio, sono i primi destinatari del lieto annuncio, i primi testimoni della nascita del Salvatore, i primi annunciatori del Vangelo. Tre atteggiamenti li qualificano:

Tutto ciò configura un’esperienza vissuta in gruppo e condivisa: insieme vegliano quella sera sul loro gregge; insieme si mettono in camino; insieme trovano Maria, Giuseppe e il Bimbo; insieme ripartono per l’annuncio, lodando e glorificando Iddio.

Anche la nostra realtà di Congregazione e di Famiglia dehoniana non è aliena dalla storia locale ed universale; anzi, è perfino pienamente intrecciata, in positivo e negativo, a questo disegno di salvezza, al progetto di misericordia, frutto della benignità e gratuità divina, che ci viene svelato dal Natale. In certa misura queste due icone esprimono due dimensioni del nostro carisma:

Si esige però da noi di saperci mettere dalla parte di Dio, di saper fare nostra la sua sconcertante logica, così lontana e diversa da tutti gli schemi di potere esistenti nel mondo odierno.

Credo, con semplicità, che la Congregazione si trovi su questa strada, anche se rimangono molte cose da convertire, da purificare e da perfezionare.

Quest’anno giubilare ha suscitato in noi tanti impegni, speranze e prospettive. La "purificazione della memoria" e la "riconciliazione", proposte dal Santo Padre e fatte proprie da molte comunità SCJ, sono state una traduzione concreta del nostro essere "profeti dell’amore e servitori della riconciliazione in Cristo". Continuando nello spirito del Giubileo, si deve proseguire nel riallacciare il dialogo, là dove è venuto meno, e nel ricucire rapporti interrotti; nel guarire ferite ancora non rimarginate; nel collaborare con quanti sono impegnati nella nuova evangelizzazione, con quanti operano per la Giustizia e la Pace, e per la promozione della dignità umana.

Dalle grande utopie bisogna passare a scelte coerenti che, pur se limitate, toccano la nostra realtà quotidiana circa la vita di povertà, l’amministrazione evangelica del denaro e dei beni materiali, la solidarietà con i più bisognosi, ecc… Questo ci ha chiesto la Conferenza Generale di Recife.

Durante quest’anno ci sono state, a Roma ed altrove, tante "Porte Sante", figura de Cristo. Fra poco, esse si chiuderanno fino al prossimo Giubileo; rimarrà però sempre aperta la "Porta Santa" dei nostri fratelli più poveri, che necessariamente bisogna valicare, se vogliamo trovare il Signore e stare dalla sua parte. Inoltre continua, nel nuovo anno, l’impegno di essere anche noi, personalmente e comunitariamente, delle "porte aperte" verso quanti avranno bisogno di noi.

Il Natale celebra la vita, la "sorgente della vita". Per la Congregazione e per tutta la Famiglia dehoniana diventa occasione di rinnovamento della vita e della speranza.

Quest’anno abbiamo avuto tanti segni di vita, di cui bisogna ringraziare a Dio e tanti fratelli: la celebrazione della Conferenza Generale a Recife sotto il segno di programmare impegni reali e concreti; la creazione della Regione di Madagascar, dopo 25 anni di presenza e di crescita locale; l’aumento del numero di novizi ci fa gioire e sperare in bene; la partecipazione alla XV Giornata Mondiale dei Giovani di più di 500 giovani dehoniani, provenienti da circa 20 nazioni diverse. L’organizzazione, la presenza di giovani dehoniani del terzo Mondo e l’accoglienza logistica di tutti i partecipanti sono state rese possibili grazie alla generosità della Provincia IS, che ha sostenuto tutte le spese.

Anche l’Incontro Internazionale della Famiglia Dehoniana, celebrato a Roma lo scorso ottobre, è un altro segno di vita. Esso viene a confermare che il carisma e la spiritualità di P. Dehon sono un dono gratuito e libero dello Spirito a tutta la Chiesa; il quale sta suscitando cammini di impegno cristiano nelle diverse componenti ecclesiali. Ciò costituisce una realtà che merita attenzione, orientamento e sostegno nel rispetto delle diverse vocazioni e nell’autonomia organizzativa di ogni componente. È stato forte l’appello dei laici a condividere di più quest’esperienza con i religiosi SCJ, ritenuti i fratelli maggiori.

In sintonia con lo spirito giubilare, accogliamo il tema e il motto lanciato dal Santo Padre per il 2001: "Dialogo tra tutte le culture per una civiltà dell’amore e della pace". La globalizzazione della solidarietà, lo spostamento del centro vitale della Chiesa verso il sud del mondo, l’internazionalità della nostra Congregazione e di tutta la Famiglia Dehoniana, la pluralità delle nostre opere, la diversità e la complementarietà delle nostre esperienze... sono segni dei tempi che ci invitano ad una visione sempre più cattolica (universale), ad una comunione più sentita e profonda, ad un inserimento locale più incarnato nelle diverse culture.

Sarà nel confronto con i valori del Vangelo, che ogni cultura esprimerà il massimo della sua vita, e si discerneranno i suoi limiti e contro-valori.

Di fronte al crescente fondamentalismo, soprattutto in Asia, dobbiamo scommettere sul dialogo ecumenico, interreligioso e interculturale. Nelle tristi situazioni di guerra nel Congo, di estrema incertezza nelle Filippine, di conflitti religiosi e politici nell’Arcipelago delle Molluche (Indonesia), perseveriamo nella proposta della cultura della pace, della misericordia e del perdono, della riconciliazione fra tribù, fra parti politiche e religiose, fra nazioni. Tutto ciò senza rinunciare ad una valutazione critica della complessità di questi fatti.

Nella diffidenza insorgente in alcune parti dell’Est Europeo, curiamo una speciale apertura e collaborazione con la Chiesa ortodossa.

Nel forte invecchiamento di alcune nostre Province e Regioni, nella ristrettezza di personale un po’ ovunque, promoviamo di più la collaborazione con i laici e con altri organismi e istituti di apostolato e servizio.

Nell’emergente cultura postmoderna, ricca di mezzi di comunicazione ed informazione, ma intaccata dal consumismo e dal pensiero neo-liberista dell'economia di mercato, a noi sta di privilegiare i rapporti umani, i progetti comunitari, la comunione ecclesiale ed il protagonismo dei poveri.

Nel secolarismo invadente, a noi sta di essere i testimoni dell’Assoluto di Dio e i discepoli fedeli nell’Ascolto della Parola, come Maria.

In questo modo il Natale diventa accoglienza del Signore, intreccio della nostra vita quotidiana con la Storia della Salvezza, e trasformazione delle persone e delle società, secondo la logica di Dio ed il suo progetto di misericordia.

Il Signore venga confermarci nella speranza e nell’impegno per l’avvento del suo "Regno nelle anime e nelle società". Egli ci dia la sua grazia, ci riempia di gioia, ci conduca sulle strade della giustizia e della pace e ci conceda di agire con saggezza.

Buon Natale e Buon Anno 2001 a tutta la Famiglia Dehoniana in nome della Curia generale e mio in particolare!
 
 

P. Virginio Bressanelli, scj
e suo Consiglio


MESSAGE POUR NOËL ET LA NOUVELLE ANNÉE

Rome, le 21.11.2000
Prot. N. 260/2000

A toutes les composantes de la Famille Dehonienne
(SCJ, Consacré(e)s, Laïcs)

 Chers Frères et Soeurs,

Notre Famille dehonienne est, une nouvelle fois, appelée au rendez-vous de la Nativité du Seigneur et du début de la Nouvelle Année. Nous nous acheminons vers la fin du Grand Jubilé, nous sommes en train de franchir le seuil du Troisième Millénaire.

L'Evangéliste Luc relie la naissance de l'Enfant Jésus à l'histoire locale et universelle (cf. Lc 2, 1-7). Un fait apparemment commun, survenu dans une obscure petite bourgade de la Judée, assume une importance mondiale et salvifique. Il est revêtu d'une signification sociale et théologique particulière, inscoupçonnable pour ses concitoyens. Seul le regard illuminé par la foi, comme celui de Marie, de Joseph et des Bergers, peut saisir la transcendence de cet événement; à eux, est donnée la nouveauté de la vie de Dieu (Gv. 1, 12-13).

Il y a deux icônes de Luc: le "Silence de Marie" et le "Pèlerinage des bergers" (Lc. 2, 8-19); elles servent de modèle et d'incitation pour nous introduire dans le dynamisme de l'Esprit et pour lire notre histoire quotidienne, personnelle et institutionnelle, dans la perspective de l'histoire du salut. Ces deux icônes nous présentent des attitudes et des choix de vie fondamentaux pour l'expérience de la foi chrétienne: contemplation du mystère divin, intimité avec le Seigneur et disponibilité à se laisser entraîner par Dieu et par sa logique déconcertante.

Le "Silence de Marie", bien différent du silence de celui qui ne perçoit ni la présence mystiérieuse de Dieu ni son dessein d'amour sur les choses, est signe d'une disponibilité sans condition de Marie; c'est un signe de sa recherche de Dieu et de sa capacité de faire une place à Dieu dans son coeur, dans con corps, dans sa vie de femme, dans son projet de vie. Le silence de Marie se traduit par l'accueil de la Parole ruminée intérieurement et traduite par une relation effective avec la vie, avec la cause et avec le destin du Christ.

Le "Pèlerinage des Bergers" trace un itinéraire de foi, sous l'emprise de la grâce qui entraîne et qui transforme. De par leur condition sociale et culturelle, les bergers vivaient en marge de la vie civile et religieuse de l'époque. Ils étaient des derniers, des exclus, des pauvres, ceux qui n'avaient pas de poids sur le sort de l'histoire locale, ceux qui ne comptaient pas aux yeux du pouvoir établi. Et pourtant, dans l'option préférentielle de Dieu, ils sont les premiers destinataires de la bonne nouvelle, les premiers témoins de la naissance du Sauveur, les premiers hérauts de l'Evangile. Les attitudes qui leur donnent cette qualification:

Tout cela représente une expérience vécue en groupe et partagée: ensemble, ils veillent ce soir sur leur tropeau; ensemble, ils se mettent en route; ensemble, ils trouvent Marie, Joseph et l'Enfant; ensemble, ils repartent pour l'annonce, en louant et en glorifiant Dieu.

De même, notre réalité de Congrégation et de Famille Dehonienne n'est pas étrangère à l'histoire locale et universelle; au contraire, elle est même étroitement mêlée, en bien et en mal, à ce dessein du salut, au projet de miséricorde, fruit de bonté et de la gratuité divine, qui nous est révélée à Noël. Dans un certain sens, ces deux icônes expriment deux dimensions de notre charisme:

Mais on nous demande de savoir nous mettre du côté de Dieu, de savoir faire nôtre sa logique déconcertante, tant éloignée et différente de tous les schémas de pouvoir existant dans le monde d'aujourd'hui.

Je crois, en toute simplicité, que la Congrégation se trouve dans cette voie, même si nombreuses sont les choses qui doivent être changées, purifiées et perfectionnées.

Cette année jubilaire a fait naître en nous tant d'engagements, d'espérances et de projets. La "purification de la mémoire" et la "réconciliation" proposées par le Saint-Père et embrassées par plusieurs communautés SCJ, ont été une traduction concrète de notre vie de "prophètes de l'amour et de serviteurs de la réconciliation... dans le Christ". En poursuivant dans l'esprit du Jubilé, on doit continuer à reprendre le dialogue là où il a manqué et à renouer les relations interrompues; en soignant les blessures qui ne se sont pas encore fermées; en collaborant avec ceux qui travaillent à la nouvelle évangélisation, avec ceux qui oeuvrent en faveur de la Justice et de la Paix et pour la promotion humaine.

Il faut passer de la grande utopie à des choix cohérents qui, tout en étant limités, touchent notre réalité de tous les jours en ce qui concerne la vie de la pauvreté, l'administration évangélique de l'argent et des biens matériels, la solidarité avec les plus pauvres, etc. C'est ce que nous a demandé la Conférence de Recife.

Durant cette année, il y a eu à Rome et ailleurs tant de "Portes Saintes", figure du Christ. Sous peu, elles vont se refermer jusqu'au prochain Jubilé; toutefois, la "Porte Sainte" de nos frères les plus pauvres restera toujours ouverte qu'il faudra franchir si nous voulons trouver le Seigneur et être de son côté. En outre, durant la nouvelle année continue pour nous l'engagement à être, personnellement et comunautairement, des "portes ouvertes" pour tous ceux qui auront besoin de nous.

Noël célèbre la vie, la "source de la vie". Pour la Congrégation et pour toute la Famille dehonienne Noël devient une occasion de renouvellement de la vie et de l'espérance.

Cette année, nous avons eu tant des signes de vie, dont il faut remercier Dieu et beaucoup de nos frères: la tenue de la Conférence générale de Recife, qui a permis de programmer des engagements réels et concrets; la création de la Région de Madagascar, après 25 ans de présence et de développement sur place; l'augmentation du nombre des novices nous réjouit et nous permet d'espérer; la participation à la XVe Journée Mondiale des Jeunes de plus de 500 jeunes dehoniens, originaires d'environ 20 pays différents. L'organisation, la présence des jeunes dehoniens du Tiers-Monde et l'accueil logistique de tous les participants ont été rendus possibles grâce à la générosité de la Province IS qui a couvert toutes les dépenses.

La Rencontre Internationale de la Famille Dehonienne, tenue à Rome en octobre dernier, est, elle aussi, un autre signe de vie. Elle confirme que le charisme et la spiritualité du P. Dehon sont un don gratuit et libre de l'Esprit à toute l'Eglise, l'Esprit qui est en train de faire apparaître des cheminements d'engagement chrétien dans les différentes composantes ecclésiales. Cela constitue une réalité qui mérite l'attention, l'orientation et le soutien dans le respect des différentes vocations de chacune des composantes. L'appel des laïcs à partager davantage cette expérience avec les religieux SCJ, considérés comme des frères aînés, a été fort.

En accord avec l'esprit jubilaire, nous recevons le thème et la devise lancés par le Saint-Père pour l'an 2001: "Dialogue entre toutes les cultures pour une civilisation de l'amour et de la paix". La mondialisation de la solidarité, le déplacement du centre vital de l'Eglise vers le sud du monde, l'internationalité de notre Congrégation et de toute la Famille Dehonienne, la pluralité de nos oeuvres, la diversité et la complémentarité de nos espérances... sont des signes des temps qui nous appellent à une vision toujours plus catholique (universelle), à une communion plus intense et plus profonde, à un enracinement local plus incarné dans les différentes cultures.

C'est dans la confrontation avec les valeurs de l'Evangile que chaque culture exprimera le maximum de sa vie et que l'on percevra ses limites et ses valeurs négatives.

Face à la montée du fondamentalisme, surtout en Asie, nous devons parier sur le dialogue oecuménique, interreligieux et inter-culturel. Dans les tristes situations de guerre au Congo, d'incertitude extrême aux Philippines, de conflits religieux et politiques à l'archipel des Molucques (Indonésie), persévérons dans notre proposition d'une culture de la paix, de la miséricorde et du pardon, de la réconciliation entre les tribus, les parties politiques et religieuses, et entre les nations. Tout cela, sans renoncer à une appréciation critique de la complexité de ces phénomènes.

Face à la montée de la méfiance dans certaines partie de l'Europe de l'Est, faisons montre d'une ouverture particulière et de collaboration à l'égard de l'Eglise orthodoxe.

Face à un fort vieillissement de certaines de nos Provinces et Régions, face à la pénurie de personnel un peu partout, encourageons davantage la collaboration avec les laïcs et avec d'autres organismes et instituts d'apostolat et de service.

Face à la culture postmoderne émergeante, riche en moyens de communication et d'information mais entâchée du consumérisme et des idées d'un néo-libéralisme outrancier de l'économie de marché, il nous faut privilégier les relations humaines, des projets communautaires, la communion ecclésiale et une place de premier plan à accorder aux pauvres.

Face à la sécularisation envahissante, il nous faut être des témoins de l'Absolu de Dieu et des disciples fidèles à l'écoute de la Parole, à l'exemple de Marie.

Ainsi, Noël devient accueil du Seigneur, enchaînement de notre vie quotidienne à l'Histoire du Salut, et transformation des personnes et de la société, suivant la logique de Dieu et son projet de miséricorde.

Que le Seigneur vienne nous conforter dans l'espérance et dans notre engagement pour la venue de son "Règne dans les âmes et dans la société". Qu'il nous donne sa grâce, nous remplisse de joie, nous conduise sur les chemins de la justice et de la paix, et qu'il nous accorde d'agir avec sagesse.

Joyeux Noël et Bonne Année 2001 à toute la Famille dehonienne, au nom de la Curie générale et en mon nom en particulier!
 

P. Virginio Bressanelli, scj
et son Conseil


Message for Christmas and the New Year

Rome
November 21, 2000
Prot. N. 260/2000

To: All Who Belong to the Dehonian Family (SCJs, Consecrated Men and Women, Laity)

Dear Brothers and Sisters,

Our Dehonian family is once again being called together for an encounter with the Lord's birth and the beginning of a New Year. We are heading toward the end of the Great Jubilee Year and are crossing over the threshold of the third millennium.

Luke the evangelist places the birth of the child Jesus within both local and universal history (cf. Lk. 2:1-7). An event, to all outward appearances very ordinary, which takes place in a small and insignificant town in Judea takes on a salvific and worldwide import. The event is clothed with a particularly social and theological meaning which is entirely unexpected by those who live nearby. It would require a faith-illuminated view, like that held by Mary, Joseph, and the shepherds to perceive the transcendent meaning of the event: to all such people is given new life the source of which is God (Jo. 1:12-13).

There are two images in Luke: the "silence of Mary" and the "shepherds' pilgrimage" (Lk. 2: 8-19); these serve as model and stimulus to introduce us to the dynamism of the Spirit and to enable us to read our daily, personal, and institutional story from the perspective of salvation history. Both images present us with approaches and choices in living that are basic to a Christian faith experience: contemplation of the mystery of God; intimacy with the Lord; readiness to allow ourselves to be taken over by God and his disconcerting logic.

The "silence of Mary" that is so different from the silence of one unaware of the mysterious presence of God and his loving design for creation is a sign of Mary's unconditional availability; it is equally a sign of her pursuit of God and her capacity to make room for God in her heart, her body, in her womanly being, in her plan of life. The silence of Mary translates to her acceptance of the Word, whose presence she interiorly ponders over and transforms into an effectual association with the life, the cause, the destiny of Christ.

The "pilgrimage of the shepherds" signifies the voyage of faith under the absorbing and transforming influence of grace. Their social and educational background meant that these shepherds lived at the very margins of the civil and religious life of the era. They were the least, the poor, the excluded, the ones without any impact on the twists of local history and without any value for the powers of the establishment. Yet, by God's preferential choice, they were the first recipients of the joyful news, the first to witness to the birth of the Savior, the first to announce the Gospel. They had three qualifying attitudes:

All this describes an experience lived and shared by a band or group; together they watched over their flocks that night; together they set off on the road; together they found Mary, Joseph, and the Child; together they left to spread the word while praising and glorifying God.

Our actual existence as Congregation and Dehonian Family is not foreign to this local and universal history; in both positive and negative ways it is actually fully intertwined with this plan for salvation and mercy, an outcome of God's goodness and gratuitousness which is revealed at Christmas. In a certain fashion, the two images referred to express two dimensions of our charism:

It also demands from us knowing how to be God's agents, knowing how to make his logic our own, a logic which is so diverse and distant from all the schemes and plots of the powers of this world.

I believe, in all simplicity, that the Congregation is found on this path, even if there remain things that need changing, cleansing, and perfecting.

This jubilee year has stirred up in us a number of commitments, hopes, and expectations. The "cleansing of our recollections" and the "reconciliation" proposed by the Holy Father and implemented by many SCJ communities have been a practical and concrete translation of our being "prophets of love and servants of reconciliation in Christ". Continuance in the jubilee spirit means carrying on the re-establishment of dialog where it has been weakened and re-networking broken relationships, in curing unhealed wounds and in working along with those engaged in the new evangelization and with those working toward justice and peace and the promotion of human dignity.

Leaving grandiose utopias behind, we need to pass over to sound decisions which, even if limited, effect our daily reality as it touches upon the life of poverty, the gospel-based administration of money and material goods, solidarity with the needy, etc. This is what the General Conference at Recife asked of us.

This past year, in Rome and elsewhere, there were so many "Holy Doors," a figure of Christ. In a short while, they will be closed until the next jubilee; but the "Holy Door" of our poorest brothers will always remain open and through it we must pass if we wish to find the Lord and stand with him. In the coming year the duty we have to be "open doors" personally and as communities toward those who need us will continue.

Christmas celebrates life, "the source of life." This is an occasion for renewing our life and our hope as a Congregation and as the entire Dehonian Family.

This past year we had so many signs of life for which we need to give thanks to God and to many of our confreres: the General Conference at Recife which planned for real and concrete activities; the creation of the Region of Madagascar after 25 years of local presence and growth; the increase in the number of novices causing us to rejoice and hope for the best; and the participation in the XV World Youth Day by more than 500 young Dehonians coming from 20 or so countries. The organization for and the presence of young Dehonians from the Third World at this event and the logistical reception these participants received were made possible thanks to the generosity of the North Italian province which underwrote the entire expense.

The International Meeting of the Dehonian Family which took place at Rome this past October was another sign of life. The meeting confirmed that the charism and spirituality of Fr. Dehon are, to the entire Church, free and gracious gifts of the Spirit who is raising up ways of Christian commitment among the different groups and clusters that make up the church. This is a reality that deserves our attention, our understanding, and our support for the varying vocations and the structural autonomy of each component. The appeal these lay people made to share their experiences with SCJs, looked upon like their elder brothers, was very powerful.

Resonating with the jubilee spirit, we have welcomed from the Holy Father the theme and motto proclaimed for the year 2001: "Dialog among all the cultures for a civilization of love and peace." Solidarity spread world-wide, the movement of the center of vitality of the Church toward the southern part of the world, the internationalization of our Congregation and our entire Dehonian Family, the variety of our works, the diversity and the complimentarity of our experiences…these are all signs of the times that invite us to an increasingly more catholic (universal) outlook, to a deeper communion that is widely sensed, to a local presence that is more incarnated in the various cultures.

When every culture expresses the fullness of its life and is met face-to-face with Gospel values then we will discern their limitations and any counter-cultural values.

Faced with a growing fundamentalism, particularly in Asia, we need to gamble on ecumenical dialog which is both interreligious and intercultural. We have the saddening situations of a war in the Congo, extreme uncertainty in the Philippines, religious and political conflicts in the Archipelago of the Moluccas (Indonesia); hence we must be persevering in the proposal of a culture of peace, mercy, and pardon, of reconciliation among tribes, among political and religious parties, among nations. We must accomplish all this without neglecting a critical appreciation of the complexities of these situations.

To face the growing uncertainty arising in various part of Eastern Europe, we must be open to and work with the Orthodox church.

To face the aging of some of our provinces and regions, and the restricted personnel situations found just about everywhere, we must promote collaboration with laity and with other organizations even more as well as with apostolic and service institutions.

To face postmodern culture, which has such communications and information wealth at its disposal but yet infected with consumerism and neo-liberal market economics, it is our task to set a high value on human relations, community goals, ecclesial communion, and protection of the poor.

To face the invasion of secularism, it is our task to witness to God's absoluteness and to be faithful disciples who hear the Word, as Mary did.

In this way, Christmas will become a welcome to the Lord, an interweaving of our daily lives with salvation history, a transformation of both persons and society in keeping with the logic of God and his merciful plan.

Let the Lord come to confirm us in hope and in efforts to bring about his "Kingdom in souls and in society." Let him give us his grace, fill us with his joy, take us along the paths of justice and peace, and enable us to act with wisdom.

A Merry Christmas and a Happy New Year 2001 to the entire Dehonian Family on behalf of the General Curia and in my own name!
 

Fr. Virginio Bressanelli, scj
And his Council


MENSAGEM PARA O NATAL E ANO NOVO

Roma , 21 de novembro de 2000
Prot. 260/2000

A todos os membros da Família Dehoniana
(SC J, Consagrados, Leigos)

 Caros Irmãos e Irmãs,

Mais uma vez nossa Família Dehoniana sente-se chamada a celebrar o Natal e o Ano Novo. Estamos no fim do ano do Grande Jubileu,e ao mesmo tempo, à portas do Terceiro Milênio.

O evangelista Lucas insere o nascimento do menino dentro da história local e universal (cf. Lc. 2, 1-7). Um fato aparentemente comum, acontecido num vilarejo obscuro e desconhecido da Judéia, ganha um destaque mundial e salvífico, reveste-se de um significado social e teológico, jamais imaginado pelos povos daquele tempo. Somente o olhar iluminado pela fé, de Maria, de José, dos pastores, é capaz de entrever a transcendência deste episódio e a eles é dado o dom de uma novidade de vida que vem de Deus (Jo. 1, 12-13).

Dois ícones de Lucas: o 'Silêncio de Maria' e a 'peregrinação dos pastores'. (Lc. 2, 8-19) nos colocam na dinâmica do Espírito e nos auxiliam na leitura de nosso cotidiano, como pessoas e membros de uma instituição, na perspectiva da história a salvação. Estas duas imagens apresentam atitudes e opções essenciais à experiência de fé cristã: a contemplação do mistério divino, a intimidade com o Senhor e a prontidão em deixar-se envolver por Deus em sua história sem lógica.

O 'Silêncio de Maria', tão diferente do silêncio que não brota da presença de Deus e de seu desígnio de amor, é sinal da sua capacidade de abrir um lugar para Deus no seu coração, no seu corpo, na sua experiência de mulher, no seu projeto de vida. O silêncio de Maria se transforma em acolhida de Palavra, assimilada interiormente e traduzida numa vida que acabou sendo toda ela marcada pela história de seu Filho.

A 'Peregrinação dos pastores' acontece num itinerário de fé, sob a força envolvente e transformadora da graça. Em sua condição social e cultural, os pastores vivem à margem da vida religiosa e civil da época. Eles eram os últimos, os marginalizados, os pobres, aqueles que nada contavam na história local, que nenhum influência exerciam. Assim mesmo, na opção preferencial de Deus eles tornam-se os primeiros destinatários do alegre anúncio, os primeiros testemunhas do nascimento do Salvador, os primeiros arautos do evangelho. Três atitudes os caracterizam:

Tudo isto desenha um quadro de uma experiência vivida em grupo. Juntos, eles velam sobre o rebanho, juntos, põem-se a caminho, juntos, encontram Maria, José e o menino, juntos, partem para anunciar o evento, louvando e glorificando a Deus.

Nossa Congregação e toda a Família Dehoniana não ficam indiferentes a esta história. Nós estamos imersos nela, neste desígnio de salvação, neste projeto de misericórdia, fruto da bondade e gratuidade divinas, manifestadas no Natal. De certa forma estes dois ícones representam dois lados do nosso carisma:

É preciso que saibamos situar-nos do lado de Deus e que façamos nossa sua lógica desconcertante, tão distante e diversa de todos os esquemas de poder e de força presentes no nosso mundo hodierno.

Acredito piamente que nossa Congregação esteja nesta estrada, mesmo que haja ainda muitas coisas por rever, converter, purificar e aperfeiçoar.

Esta ano jubilar nos trouxe tantos compromissos e esperanças. A purificação da memória, e a reconciliação, propostas pelo Santo Padre e assumidas por muitas comunidades dehonianas, vieram ao encontro de nossa escolha de sermos profetas doa amor e servidores da reconciliação em Cristo. Ainda no espírito do Jubileu, é preciso dar continuidade às iniciativas deste gênero para restabelecer o diálogo, onde ele foi cortado, para sanar feridas ainda vivas, para restaurar relações rompidas, para colaborar com aqueles que se comprometeram com a nova evangelização no contexto da justiça e da paz e na promoção da dignidade humana.

É preciso ir além das grandes utopias e fazer opções coerentes, mesmo que limitadas, dentro da realidade de nosso cotidiano e do testemunho da pobreza, da administração evangélica do nosso dinheiro e dos bens culturais, na solidariedade com os mais necessitados, como nos propôs a Conferência geral do Recife.

Durante este ano deparamo-nos com tantas 'Portas Santas', figuras de Cristo. Em breve estas portas serão fechadas até o próximo Jubileu. Ficará para sempre aberta a 'Porta Santa' de nossos irmãos mais pobres, que precisamos ultrapassar para encontrar o Senhor e estar de seu lado. Continuamos com o compromisso de sermos nós portas abertas a todos os que de nós precisarem.

O Natal celebra a vida, a 'fonte da vida'. Para a Congregação e toda a Família Dehoniana é uma ocasião de renovação da vida e da esperança. Este ano tivemos diversos sinais de vida que devemos agradecer a Deus e a tantos irmãos nossos: a realização da Conferência geral no Recife com o intuito de encaminhar medidas concretas; a criação da Região de Madagascar, após 25 anos de presença dehoniana naquela ilha; o aumento do número de noviços que nos alegra e aumenta esperança; a participação na XV Jornada Mundial da Juventude, por parte de 500 jovens dehonianos, oriundos de mais de 20 países, num evento cuja organização tornou-se possível graças à iniciativa e generosidade da Província Italiana Setentrional que favoreceu a vinda dos jovens do Terceiro Mundo, custeando-lhes as despesas. Também o Encontro da Família Dehoniana, realizado em Roma, em outubro deste ano, é outro sinal de vida. O encontro veio a confirmar que o carisma e a espiritualidade de P. Dehon são um dom gratuito e livre do Espírito a toda a Igreja e que está abrindo novos caminhos de compromisso cristão. Esta é um aspecto que merece atenção e apoio no respeito às diversas vocações e na autonomia de organização dos vários elementos da Família, Foi forte o apelo dos leigos pela partilha desta experiência com os religiosos SCJ, considerados os irmãos maiores.

Ainda dentro do espírito do Jubileu acolhemos o lema proposto pelo Papa para o ano 2001: "Diálogo entre as culturas por uma civilização da paz". A globalização da solidariedade, o deslocamento do centro vital da Igreja em direção do Sul do mundo, a internacionalidade da Congregação e de toda a Família Dehoniana, a pluralidade de nossas obras, a diversidade e a complementariedade de nossas experiências.... são sinais dos tempo, que nos convidam a uma visão sempre mais católica (universal) e uma comunhão mais profunda e viva e uma inserção local mais encarnada nas diferentes culturas.

Será no confronto com os valores do evangelho que cada cultura há de expressar o máximo de sua vida e aprenderá a conhecer seus limites e contra-valores.

Diante do fundamentalismo crescente, sobretudo na Ásia, devemos apostar no diálogo ecumênico e inter-religioso. Na triste situação de guerra no Congo e de extrema incerteza nas Filipinas, nos conflitos religiosos e políticos no arquipélago das Molucas (Indonésia), perseveremos na proposta da cultura e da paz, da misericórdia e do perdão, da reconciliação das tribos, das facções políticas e religiosas, das nações. Isto é possível, sem renunciar a uma análise crítica da complexidade destes fatos. No ambiente de mútua desconfiança reinante no Leste europeu, procuremos a colaboração coma Igreja Ortodoxa.

No acentuado envelhecimento de algumas Províncias e Regiões, na escassez de pessoal em quase toda parte, sejamos mais abertos à colaboração com os leigos e com outros organismos e instituições de pastoral e serviço. Na emergente cultura pós-moderna, rica de meios de comunicação e informação, mas imbuída pelo consumismo e pelo pensamento neo-liberal da economia de mercado, cabe-nos privilegiar as relações humanas, os projetos comunitários, a comunhão eclesial e o protagonismo dos pobres.

Diante do secularismo em expansão, cabe-nos testemunhar o Absoluto de Deus imitando Maria na escuta da Palavra.

Desta forma o Natal será para nós acolhida do Senhor, imersão de nossa vida cotidiana na história da salvação e transformação das pessoas e da sociedade, de acordo com a lógica de Deus e seu projeto de misericórdia.

O Senhor venha a nos confirmar na esperança e no compromisso pelo advento de seu "Reino nas almas e na sociedade". Ele nos conceda sua graça, nos encha de alegria, nos conduza pelos caminhos da justiça e da paz e nos faça viver agir com sabedoria.

Feliz Natal a próspero Ano Novo a toda a Família Dehoniana em nome da Cúria Geral e meu em particular.
 

P. Virginio Bressanelli, scj
e seu Conselho