LETTERA DI P. MADELLA DALL’ANGOLA

 

 

 

Luanda, 29.03.2004

 

Carissimi,

Un saluto amico. Sì, ho fatto il salto dal Mozambico all’Angola il 17 marzo, dove due confratelli portoghesi mi hanno preceduto il giorno 5 dello stesso mese.

Il progetto è in via di concretizzazione, ma gli inizi sono lenti e difficili, specialmente le pratiche di autorizzazione di un permesso di residenza temporanea e poi annuale. Ci sono tante cose allo stesso tempo e c’è bisogno di gradualità e di molta pazienza, di umiltà e di collaborazione da cercare e sollecitare.

L’arcivescovo Dom Damião Franklin ci ha detto di andare avanti con determinazione ed approva la solidarietà di coloro che ci stanno dando una mano, un passaggio, un tetto e un piatto. Il 25 marzo ha pure confermato il nostro servizio pastorale al Km 9 sulla strada di Viana, nella parrocchia denominata Nostra Signora del Rosario.

Appena possibile andremo ad abitare provvisoriamente (mesi, anni?) in alcune stanzette libere e messe a nostra disposizione dalle Suore Domenicane di S. Caterina da Siena (all’entrata di una escolinha).

Tra l’altro ho saputo che qui la vita è dura ed ha costi altissimi e solo si parla in termini di dollari e non di moneta locale (cuanza). La guerra è terminata da due anni e se ne celebra l’anniversario, ma le conseguenze permangono nelle persone e nelle strutture sociali (mancanza di beni di prima necessità o di soldi per acquistarli, mancanza di acqua potabile, di luce elettrica stabile).

È il mese di marzo e in Angola/Luanda è terribilmente caldo-umido… Il nostro inizio è stato una vera “iniziazione” in tutti i sensi.

Per ora i tre dehoniani di Luanda si muovono con calma e con ingenuità fanciullesca; sanno già che si esce da casa a ora concordata, ma che si rientra quando il traffico caotico lo permette o lo permettono le lunghe attese negli uffici… Ma perché tanta fretta?

Noi faremo come quelli che ci hanno preceduto e poi… ad giorno il suo affanno e le nuove esperienze di missione internazionale. La Missione è anzitutto del Maestro ed esige una riscoperta delle motivazioni evangeliche-ecclesiali e una capacità di risposta e di dono.

Ritorno a me: cosa mi è successo? In gennaio 2003 ho esposto al Gurue ,viaggiando per Milevane, la mia disponibilità al progetto Angola. Sapevo di non essere il primo e che c’erano delle nomine e degli accordi anche a livello internazionale da tenere presenti. Ne sono seguite tensioni che ho vissuto con relativa serenità e motivazione, in libertà di spirito. Ho scoperto la presenza amica e sollecitante di molte persone.

Visto che le cose procedevano sempre più in concreto, ho accettato le nuove sfide e a settembre 2003 ho visitato Luanda per dieci giorni. Sono rientrato e ho ripreso il mio lavoro. Verso la fine dell’anno 2003 ho cominciato a salutare, dicendo che stavo per partire. Ho appreso la pazienza di attendere per le formalità burocratiche. All’inizio del nuovo anno le persone sorridevano: “Sei già di ritorno definitivo?”, dicevano. Tra sorrisi e crucci, ho celebrato la festa di p. Dehon in marzo (in unione alla Famiglia dehoniana). Il 15 ho ricevuto a Maputo la risposta positiva dell’Ambasciata dell’Angola e il 17 ho trovato posto nell’aereo Maputo-Luanda via Johannesburg. In cuor mio ho salutato vicini e lontani.

La nuova situazione, concreta e contraddittoria, obbliga al realismo. Le tensioni che si susseguono obbligano a riflettere e interiorizzare per poi arrivare, con docilità, ad un’azione forte e interiore dello Spirito. Se ci sono momenti costruttivi nella quotidianità, ve ne sono altri di sintesi e molto intensi, che vengono a sconvolgere piani e progetti personali, aprendo ad un cammino ecclesiale universale, alla novità…

Ora mi sento un bambino, con una certa esperienza, ma sempre un bambino che è obbligato a procedere con esitazione e incertezze e sempre nuove difficoltà. Vorrei

volare, bruciare le tappe, ma il ritmo di questa nuova musica è lento, ma attraente e sconosciuto, sia per i ballerini che per coloro che assistono allo spettacolo.

Mi ricordo di un trenino di una rivista, che ho voluto ritagliare e commentare: mi identificavo con la motrice. Erano ormai chiari i primi vagoni:

- quello italiano (la formazione)

- quello di Madera (1963-1965)

- quello del Mozambico (1970-2004).

La novità sta nel quarto, quello dell’Angola. Come sarà? Sono sicuro però che tutto è concatenato e rispecchia la mia vita di ieri e di oggi. Posso dire che sono contento del mio futuro trenino e delle stazioni che ho visitato nel mio viaggio lunghissimo, soprattutto sono contento delle persone che ho incontrato anche se in tempi brevi.

Realisticamente una voce mi risveglia e mi ricorda: e gli sbagli, le umiliazioni, le critiche, gli equivoci della vita? Il continuo andare, senza mai fermarsi, le nuove situazioni, i nuovi servizi, i nuovi incontri?

Il fuoco ha tanti aspetti, belli e dolorosi; riscalda, brucia, ma anche trasforma. Il fuoco ci può spingere in nuove situazioni, mai pensate né programmate. Ma il fuoco dello Spirito domanda di non chiuderci e di lasciarmi trasformare ancora una volta, per il bene e la gioia soprattutto degli altri.

Qualcosa di simile potrebbe diventare l’esperienza dell’Angola e, mi chiedo, sarà l’ultima? L’importante è che il mio vagone sia aperto e accogliente, che lo lasci correre liberamente su tutti i binari.

Certo ho vissute queste ed altre riflessioni che non posso esprimere se non sinteticamente e attraverso dei simboli. Queste righe sono state scritte a cuore aperto e come richiesta di solidarietà e di preghiera.

Vi ricordo e vi saluto da Luanda, con i miei unici confratelli Joaquim e Domingos, in attesa di Rizzardi. In corde Jesu et Mariae! Un abbraccio,

Madella p. Maggiorino scj