Il Giubileo della Chiesa

Roma, A.D. 2000

Questa nostra riflessione parte da quanto Giovanni Paolo II afferma nella Bolla di indizione del Grande Giubileo dell’anno 2000 Incarnationis Mysterium: ´Il giubileo è un’ulteriore richiamo alla conversione mediante il cambiamento della vita. Ricorda a tutti che non si devono assolutizzare né i beni della terra, perché essi non sono Dio, né il dominio o la pretesa di dominio dell’uomo, perché la terra appartiene a Dio e solo a lui "La terra è mia e voi siete presso di me come forestieri e inquilini" (Lv 25, 23). Quest’anno di grazia possa toccare il cuore di quanti hanno nelle loro mani le sorti dei popoliª (n. 12). Ci riferiremo, inoltre, alla lettera apostolica: Tertio Millennio Adveniente di Giovanni Paolo II e al Documento della Commissione Teologica Internazionale (8 marzo 2000, mercoledì delle ceneri): Memoria e riconciliazione: la Chiesa e le colpe del passato.

Divideremo, dunque, il nostro percorso in 6 parti:

  1. Le radici bibliche giubileo
  2. La Chiesa, santa e sempre bisognosa di perdono
  3. La purificazione della memoria
  4. Responsabilità personale e comunitaria
  5. Le azioni simbolico-profetiche legate all’anno giubilare
  6. Requisiti per l’indulgenza
  7. Le radici bibliche del giubileo

1. Il cinquantesimo anno

Israele, piccolo popolo del Medio Oriente, politicamente insignificante, acquista un volto particolare per la sua fede nel Dio unico e nella Legge da lui data. Una di queste leggi-chiave era la celebrazione del Sabato: giorno di riposo e di preghiera, giorno dedicato a Dio perché tutto è suo e ogni attività è scandita secondo i suoi disegni e i suoi tempi. Ogni sette giorni Israele cessava l'attività per ricordarsi del suo Dio.

Ogni sette anni era previsto un 'anno sabatico': una specie di sabato protratto per dodici mesi. Era un tempo dedicato in modo particolare a Dio e nel quale la vita ricominciava da capo (riposo della terra, liberazione degli schiavi, condono dei debiti, ecc.)

Questa divisione del tempo con ritmo settenario ha portato ad un'altra scadenza: il cinquantesimo anno (dopo sette settimane di anni), un anno davvero straordinario, detto giubileo (dal suono del corno di montone, lo jobel).

Le prescrizioni dell'anno giubilare sono espresse in Levitico 25,8-17.

Si trattava in fondo di una liberazione generale. Era l'anno del condono: chi era schiavo riacquistava la libertà, chi aveva debiti riceveva il condono, chi era lontano tornava al suo gruppo familiare, le proprietà vendute tornavano al primitivo proprietario per rimediare all'accumulo in mano di pochi, la terra non veniva coltivata perché anch'essa potesse godere di un anno di riposo.

E tutto doveva essere fatto in onore a Dio: ´Dichiarerete santo il cinquantesimo anno...ª (Lv 25,10).

Importante notare il richiamo del v. 17: ´Io sono il Signore vostro Dioª; èlo stesso con il quale inizia il Decalogo. L'alleanza, come il cinquantesimo anno, è dono di Dio e della sua benevolenza verso il suo popolo. Il tempo giubilare metteva in risalto che ogni bene appartiene a Dio; l'uomo è solo il gestore. Il tempo stesso deve essere usato dall'uomo come offerta a Dio, ricordandosi che Lui solo è padrone della vita e della morte.

Le intenzioni dell'anno giubilare non risulta che siano mai state applicate appieno; tuttavia la legge rimase, non venne né tolta né alleggerita.

Il cinquantesimo anno, il giubileo, è diventato una intenzione, un progetto di vita, una attesa: ci sarà un tempo di perdono e di rinnovamento per tutto il popolo, un tempo di misericordia e di liberazione.

Non è pertanto un caso che Isaia usi le stesse espressioni dell'anno giubilare per annunciare l'opera del futuro Messia: ´Lo Spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai poveri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri, a proclamare l'anno di misericordia del Signoreª (Is 61,1-2).

Un significativo retroterra biblico della riconciliazione legata al superamento di situazioni passate è rappresentato dalla celebrazione del Giubileo, così come è regolata nel libro del Levitico (cap. 25). In una struttura sociale fatta di tribù, clan e famiglie, inevitabilmente si creavano situazioni di disordine quando individui o famiglie di condizioni disagevoli dovevano 'riscattare" se stessi dalle proprie difficoltà consegnando la proprietà della loro terra o casa o di servi o figli a coloro che erano in condizioni migliori delle loro. Un tale sistema aveva come effetto che alcuni Israeliti venivano a soffrire situazioni intollerabili di debito, di povertà e di schiavitù in quella stessa terra, che era stata data ad essi da Dio, a vantaggio di altri figli d'Israele. Tutto questo poteva far sì che in periodi più o meno lunghi di tempo un territorio o un clan cadessero nelle mani di pochi ricchi, mentre il resto delle famiglie del clan veniva a trovarsi in una forma di debito o di servitù, tale da dover vivere in totale dipendenza dai più benestanti.

La legislazione di Lv 25 costituisce un tentativo di capovolgere tutto questo (tanto da poter dubitare che sia mai stata messa in pratica pienamente!): essa convocava la celebrazione del Giubileo ogni 50 anni al fine di preservare il tessuto sociale del popolo di Dio e restituire l'indipendenza anche alla famiglia più piccola del paese.

È decisiva per Lv 25 la regola-ripetizione della confessione di fede d'Israele nel Dio che ha liberato il Suo popolo attraverso l'Esodo: ´Io sono il Signore vostro Dio, che vi ho fatto uscire dal paese d'Egitto per darvi il paese di Canaan, per essere il vostro Dio ª (Lv 25,38; cf. vv. 42.45). La celebrazione del Giubileo era un'implicita ammissione di colpa e un tentativo di ristabilire un ordine giusto.

La liberazione delle vittime e dei sofferenti diventa parte del più ampio programma dei profeti. Il Deutero-Isaia, nei Carmi del Servo sofferente (Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-11; 52,1 53,12), sviluppa queste allusioni alla pratica del Giubileo con i temi del riscatto e della libertà, del ritorno e della redenzione. Isaia 58 è un attacco contro l'osservanza rituale che non ha alcun riguardo per la giustizia sociale, un richiamo alla liberazione degli oppressi (Is 58,6), centrato specificamente sugli obblighi di parentela (v. 7). Più chiaramente, Isaia 61 usa le immagini del Giubileo per ritrarre l'Unto come l'araldo di Dio che invia ad "evangelizzare" i poveri, a proclamare la libertà ai prigionieri e ad annunciare l'anno di grazia del Signore.

È significativamente proprio questo testo, con un'allusione a Isaia 58, che Gesù usa per presentare il compito della sua vita e del suo ministero in Luca 4,17-21.

Gesù è il compimento dell’anno di grazia

Nella Sinagoga di Nazaret, Gesù annuncia all’assemblea che aveva gli occhi fissi su di lui: ´Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchiª (Lc 4, 2).

Così fa capire che il Messia annunziato dal Profeta era proprio lui e che in lui prendeva avvio il tempo tanto atteso: era giunto il giorno della salvezza, la pienezza del tempo. Tutti i Giubilei si riferiscono a questo tempo e riguardano la missione messianica di Cristo, venuto come consacrato con l'unzione dello Spirito Santo, come mandato dal Padre. È lui ad annunziare la buona novella ai poveri. È lui a portare la libertà a coloro che ne sono privi, a liberare gli oppressi, a restituire la vista ai ciechi (Mt 11,4-5;Lc 7,22). In tal modo egli realizza 'un anno di grazia del Signore', che annunzia non solo con la parola, ma prima di tutto con le sue opere.

Allora "giubileo" o "anno di grazia del Signore" non è solo il nome di una ricorrenza, ma soprattutto la caratteristica dell'attività di Gesù (TMA n. 11), che porta l'amore, il perdono, la pace e la gioia.

2.La Chiesa, santa e sempre bisognosa di perdono

L'anno di grazia per la Chiesa

´Il Giubileo, per la Chiesa, è proprio questo anno di grazia: anno della remissione dei peccati e delle pene per i peccati, anno della riconciliazione tra i contendenti, anno di molteplici conversioni e di penitenza sacramentale ed extrasacramentaleª. (TMA n. 14)

Viviamo questo Giubileo del 2000, il Giubileo della Redenzione, come grande incontro con il Cristo, nostra pace e nostra riconciliazione, come intensa ricerca di comunione nella Chiesa e come attiva partecipazione alle vicende della nostra società!!

 La santità della Chiesa

La storia della Chiesa è una storia di santità. Il Nuovo testamento afferma con forza questa caratteristica dei battezzati: essi sono i ´santiª nella misura in cui rendono culto al vero e unico Dio e abbandonano la strada dell’idolatria (Cf. Ap 7, 9). La Chiesa è santa perché è stata comprata a caro prezzo da Cristo, che si è volontariamente consegnato alla morte per lei. Essa viene continuamente rinnovata nella sua santità dalla continua azione vivificante dello Spirito santo, che la pervade e la guida e spinge i credenti a diventare come il Figlio, a diventare pienamente uomini, senza peccato, riacquistando la bellezza del volto com’era al momento della creazione.

 La santità nella Chiesa

Essere santi significa realizzare pienamente la propria vocazione e missione: essa ha sempre un orientamento verso Dio e verso i fratelli ed ha perciò un carattere essenzialmente sociale: la santità "nella Chiesa" è orientata al bene di tutti. Alla santità della Chiesa deve, dunque corrispondere la santità nella Chiesa.

La necessità di un continuo rinnovamento

Senza offuscare questa santità, è doveroso tuttavia riconoscere come nella storia si registrano vicende che costituiscono una contro-testimonianza nei confronti della credibilità del cristianesimo. Pur senza averne una responsabilità personale oggi si porta il peso degli errori e delle colpe passate. Ma anche noi oggi abbiamo i nostri peccati che offuscano la giovanile bellezza della sposa di Cristo.

Il nostro peccato impedisce allo Spirito di rendere feconda la parola nel cuore e nella vita di tanti fedeli. La poca fede e la poca testimonianza fanno cadere molti fratelli nell’indifferenza e li allontanano da Cristo. Tutti, quindi, siamo chiamati ad inginocchiarci davanti a Dio e ad implorare il suo perdono per i peccati presenti e passati dei suoi figli. Tutti hanno peccato e nessuno può dirsi giusto davanti a Dio (cf. 1Re 8, 46).

Si ripeta il grido di Geremia: ´Abbiamo peccatoª (Ger 3, 25), ma sia mantenuta viva la certezza che ´laddove ha abbondato il peccato ha sovrabbondato la graziaª (Rm 5, 20): nessuno è escluso dall’amorevole abbraccio del Padre misericordioso. La gioia del perdono sia più grande di qualunque risentimento, rancore e paura… e il volto della sposa di Cristo tornerà a brillare come nel giorno delle nozze (Cf. Incarnationis mysterium, 11).

La purificazione della memoria

La maternità della Chiesa

La Chiesa intera, mediante la confessione dei suoi figli, confessa la sua fede in Dio e ne celebra l’infinita misericordia: In realtà, ´sebbene rivestiti della grazia battesimale, noi non cessiamo di peccare, di allontanarci da Dio. Ora, con la domanda "Rimetti a noi i nostri debiti", torniamo a lui, come il figlio prodigo (cf. Lc 15, 11-32), e ci riconosciamo peccatori davanti a lui, come il pubblicano (cf. Lc 18, 13). La nostra richiesta inizia con la nostra "confessione", con la quale confessiamo ad un tempo la nostra miseria e la sua misericordiaª.

Il peccato non ha mai una rilevanza solo personale, individuale, perché ognuno di noi è responsabile della crescita nel bene degli altri, della salvezza del fratello. Dunque, la Chiesa, ´pur essendo santa, per la sua incorporazione a Cristo, non si stanca di fare penitenza: e riconosce sempre come propri, davanti a Dio e agli uomini, i figli peccatoriª (TMA, 33), quelli di oggi e quelli di ieri.

La Chiesa quindi può farsi carico del peccato dei suoi figli, in forza del profondo vincolo di solidarietà che esiste nel tempo e nello spazio tra i suoi membri e in forza della loro unione a Cristo mediante il battesimo e l’azione ricreatrice dello Spirito santo. La Chiesa è madre e come tale si fa carico del peccato, dei tradimenti, dei fallimenti e delle lentezze dei suoi figli.

La purificazione della memoria

Questa consiste nel processo volto a liberare la coscienza personale e collettiva da tutte le forme di risentimento o di violenza, che l’eredità di colpe del passato può averci lasciato. Essa esige un reale cammino di riconciliazione, come anche una profonda consapevolezza della sua rilevanza morale e spirituale. Solo così potrà incidere in maniera significativa sul presente, perché le colpe e gli errori del passato, nonostante il peso delle conseguenze attuali, non facciano cadere l’uomo nelle stesse tentazioni di oggi.

La purificazione della memoria richiede perciò ´un atto di coraggio e di umiltà nel riconoscere le mancanze compiute da quanti hanno portato e portano il nome di cristianiª e si fonda sulla convinzione che ´per quel legame che, nel corpo mistico, ci unisce gli uni agli altri, tutti noi, pur non avendone responsabilità personale e senza sostituirci al giudizio di Dio, che solo conosce i cuori, portiamo il peso degli errori e delle colpe di chi ci ha precedutoª.

Il papa, dunque, ci invita a chiedere perdono e a farci carico di queste colpe ´senza nulla chiedere in cambio, forti solo dell’ "amore di Dio che è stato riversato nei nostri cuori" (Rm 5, 5)ª (Incarnationis Mysterium, 11).

Due precisazioni

Le richieste di perdono fatte dal Vescovo di Roma in questo spirito di autenticità e di gratuità hanno suscitato reazioni diverse:

  1. La fiducia incondizionata che il papa ha dimostrato di avere nella forza della Verità ha incontrato un’accoglienza generalmente favorevole, all’interno e all’esterno della comunità ecclesiale. Non pochi hanno sottolineato l’accresciuta credibilità dei pronunciamenti ecclesiali, conseguente a questo comportamento.
  2. Non sono però mancate alcune riserve, conseguenti a disagi legati a contesti storici e culturali, nei quali la semplice ammissione di colpe commesse dai figli della Chiesa può assumere il significato di un cedimento di fronte alle tante accuse di chi è ostile pieno di pregiudizi verso la Chiesa. La Chiesa che chiede perdono non lo fa per dare ragione a tanti pregiudizi di coloro che la accusano degli errori passati: sarebbe un voler creare consensi e non più l’occasione per iniziare un nuovo cammino facendo tesoro degli errori commessi.

4. Responsabilità personale e comunitaria

Peccati del passato

Modi di pensare e di agire che erano vere forme di antitestimonianza e di scandalo; peccati che hanno pregiudicato l’unità voluta da Dio per il suo popolo; metodi di intolleranza e persino di violenza nel servizio alla verità: ci si riferisce alle forme di evangelizzazione che hanno impiegato strumenti impropri per annunciare il vangelo, senza rispetto dei valori culturali dei popoli come anche all’uso della violenza nella repressione e correzione degli errori. Non vanno esclusi i peccati di omissione nella denuncia di ingiustizie e violenze e nella aperta e coraggiosa difesa dei diritti fondamentali della dignità e libertà dell’uomo.

E che dire della Shoah? Certamente l’olocausto è stato frutto dell’odio nazista, ma quanto gli stessi pregiudizi antigiudaici dei cristiani verso "quelli che uccisero Gesù", hanno contribuito alla negazione della fondamentale dignità del popolo ebreo? I cristiani offrirono assistenza e aiuto agli ebrei perseguitati? Nonostante molti cristiano rischiarono la vita pur di salvare gli ebrei, altrettanti non si comportarono da discepoli di Cristo: anche verso questi silenzi e omissioni bisogna chiedere perdono.

Peccati di oggi

La nostra epoca, accanto a molte luci, presenta anche non poche ombre, che spingono a chiederci quali siano le reali responsabilità nei confronti dei mali del nostro tempo: la negazione di Dio sotto tante forme, sia teoriche che pratiche.

Accanto all’eclissi di Dio, come conseguenza c’è l’indifferenza religiosa, la "morte" della speranza, il relativismo etico, la negazione del diritto alla vita del bambino non ancora nato, perfino sancito dalle legislazioni abortiste, e un’ampia indifferenza nei confronti del grido dei poveri in interi settori della famiglia umana.

Quale responsabilità?

Anzitutto bisogna dire che spesso i cristiani hanno trascurato di educare e comunicare la propria fede, talvolta presentando una dottrina errata, per nascondere i difetti della propria incoerenza religiosa, morale e sociale. E così invece di essere i testimoni dell’amore misericordioso di Dio, hanno nascosto il genuino volto di Dio e della religione.

Tutto questo deve sempre farci ricordare che la Chiesa non è un’entità virtuale ma è ciascuno di noi e tutti i figli di Dio, impegnati nel cercare e compiere la sua volontà.

Noi cristiani crediamo e siamo consapevoli del peccato, di tutto l’orrore e la violenza che ne deriva, ma crediamo soprattutto nella grandezza del perdono del peccato, che trova la sua naturale strada nel chiedere perdono a Dio, l’unico nostro bene che schiude la via alla riconciliazione reciproca.

5. Le azioni simbolico-profetiche legate al giubileo

Il pellegrinaggio

Porta l’uomo alla sua condizione di homo viator, cioè di essere in cammino. La Sacra Scrittura, attesta a più riprese l’importanza dell’intraprendere una strada e mettersi in cammino per raggiungere luoghi sacri. Il pellegrinaggio verso Gerusalemme era l’anticipo del pellegrinaggio finale, quando, tutti i popoli, si sarebbero riuniti intorno alla città madre della pace.

La storia della Chiesa è il diario vivente di un pellegrinaggio mai terminato che evoca il cammino personale del credente sul sentiero del Redentore.

Il pellegrinaggio viene vissuto anche come allontanamento dal proprio contesto - fisico, affettivo, simbolico, spirituale - e come accostamento a un luogo, nuovo e diverso, e, sebbene provvisorio, capace di far vivere una particolare condizione definitiva. Certo è che il pellegrinaggio diviene anche desiderio di rompere con la routine quotidiana, con la monotonia, con il lavoro, spesso anche alienante, per dare sfogo alla novità e alla creatività.

Il passaggio attraverso la porta santa

Il passare attraverso la porta santa evoca il passaggio che ogni cristiano è chiamato a compiere dal peccato alla grazia. Gesù ha detto: ´Io sono la portaª (Gv 10, 7), per indicare che nessuno può avere accesso al Padre se non per mezzo suo. L’indicazione della porta richiama la responsabilità di ogni credente ad attraversarne la sogli. Passare per quella porta significa confessare che Gesù Cristo è il Signore, rinvigorendo la fede in lui per vivere la vita nuova che ci ha donato. È una decisione che suppone la libertà di scegliere ed insieme il coraggio di lasciare qualcosa (magari qualche piccolo idolo!), sapendo che si acquista la vita e l’amicizia divina.

L’indulgenza

In essa si manifesta la pienezza della misericordia del Padre, che a tutti viene incontro con il suo amore, anzitutto nel perdono delle colpe. Ordinariamente Dio Padre concede il suo perdono mediante il sacramento della Penitenza e della Riconciliazione. Confessando i propri peccati, il fedele viene riabilitato, rimesso nel dinamismo della vita divina e nella piena partecipazione alla vita della Chiesa: il perdono ricevuto non può non tradursi in un rinnovamento della propria esistenza.

Tuttavia, l’avvenuta riconciliazione con se stessi, con Dio, con i fratelli e con il creato, non esclude la permanenza di alcune conseguenze del peccato dalle quali è necessario purificarsi. È precisamente in questo ambito che acquista senso l’indulgenza, mediante la quale viene espresso il ´dono totale della misericordia di Dioª. Con l’indulgenza al peccatore pentito è condonata la pena temporale per i peccati già rimessi quanto alla colpa: si riacquista la piena comunione con Dio e i fratelli.

6. Requisiti per l’indulgenza

Il giubileo è incontro con il Signore che, come ai malati del vangelo, dice: ´Ecco che sei guarito, non peccare piùª (Gv 5, 14) Tutte queste cose sono solo di esempio e di stimolo per una vera conversione che parte dall’impegno a colmare quella frattura che sempre sperimentiamo tra vita di preghiera, nella celebrazione, e vita pratica, di servizio e di testimonianza, che costa comunque sacrificio.

Che il Signore benedica il nostro impegno di trasformazione del mondo in una città abitabile per tutti.

  • Antonio Cuomo (IM)