L'Eucaristia: cuore della nostra vocazione dehoniana

Considerare l’Eucaristia segno della carità di Cristo, della sua totale donazione per la salvezza nostra, ci proietta direttamente nell’ultima cena che il Signore celebrò con i suoi discepoli.

Il retroscena, lo sappiamo, colloca l’ultima cena nel contesto della cena ebraica.

Ma questa volta c’è di più:

Nell’Eucaristia Gesù congiunge l’adorazione di Dio con la liberazione sociale degli uomini dal peccato, dalla fame corporale e spirituale, dalla solitudine. L’atteggiamento profetico di Gesù proclamò che Dio è Padre sempre vicino. Nonostante questi suoi gesti risultavano scandalosi per coloro che si ritenevano giusti, Gesù restò coerente, diventando sempre di più l’amico dei peccatori, rischiando la propria vita per mostrare che i lontani sono amati da Dio. Perciò Gesù non separò mai il valore religioso dei suoi pasti dalle implicazioni sociali e morali che contenevano. Egli era l’alleato del Padre a favore degli emarginati e poveri, rappresentati, nell’ultima cena, dai suoi discepoli, ognuno dei quali era stato chiamato, era stato tirato fuori da qualche forma di povertà e di schiavitù morale, psicologica o sociale che lo separava dagli altri e quindi dal Padre.

In effetti Gesù alla mensa del cenacolo associò se stesso all’intera realtà dell’ingiustizia personale e comunitaria, cosicché la sua fedeltà totale l’avrebbe cancellata una volta per tutte. Di più, in quella sera di addio, Gesù trascura il rituale giudaico, astenendosi dal mangiare e dal bere. E perché si astiene dal mangiare e dal bere? Tale astinenza, in realtà, diviene il segno di estrema efficacia nel sostenere la sua convinzione, piena di speranza, che la salvezza sarebbe giunta con la sua morte.

L’Eucaristia, perciò, per noi dehoniani acquista un sapore tipicamente sociale e ci spinge a cercare rapporti di giustizia. La partecipazione al banchetto eucaristico non può non generare fratellanza, giustizia, solidarietà e carità. Dall’Eucaristia dovrebbe nascere una spinta diretta alla vita sociale e alla solidarietà con coloro che sono più poveri, deboli e che non possono essere presenti ai sacri riti.

È così che il convito eucaristico favorisce l’incontro personale con Cristo e in Cristo con Dio e i fratelli, aprendo la strada al nostro impegno di trasformazione del mondo: in questo modo riempiamo, come dehoniani, tutta la nostra esistenza, la nostra azione e il nostro servizio del significato profondo dell’Eucaristia, nel fare cioè dell’Eucaristia la nostra vita e della vita l’Eucaristia. Quando le parole e i gesti che compiamo nella celebrazione della Messa diventano vita, allora le nostre comunità diventano eucaristiche e ogni celebrazione ci sollecita a chiedere perdono per i rapporti ingiusti nelle vita quotidiana e, contemporaneamente, a chiedere a Dio il coraggio e l’aiuto perché diventiamo noi stessi pane spezzato, condiviso e donato per la trasformazione del mondo: e così la trasformazione eucaristica del pane e del vino nel corpo e sangue di Cristo diventano segno della trasformazione del mondo nel corpo sociale di Cristo, in cui regna il comandamento dell’amore: ´Spezzare il pane della vita coinvolge, personalmente e comunitariamente, nell’aiutare chi non conosce il Vangelo a dischiudersi al dono della fede, e chi se ne è allontanato a riscoprire la gioia della comunione con Cristo Salvatore. Ogni Messa si conclude con il mandato missionario: "andate" per portare l’annuncio del risorto e la sua "pace". Dal mistero eucaristico sorgono, si sviluppano e sono sostentati il servizio ai poveri e la testimonianza della carità, la difesa e la promozione della vita di ogni persona, la lotta per la giustizia e la costante ricerca della paceª. Queste parole prese dal testo base del prossimo Congresso Eucaristico Internazionale (16), sembrano inserire la nostra spiritualità dehoniana direttamente nell’Eucaristia che è il cuore della Chiesa: ´L’Eucaristia, testamento dell’amore di Cristo che si dona perché la Chiesa si realizzi nell’unità e annunci così la speranza per il mondo, si ripercuote su tutto ciò che siamo e su tutto ciò che viviamoª (Costituzioni scj, 81).

Antonio Cuomo (IM)