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P. André Perroux SCJ

 

Commissione Generale pro Beatificazione di p. Dehon

Curia Generale SCJ

Roma - 2004

Il senso di chiesa secondo padre Dehon

Due piste delineano la nostra riflessione attorno al tema proposto, „Il senso di Chiesa nell'ispirazione dehoniana”:

. Come Padre Dehon ha vissuto la Chiesa?

. Il „Cuore” della Chiesa.

Sono linee orientative, indicazioni per aiutarci ad esplorare un po' un tema ampio senza perdersi troppo, e il rischio rimane reale… Mettiamoci in cammino, approfittiamo del paesaggio senza pretendere cogliere tutte le sue particolarità!

Soprattutto indicano un cammino che intende prolungare la ricca riflessione condotta da Padre Francesco Duci sulla Chiesa - comunione. Abbiamo qui una profonda meditazione teologica. Deve rimanere ben presente alla nostra condivisione che considera un tema più circoscritto: il „senso di Chiesa” secondo l'ispirazione di Padre Dehon.

Sappiamo bene, lo accenno qui in brevissime parole, ciò che nella tradizione viene suggerito dall'espressione molto antiqua „senso di Chiesa”, „sensus Ecclesiae”.

Non si tratta per prima e non soltanto della teologia della Chiesa, la parte chiamata „ecclesiologia”. Nella quale sono studiate le fonti della Chiesa e la sua storia, le sue componenti e il suo funzionamento, poi la comprensione proposta, il suo senso-„significato” nella tradizione e nella presentazione sistematica, la relazione tra Chiesa e Regno e mondo nel mistero della salvezza…

Qui parliamo non esattamente del senso della Chiesa, ma del „senso di Chiesa”. Per considerare piuttosto il vissuto, l'esperienza di Chiesa nella vita. Come, inserito e nutrito vitalmente nella Chiesa a partire dall'iniziazione cristiana, ogni battezzato si vede, si capisce concretamente, e si costruisce, persona in „comunione”. Come „riceve/invia” la fede nella Tradizione vivente. Come nella Chiesa, animata dallo Spirito del Risorto nel suo cammino attraverso i secoli secondo le situazioni e le culture, come ogni membro realizza la sua propria vocazione nel servizio della comune missione, cioè la testimonianza resa al Vangelo nel concreto della storia.

Così almeno ho colto il primo orientamento proposto: come Padre Dehon ha vissuto la Chiesa. Reazione tanto più spontanea che, mi pare, tal modo di capire la domanda corrisponde bene a ciò che caratterizza Padre Dehon: non una posizione teorica di tipo scolastico, un insegnamento sistematico che troviamo quasi mai nella sua opera. Ma la vita di un uomo che con la sua formazione e nella sua generosità partecipa con fervore alla vita della Chiesa del suo tempo. Si dice tanto felice e grato di così sentirsi intimamente unito al Signore nella comunione del suo „Corpo”, e di dare con tutte le sue energie il suo contributo personale alla sua vitalità. Dalla Chiesa, nella Chiesa, per la Chiesa, ha ricevuto e ha dato, trasmettendo soprattutto con il suo modo di vivere una esperienza spirituale che noi, nella stessa Chiesa, la Chiesa di sempre ma oggi nel presente della sua itineranza, riteniamo feconda per la nostra vita, per la nostra testimonianza oggi.

Quindi evocheremo, sì, il Padre Dehon, la sua esperienza di Chiesa: ma per riportarci alla nostra propria esperienza, nel nostro presente e secondo la nostra vocazione. Nel desiderio di approfondire questa esperienza, valutandola, illuminandola mediante il contributo della riflessione e della condivisione. Di nuovo non dovrebbe essere troppo difficile: in buona parte, credo, il cammino seguito da Padre Dehon nel suo tempo non è molto diverso di quello che molti di noi abbiamo seguito, pur in un contesto storico assai nuovo.

Padre Dehon ha conosciuto la Chiesa per prima come „Chiesa domestica”. Su questa espressione e il suo contenuto rimando al testo di P. Duci: la Chiesa nella casa, nella „domus”, domestica. Per chi ne fa l'esperienza dalla sua nascita, una Chiesa che viene inserita quasi naturalmente nel tessuto umano della realtà di famiglia. Molto prima di essere nominata, prima di essere identificata e scelta coscientemente, in questa esperienza si incontra una Chiesa che si offre, si riceve, si vive nella comunità famigliare. Viene percepita subito come comunione, interdipendenza nella vita tra relazioni varie e definitive, dove ognuno riceve e trova il suo posto nella diversità delle persone. Entrando nel nucleo della famiglia, ogni persona viene inserita concretamente nella continuazione delle generazioni, respira uno „spirito” di famiglia, eredita una lingua, le tradizioni, una cultura. Il piccolo nucleo famigliare è inseparabile da un comune, da una regione, in una patria; e a vari livelli c'è quasi una osmosi tra società umana e società cristiana. Dalla parrocchia alla diocesi, poi alla grande Chiesa del paese, e alla Chiesa universale, progressivamente…

Così nella situazione storica di Padre Dehon in Francia. E sappiamo quanto tutto questo conta e conterà sempre per lui. Si rivela chiaramente un uomo di fedeltà e di tradizione, il figlio di una terra precisa che non rinnegherà mai, affettivamente attaccato alla sua patria nella sua identità cristiana, e che sempre presta molta attenzione alla storia, alle radici umane: tanto le radici sprofondano in une terra sana, tanto i rami dell'albero sono verdeggianti e fecondi. Dalla sua nascita egli riceve una eredità nella quale la civilizzazione globalmente è nello stesso tempo umana e cristiana. Soprattutto nel suo ambiente rurale, si può dire pressappoco che nascendo alla vita nasce anche alla Chiesa, una Chiesa che appartiene all'orizzonte sociologico, accompagna spontaneamente ogni persona, dall'inizio alla fine della sua vita.

Per rimanere nel concreto, e perché probabilmente nel suo profilo tale esperienza vale più o meno per parecchi di noi anche se siamo adesso coinvolti in una evoluzione rapida e profonda…, ricordiamo brevemente la famiglia di Padre Dehon.

Per prima la sua madre: „mia madre che ho amato più di nessuno sulla terra”, „ha indirettamente preparato la mia vocazione e otterrà la mia salvezza” (NHV XIV, 129 e 149). Poi le nonne e le zie, sorelle della mamma, una è la sua madrina molto amata…. Anche, diversamente, il padre, poco praticante come molti uomini allora, ma un uomo che è testimone vivo di valori preziosi: onestà e fedeltà, rispetto e tolleranza, amore della vita espresso nell'affetto effettivo ma discreto, nel lavoro e col senso del rendimento e dell'economia, nell'apertura al tempo, attento all'evoluzione della società, protagonista nell'impegno civile… Sono valori concreti che nel ricordo del suo figlio fanno di lui un „giusto”. Presentano dell'appartenenza alla Chiesa una dimensione umana molto preziosa che il figlio attesterà. „Ti rendo grazie, ô mio Dio, di avermelo dato… Il suo ricordo mi è dolce, mi aiuta, mi conforta” (NHV I, 5v).

Così nell'esperienza originaria di Padre Dehon troviamo ben presenti come due versanti, e li troviamo convergenti nell'unità di una famiglia stabile e serena: la Chiesa della fede esplicita e nutrita, espressa con fervore nella pratica e nella carità operosa attorno alla parrocchia. E la Chiesa che intende assumere l'umano, che non ha paura di uscire fuori dai santuari e dalle sacrestie, la Chiesa nel mondo, immersa nella città, con rispetto e senso di responsabilità. Sia ben chiaro: specialmente dopo il concilio Vaticano II, adesso siamo resi molto più attenti alla complementarietà di questi aspetti inseparabili nella missione della Chiesa. Chiesa sacramento di Cristo Luce delle genti (Lumen Gentium) e Chiesa solidale del mondo (Gaudium et Spes). Mi sembra importante però osservare come questo „senso di Chiesa” viene trasmesso, come esperienza immediata che impregna la persona più al profondo di molte parole, al giovane Leone Dehon. La sua appartenenza alla Chiesa si prende dalla vita sacramentale attorno all'iniziazione cristiana, e si realizza nella partecipazione alla vita del mondo. „Il Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società”: così egli lo professerà molto più tarde. Dalla prima infanzia ne ha ricevuto la realtà viva, anche con limiti ma nella solidità umana e cristiana del suo ambiente naturale.

Riteniamo alcune delle numerose confidenze di Padre Dehon: ci lo fanno conoscere meglio nella sua viva sensibilità, e attestano l'interpenetrazione tra l'aspetto umano e quello cristiano nella sua esperienza.

„Dalla madre il figlio non riceve soltanto il suo corpo e il suo sangue, ma la madre crea moralmente, per così dire, l'anima del suo figlio”. Notiamo „en passant” la portata pregnante di questa espressione. „Ella dà al suo figlio il suo sangue vivente, animato; conforma la sua anima alla sua propria; continua la sua formazione nell'educazione” (NQT I/1868, 69). In questo testo P. Dehon parla di Maria, madre di Gesù. Però all'evidenza ricorda la sua propria situazione, la sua educazione. Unisce spontaneamente esperienza umana e meditazione del Vangelo. Il passaggio suggerisce molto sull'autenticità dell'incarnazione di Gesù che riceve da Maria e sulla nostra vera comunione con Lui, nella stessa condizione umana. Lui come noi siamo nati „da donna” (Ga 4,4) e vuol dire tanto. Siamo inseriti in una storia determinata, in una cultura; e per prima partecipiamo alla vita perché aspettati e modellati dall'affetto e dalla tenerezza di una madre, di una famiglia… Piace a Padre Dehon riconoscere: „La bella anima della mia madre passava un po' nella mia, non sufficientemente però a causa della mia leggerezza”, confessa in NHV I, 7r.

L'insieme del testo, molto bello, NHV I, 7sq., è consacrato alla madre. La celebra come „uno dei più grandi doni del mio Dio, lo strumento di mille grazie”. Da lei, dalle sorelle, dall' ambiente di famiglia, riconosce di aver imparato la preghiera. Sapeva appena parlare quando, da piccolo bambino, pregava seguendo con affetto il movimento delle parole sulle labbra della mamma. Così dice aver ricevuto l'amore fervente e il gusto per la santa liturgia, tanto da prolungarla in casa con piccole cappelle: ecco la „chiesa domestica”, nel senso più immediato!

Poi, presto e sempre con l'attenzione vigilante dell'ambiente famigliare frequenta il catechismo e riceve i sacramenti. Partecipa con entusiasmo ai pellegrinaggi fatti in famiglia. Adotta le numerosissime devozioni, soprattutto impara ad conoscere Gesù nel rivelazione del suo Cuore. Formata dalle sue educatrici, le „Dames du Sacré-Coeur”, abituata a nutrire la sua propria vita dalla spiritualità del Sacro-Cuore, la madre trasmette questo tesoro al suo figlio. Mi sembra che possiamo completare: nascendo alla Chiesa, il piccolo Leone nasce a Gesù, amico che parla dal cuore al cuore per dare senso alla vita. Ma viene anche iniziato alla solidarietà per i bisognosi, v.g. mediante l'opera di s. Giuseppe - la madre ne è stata la „chiavarda” fino alla sua morte, id. 11v. E presto impara a soffrire con la Chiesa a causa dell'amore non ricevuto: ricorda per esempio il dolore condiviso con lacrime in famiglia e la chiamata alla conversione contenuto nel messaggio della Salette - il giovane Leone aveva 3 anni e mezzo - (NQT XXXV/1914, 94). Per lui non è soltanto un ricordo del passato: „Per una parte la nostra comunità trova qui la sua ispirazione”…

Parlando di san Stanislao Padre Dehon osserva: „C'è spesso una santa madre presso la culla di un santo” (OSP 4, p. 454). Non sembra esagerato di riprendere la stessa osservazione al suo riguardo, lui che ci dice: „Devo tutto alla mia madre, la fede, la pietà, l'educazione cristiana del collegio di Hazebruck che ha preparato la mia vocazione” (NQT XIII/1899, 157). E più ampiamente, nel luglio di 1890: „Ringrazio Nostro Signore perché ha benedetto la mia famiglia. Il mio padre era alla fine della sua vita un modello di fede e di pietà, il mio fratello rimane praticante, le mie nipote hanno trovato mariti cristiani. Quanto alla mia madre, era durante tutta la sua vita un autentico discepolo del Sacro Cuore” (NQT V/1890, 8r).

Lo vediamo, Padre Dehon vive una Chiesa quasi inseparabilmente legata alla vita umana, dall'inizio e del modo il più influente, nell'ambiente affettuoso e educativo della famiglia. Ciò che dalla prima infanzia ci viene dato in famiglia ci lascia una impronta indelebile. Così nell'esperienza di Padre Dehon: una Chiesa che con la vita e come la vita, sembra di andare da se stessa. Nella situazione precisa, assai diffusa allora in quel tempo, la Chiesa può essere criticata anche severamente, può essere trascurata come lo fanno pro parte il padre, il fratello maggiore. Ma non viene mai messa veramente in discussione. Sembra quasi „naturale”. Famiglia - Chiesa - ambiente vicino: sono come i componenti della comunità nella quale si impara a diventare uomo e cristiano insieme.

Qui forse si precisa per noi l'espressione „senso di Chiesa”: come una specie d'istinto ( pensiamo al „senso” della musica, del bello…). Come un'aria che si respira, un ambiente vitale: nel quale si può provare immense gioie e sofferenze, incontrare tensioni e delusioni, ma fuori dal quale non ci viene neanche l'idea di poter vivere. Così, credo, lungo tuta la sua vita Padre Dehon „sentirà” la Chiesa. Si può dire che c'è uno spirito di Chiesa come c'è uno spirito di famiglia, non del tutto cosciente e esplicito ma tanto più portante.

Però e precisamente come la vita, la Chiesa così spontaneamente sperimentata si rivela una realtà molto misteriosa: di fatti la vita, nessuno può darsela a se stesso, nessuno la „possiede”, e nel fondo non si può mai definirla. Così la Chiesa: ci precede, ci porta, ci impregna dal più profondo; ci coinvolge, e ci seguirà…. Quindi immensa gratitudine e zelante impegno, umiltà e iniziativa, desiderio di conoscere la Chiesa nella sua storia e nel presente, e avidità di conoscere il mondo al quale siamo mandati: ecco alcuni sentimenti che vengono concretizzare questo senso di Chiesa. Anche una Chiesa che emerge alla nostra esperienza nel concerto di molte relazioni, dono ricevuto, assunto e trasmesso; una realtà inconcepibile se non come luogo di comunione, di complementarità nella quale ogni persona ha il suo spazio e deve trovare la sua funzione e sviluppare la sua propria vocazione, dove scopre e svolge la sua propria responsabilità.

E una Chiesa che nello sviluppo della persona come nella sua solidarietà con la società lungo le generazioni sposa il processo della vita, la sua crescita e anche in un certo aspetto rivela la sua fragilità. Mai sopra o accanto (o fuori!) della vita comune: ma da dentro la nostra realtà essa indica, rende presente una dimensione altra, come un supplemento di senso non meno importante per una vita realizzata…

Se si volesse prolungare la riflessione per cogliere l'attualità di tale questa prospettiva molto esplicitata da un secolo, si potrebbe rileggere per esempio alcuni brani del Concilio Vaticano II. „In questa per così dire Chiesa domestica i genitori siano per i loro figli i primi annunciatori della fede con la parola e l'esempio, e assecondino la vocazione propria di ognuno, specialmente la vocazione sacra” (LG 11). „Nella vita matrimoniale e famigliare, si fa esercizio e scuola eccellente di apostolato dei laici, e la fede cristiana viene fatta penetrare nella pratica della vita, per trasformala ogni giorno di più…” (LG 35). „La famiglia cristiana, poiché nasce dal matrimonio che è l'immagine e la partecipazione del patto d'amore del Cristo e della Chiesa, renderà manifesta a tutti la viva presenza del Salvatore nel mondo e la genuina natura della Chiesa…” (GS 48).

 

Poco a poco ma presto, il giovane Leone Dehon impara a scoprire più completamente la Chiesa. Lo fa seguendo il ritmo della crescita umana: una gioventù privilegiata per merito dei suoi doni personali e della situazione della famiglia, ma che rimane fondamentalmente un itinerario comune.

Metto in rilievo soltanto alcune dimensioni più significative: il carattere popolare della Chiesa, nel caso preciso della Chiesa francese con le sue tradizioni, la sua lunga e complessa storia, i suoi santi e sante, le sue pratiche. Leone Dehon ammira i numerosi monumenti, le basiliche, i santuari. Venera le reliquie antiche, fa sue le devozioni, frequenta i pellegrinaggi locali e nazionali, sostiene le manifestazioni pubbliche… Sempre un „senso di Chiesa” iscritto nella fedeltà alla storia, strettamente legato al realismo delle radici umane, con ricchezze e limiti. Molti anni dopo ma sempre con viva emozione ricorda quando, giovane studente a Parigi, frequentava assiduamente la parrocchia di S. Sulpicio: „Vi regna un'atmosfera di grazia e di preghiera, la santità del santuario, la pietà della messa del mattino alla quale assistono molte persone semplici e raccolte”. Nella quaresima andava alla cattedrale „Notre-Dame”, all'occasione delle celebri conferenze domenicali: „Vi trovavo un grande piacere, una autentica grazia… Ero felice di appartenere al grande popolo cristiano. C'è là come un fremito di fede e di amore della Chiesa che si comunica alle anime” (NHV I, 33v).

Quindi adesione del cuore, del sentimento come della ragione illuminata dalla fede. Con ferma costanza Padre Dehon esprimerà sempre la sua gioia e la sua fierezza di sentirsi in comunione con il popolo semplice, „il grande popolo cristiano”. In questo non sarà seguito da tutti i suoi compagni, anzi verrà criticato. Alcuni lo giudicheranno esagerato nelle devozioni, troppo ingenuo e credule. Lui lo riconosce ma si giustifica: „Sono stato alle volte rimproverato di essere troppo credule per i fatti meravigliosi. Trovo un pensiero di s. Alfonso di Liguori che mi consola da questo rimprovero: 'Io preferirei sempre d'ingannarmi nel credere troppo in fatto di miracoli e estasi, che nel non credervi; perché la fede allarga il cuore al divino amore, e la umana prudenza per solito lo restringe' (NQT V/1890, 12r). Chiede spesso di unire alla devozione l'impegno della vita cristiana e lo sforzo permanente di studiare per rendere conto della nostra fede. Ma per lui la Chiesa sarà sempre non una piccola società di élite, ma un Popolo, il popolo dei piccoli e poveri, le folle umane onnipresenti nel Vangelo che seguono un Gesù sempre accogliente e compassionevole. Si tratta innanzitutto di allargare il cuore al divino amore.

Dall'adolescenza ha la possibilità di viaggiare, e soprattutto da seminarista studia a Roma. Gli viene offerto di fare una esperienza molto ricca di Chiesa, la stessa Chiesa nella sua diversità e complessità secondo i paesi e culture. E' sedotto, affascinato dalla grande Chiesa di Roma con la sua anzianità e il suo ascendente, la Chiesa di Pietro e Paolo i primi Apostoli, di tanti martiri, dei Pontefici e di numerosissimi santi. Similmente si dice commosso dalla Chiesa italiana con i suoi grandi pastori e santi: „A Milano ho visto di nuovo la cattedrale e san Ambrogio come si rivedono degli antiqui amici per passare qualche felici momenti con loro. E tanto piacevole unirsi qua all'anima di s. Ambrogio, di s. Agostino, di s. Carolo Borromeo…” (NQT XII/1897, 51).

Con tutta la sua sensibilità nutrita dalla fede egli sperimenta la Chiesa universale riunita nella comunione attorno al Sovrano Pontefice. Universalità nel tempo e nello spazio del mondo. Si prende di passione per la storia della Chiesa, „la grande epopea cristiana”, dalla Terra santa al mondo nella sua cattolicità. E questo, cioè dagli Apostoli ad oggi l'impregnazione civilizzatrice della società occidentale e mondiale dal Vangelo attraverso i secoli, nel mondo della cultura, della morale, degli arti, questo rimarrà per lui un punto forte nel suo senso di Chiesa: con sicurezza e convinzione, ma non senza una visione „apologetica” assai semplificante. Nella sua quinta conferenza romana, in 1897, evidenzia „la missione sociale della Chiesa”, „il ruolo benefico della Chiesa nella vita sociale dei popoli”. „Le lezioni della storia ci faranno riconoscere nella Chiesa la liberatrice di tutte le tirannie e la promotrice di tutti i progressi” (cf. Rinnovamento sociale cristiano, edizione 2002, pp. 213sq).

In particolare pensiamo alla sua forte esperienza durante il Concilio Vaticano (1869 - 1870), quando da stenografo vive al primo posto la realtà misteriosa e contrastante della Chiesa. La ricorderà sempre come un riferimento decisivo. Con entusiasmo giovanile (ha 26 anni) saluta l'inizio della prima sessione (8 dic. 1869); „Quanto bel giorno! Quanto spettacolo commovente! Attorno al Vicario di Gesù Cristo, Legislatore e Capo supremo della Chiesa, tutti i successori degli Apostoli, tutti i pastori delle diocesi si sono riuniti per rendere testimonianza alla dottrina del Vangelo. E' Pietro vivente e parlando sulla sua tomba, e attorno a lui, sulla stessa tomba, la Chiesa intera. Si prepara ad ascoltare lo Spirito Santo e a proclamare i suoi insegnamenti… QunatoZQ Quanta magnifica testimonianza dell'unità della Chiesa e dei legami della carità e dell'obbedienza che fortificano e perpetuano questa unità” (NHV VII, 1 - 6). Alla sera dello stesso giorno, in una lunga lettera scrive ancora ai suoi genitori: „Dopo esser stato testimonio di tali manifestazioni della Chiesa, si prova un nuovo e bruciante ardore di lavorare per il cielo, del quale la Chiesa della terra è soltanto il vestibolo”.

Testi che dicono molto sui sentimenti personali, „come Padre Dehon vive la Chiesa”. Interessante cogliere la stessa ammirazione, espressa in una omelia sulla presenza di Cristo nella vita della sua Chiesa (S. Quentino, 1885). Evocando il primo concilio 'ecumenico' di Nicea (325), dice: „Quanto bella era la Chiesa dalla prima volta che si mostrava allo sguardo del mondo… Il Santo Vangelo riposa al centro dell'assemblea su un trono… La santità, il martirio e la scienza rendono testimonianza a Cristo, il Figlio di Dio” („Manuscrits divers”, p. 437).

Pensiamo ancora al suo viaggio „planetario” (10 agosto 1910 - 2 marzo 1911): incontra la giovane e fervente Chiesa del Canada, degli USA, ma anche la coraggiosa e spesso modesta Chiesa dell'Estremo Oriente, seminata come lievito discreto ma vivificante tra tante culture e situazioni politiche e economiche diverse… E alla sua Congregazione: ben presto la vuol al servizio della Chiesa universale. Da giovane sognava di essere missionario, spesso dirà la sua gioia e riconoscenza di poter esserlo attraverso i suoi religiosi sparsi su vari continenti.

Soprattutto pensiamo all'universalità di fondo, la „cattolicità”: è costitutiva del mistero della Chiesa, la comunità del Signore, l'Unico Salvatore di tutti e che ci manda a tutti. E cogliamo la conseguenza immediata: il senso missionario nella sua accezione piena. Ricordiamo per esempio come in tante iniziative e attraverso tutta la sua vita esprime questo servizio dell'universalità mediante l'impegno per il Regno di Cristo. Il fuoco d'amore che fa battere il Cuore di Gesù deve incendiare la terra (cf. Lc 12,49, uno dei testi più ripresi). Il Regno dell'unico Signore dell'universo deve raggiungere e trasformare l'intera realtà umana, „anime e società”. Senza discriminazioni ne pregiudizi, tutte le culture e razze, ogni situazione, i palazzi e le fabbriche, le strade e le case, ma più specialmente le popolazioni povere e indifese. „Lo Spirito Santo sospinge la Chiesa a cooperare per la piena realizzazione del disegno di Dio, il quale ha costituto Cristo principio di salvezza per il mondo intero… Così la Chiesa prega e lavora perché la pienezza del mondo intero sia trasformata in popolo di Dio, in corpo del Signore e in tempio dello Spirito…” (Lumen Gentium, 17). Questa apertura sul mondo, l'ansia attiva di contribuire ad impastare il lievito del Vangelo nella realtà umana, ecco una manifestazione incancellabile del senso di Chiesa nel P. Dehon.

Evocando così in breve Padre Dehon nelle sue radici e nel contesto del suo tempo, vediamo presto come siamo rimandati alla nostra propria esperienza, ognuno secondo le componenti particolari della sua situazione. Possiamo tentare di identificare, di prendere coscienza delle similitudini come delle differenze, al livello personale, familiare, e di società. L'inserzione nella Chiesa come l'abbiamo riassunta dalla vita di Padre Dehon comporta vantaggi evidenti: una connessione massima tra vita umana e vita cristiana, un senso quasi viscerale di appartenenza… Comporta anche rischi, automaticità e passività… In un contesto ben differente l'inserzione esige atteggiamenti diversi, una scelta più motivata, più personale.

Da questo tentativo potranno sorgere questioni utili per noi: anche noi, percepiamo così la Chiesa, cioè inserita nel nostro tessuto umano, nella nostra educazione dall'infanzia? E come viviamo adesso la nostra appartenenza alla Chiesa, oggi, in una società spesso meno omogenea, se non alle volte chiaramente „laica”, o nella quale la presenza, la realtà „Chiesa” non è più il riferimento primario? Che cosa significa per noi essere di Chiesa, vivere il „senso di Chiesa”? Suppone quali scelte? e come svegliarle, nutrirle, esprimerle, trasmetterle in famiglia e aldilà, nella società civile, professionale, culturale? Possiamo precisarci questa „altra dimensione”, la realtà simbolica detta „l'altra riva” nei Vangeli, che in ogni contesto la Chiesa deve testimoniare? Come una dimensione che supera sempre il nostro orizzonte immediato, cioè la dimensione del dono gratuito fatto in Cristo, ricevuto in una fede interiorizzata e personalizzata, e che si impegna nella visibilità della società umana. La mia vita familiare e professionale, la partecipazione alla vita della città e del paese, il mio sviluppo personale…: sono „luoghi”, terreni di verifica del mio senso di Chiesa?…

 

Per questo mi sembra utile fermarci ancora sulla connessione e il legame non lacerabile tra Chiesa e vita. Riportiamoci alla riflessione di P. Duci, „Chiesa, comunione di vita”: „la Chiesa è grembo materno e casa natale per la famiglia di Dio”.

Perché nel senso di Chiesa raccolto nella figura di Padre Dehon appare forte l'esperienza di una realtà per così dire molto contrastata: da una parte una Chiesa che ci viene da Dio, il Dio che è misteriosa comunione di vita tra il Padre, il Figlio e lo Spirito; quindi una Chiesa che ci viene dal aldilà di noi, che ci è anteriore. Cf. per es. Ef 1,4: „In Lui (Cristo) il Padre ci ha scelti prima della creazione del mondo, per essere santi e immacolati al suo cospetto, nella carità…”. Una Chiesa, dono del tutto gratuito: la riceviamo, a lei quasi passivamente, in evidente dipendenza nasciamo come nasciamo alla vita. Chiesa comunità di vita a partire da Gesù nella comunione dell'Alleanza e attraverso la successione delle generazioni, nell'istituzione apostolica come nell'eredità familiare. Comunità che trasmette la ricchezza del passato, la diversità delle persone e dei carismi, l'eredità della storia.

E dall'altra parte, una Chiesa che si realizza attraverso le persone che le appartengono, una Chiesa fatta dal contributo umano dei suoi membri vivendo del dono ricevuto, una comunità che rimane sempre da costruire mediante l'impegno libero, diversificato e generoso delle persone secondo lo sviluppo dei tempi. Di conseguenza una Chiesa segnata dalla fragilità, debolezze, errori, peccato, e da tutto ciò che caratterizza la libertà umana. Una Chiesa da edificare (in vari sensi), da servire e far crescere. Padre Dehon, uomo pratico, portato ad essere protagonista e partecipante, ci dà una chiara testimonianza di tale impegno, e di essere cosciente delle sue proprie mancanze.

Presto, cioè all'inizio dell'adolescenza quando si delinea la sua personalità umana, sente vivo il desiderio di servire la Chiesa tanto amata. Consente precisamente a una vocazione di ministero sacerdotale. Ne riceve l'intuizione nel contesto spirituale del Natale, Dio che nella gratuità del suo amore si fa vicino, solidale nella autenticità e nella povertà della nostra condizione. Anche presto egli vede come questo desiderio viene spontaneamente completato dal desiderio di una più stretta „unione a Nostro Signore” nella vocazione alla „vita religiosa”.

Desiderio che darà senso alla sua vita, motiverà tutte le sue numerose iniziative e scelte. Desiderio che diventa ferma decisione per sempre. Verrà mantenuta malgrado la grande sofferenza di dover per anni deludere altre speranze dei suoi cari genitori, sarà mantenuta anche attraverso tanto buio, tante croci. Desiderio unificato, e unificante: in tutto la sua vita sarà messa al servizio del Dio-Amore, che per amore si è fatto uno di noi, Gesù Figlio di Dio, figlio di Maria e Salvatore, il Signore dell'universo. In altre parole, il servizio del „Regno del Cuore di Gesù nelle anime e nelle società”. Il Regno della santità che porta a „rimanere in Gesù come lui in noi”, il Regno poi che si concretizza nel portare tutti i frutti nella trasformazione della società secondo il Vangelo.

Una vita ricevuta e che deve esser trasmessa, una vita che si vive precisamente mediante il dono di se stesso. Una vita che essendo per noi il frutto di un amore dato senza riserva, si manifesterà e crescerà nel dono di noi stessi senza misura…. Questa convinzione, come un riflesso o una quasi-evidenza prima di esser pensata e determinata, Padre Dehon non soltanto la dimostra per lui stesso dall'inizio e fino alla sua vecchiaia. Ne fa una delle linee portanti della sua attenzione agli altri, attraverso le diversità del suo ministero.

Ministero dell'educazione e della formazione umana e cristiana: un aspetto prioritario, caratteristico del suo „senso di Chiesa”. Educazione della gioventù, il sostegno chiaro all'educazione nella famiglia. Educazione degli adulti, genitori, uomini e donne, padroni e operai, sacerdoti e anche… vescovi (cf. gli incontri di Val-des-Bois con Leone Harmel..). Educazione alla responsabilità, formazione alla solidarietà, promozione della maturità di tutti, nella preoccupazione inventiva e tanto diversificata di comunicare: libri, riviste, conferenze, congressi, relazioni personali…; nello svegliare e incoraggiare la realizzazione e l'impegno di tutti, ciascuno secondo le proprie possibilità.

All'evidenza Padre Dehon appartiene al suo tempo, riflette una Chiesa prevalentemente „clericale”. Ma sente fortemente di dover servire la Chiesa „Popolo di Dio” vivificata dallo Spirito di Gesù, nella quale ognuno riceve la sua vocazione e i doni per esprimerla. Per ridare soffio e grinta a questa Chiesa è urgente educare e formare persone mature umanamente e cristianamente, competenti e motivate, capaci di rendere presente la Buona Novella in tutti gli ambienti e gli strati della società. La Chiesa del Signore vivente sarà tanto più viva che riunirà membri animati, „pietre viventi”, come lo dice s. Pietro. Sempre però con la permanente priorità: innanzitutto edificare una Chiesa-famiglia, la „Famiglia di Gesù”, raccolta nell'amore del suo Signore, centrata sull'essere, sulla comunione di vita in Lui per diffonderla nel mondo. Nelle sue modeste proporzioni l'impegno per suscitare e far crescere secondo lo Spirito una „famiglia” - così lui stesso la chiama -, religiosi e sacerdoti, persone consacrate e laici, tutti coinvolti nel vivere la stessa ispirazione: anche questo, e dall'inizio, entra nel suo senso di Chiesa.

In una bella meditazione sulla Passione di Gesù che si prolunga nella sua Chiesa, testo che cito soltanto in parte, leggiamo: „Gli amici del Sacro Cuore devono lavorare al suo Regno… Fare tutto per permettere alla regalità di Gesù Cristo di vincere finalmente sulla terra, e di vincere mediante il suo Cuore, il suo amore… Il primo mezzo è… il nostro amore di compassione. Il secondo è la preghiera quotidiana per il clero… Ognuno nella sua situazione, rispondiamo ben pienamente alla nostra vocazione. Diamo a Nostro Signore tutto ciò che Egli aspetta di noi, offriamogli tutti i sacrifici quotidiani in unione con tutti i sacerdoti… Ciascuno si sforzi secondo il suo potere di far sparire gli obbrobri e umiliazioni che hanno tanto afflitto questo Cuore tanto amato! Ah! se ognuno di noi potesse corrispondere bene alla sua vocazione, si ognuno rendesse amore per amore a questo Cuore sacro, quanto questo compito sarebbe presto realizzato!…” (OSP 2, 330 - 331). Brevi righe, sono la confidenza di uno che vive la sua passione per Cristo nelle sfide della storia. Lo esprime con la sua carica di zelo e fiducia, ma con la chiara priorità: l'amore di compassione per Colui che ci ha tanto amato…

Lo stesso Padre Dehon in un articolo della sua rivista „Il Regno”, per precisare „il metodo delle opere sociali” al servizio del Regno, scrive: „Prima di tutto, che siate sacerdote o laico, dovete bene fortificarvi nel pensiero che… per la vostra parte siete il sale della società e la luce della vita sociale… Non dovete lasciarvi fermare dai timidi… L'errore si nasconde sotto le parole di prudenza, di riservatezza, di moderazione, d'impossibilità… Andate ai viventi, agli uomini, al popolo… Non perdete di vista i modelli, Cristo e gli Apostoli…” (OSC 1, 165 - 166).

Per rispecchiare l'esperienza di Padre Dehon si può ritenere in particolare un aspetto del contrasto che, credo, troviamo crescente lungo la sua vita. Contrasto tra la percezione, alle volte molto sofferta, della vulnerabilità della Chiesa, con il peso evidente di una storia pur tanto ricca. Per dare alcuni esempi: le relazioni con gli Stati, le divisioni e le resistenze incontrate in varie entità cristiane (v.g. in Francia, la scarsa ricezione dell'insegnamento di Leone XIII…), il peccato di paesi cristiani, o le iniziative belle ma che deludono (cf. il „Sillon” di Sangnier…), l'apatia e la carenza del clero, il peccato e i limiti delle persone, le difficoltà di concretizzare il Vangelo nello spessore della storia e specialmente per portarlo ai poveri, tante tempeste e conflitti, l'unità persa attraverso gli scismi, la Riforma, ecc… Contrasto tra questo, la precarietà, debolezze e mancanze, e il mistero indistruttibile della Chiesa, la comunione di vita che nella Chiesa ci viene da Dio, il Padre che ci ha mandato il suo Unigenito, vivente in noi nello Spirito. „Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?… Chi ci separerà dall'amore di Cristo?… Nessuna creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio in Gesù Cristo” (Rm 8, 31 e 37 - 39).

Padre Dehon presta molto più attenzione a questa realtà „mistica”, l'amore onnipotente e definitivo, che nella Pasqua di Gesù vince il Male e rinnova tutto. E non si stanca di celebrare questa realtà permanente: il dono di vita piena, „eterna” e tanto attuale che è la santa Chiesa generata sulla Croce. La Chiesa di cui il mistero, la bellezza sono suggeriti da vari simboli, tutti ricchi, tutti molto eloquenti (cf. LG 6). La Chiesa è la santa Sposa di Cristo, voluta per unirsi liberamente al suo Sposo. E' il Popolo di Dio, santificato nella sua debolezza mediante la presenza dello Spirito del Risorto che lo fa ringiovanire e lo rinnova continuamente lungo i secoli (cf. LG 4).

Ma „Capo del corpo che è la Chiesa” (Co 1,18), Cristo continua a vivere nei suoi fratelli e sorelle il dolore dell'amore sconosciuto e disprezzato. I suoi amici che per vocazione e per grazia lo seguono da più vicino non possono, non devono abbandonarlo quando viene la Croce, e viene spesso. „Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi, e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Co 1,24): una confidenza di s. Paolo che è molto presente alla vita di Padre Dehon. Cf. per es. la sua meditazione su „Gli obbrobri del Sacro-Cuore continuati nella Chiesa” (OSP II, pp. 330 - 332).

Chiesa Sposa, Chiesa Popolo di Dio, Chiesa Corpo… Molto volentieri nella sua meditazione Padre Dehon declina questi vari simboli che nella santa Scrittura illustrano la realtà misteriosa della Chiesa. Si ferma volontieri sulla Chiesa „comunione”, con o senza la parola precisa. Comunione dei santi nel cielo, comunione dei fedeli sulla terra: sempre comunione in Cristo, la Vera Vite del Padre, che nello Spirito di amore vivifica e fa fruttificare tutti i suoi rami (Gv 15: testo spesso meditato)

„Comunione dei santi”: significa per prima la „moltitudine immensa” (Ap 7, 9), uomini e donne di tutte le condizioni e di ogni tempo che, salvati e viventi nella grazia redentrice dell'Agnello immolato, celebrano la liturgia del cielo. Sappiamo quanto poco a poco e sempre più chiaramente questo senso di Chiesa si trasforma semplicemente in preghiera, la preghiera preferita e quasi unica di Padre Dehon. Lo riconosce molte volte.

Per esempio in 1915 quando, „esiliato” nella sua città di S. Quintino, soffre lo scandalo e il martirio di una guerra fratricida. Dove attinge la forza della speranza? Nella comunione nel Cuore di Gesù. „Dio ha concepito la Chiesa come una famiglia. E' in comune che la grande famiglia è uscita dal suo Cuore, è in comune che ella deve ritornarvi. La comunione dei Santi è il fluire e il rifluire dei beni divini nella città di Dio, cioè tra Dio e noi, tra la terra e il cielo, tra la terra e il purgatorio e sulla terra tra le anime… Questo modo di pensare della comunione dei santi è davvero colui che la grazia m'inspira da molto tempo. E' la mia orazione quotidiana. Gloria a Dio nel cielo. Gloria alla santa Trinità e all'Agnello. Pace e grazia sulla terra, per Gesù Cristo e nella comunione dei santi”. Poi da uomo ben educato, da cuore tanto fedele all'amicizia, prende tutto il suo tempo e il suo piacere a prolungare la sua visita, dalla Trinità a Gesù, Maria, Giuseppe, gli angeli e i santi, del Antico e del Nuovo Testamento, apostoli, discepoli, martiri, confessori, vergini e sante donne, santi e sante del Cuore di Gesù… In tutto defilano nientemeno che 110 nomi personali: immensa comunione, preghiera aperta sull'infinito! (NQT XXXIX/1915, 32sq). Nello stesso senso mi permetto di raccomandare la meditazione per la festa di tutti i santi (1 Novembre): „Visita al cielo con il Sacro-Cuore”, OSP IV, pp. 419-421.

Ma „comunione dei santi” nello stesso tempo significa la comunione dei fedeli, „assemblea di coloro che credono e guardano a Gesù autore della salvezza e principio di unità e di pace”, come si esprime il Vaticano II (LG 9). La Chiesa peregrinante e militante nel quotidiano attraverso i suoi membri vitalmente inseriti in Cristo ma ancora alle prese con il Male, e Chiesa del Purgatorio, molto presente alla pietà di Padre Dehon. Per lui significa persone molto concrete: laici e sacerdoti, persone consacrate, i suoi religiosi, i suoi collaboratori e corrispondenti, gli associati nella sua „famiglia” allargata, tanti amici… Ne sa il coraggio e le difficoltà, si sente pieno di riconoscenza e di compassione. Li ritrova nella vita, nell'impegno apostolico; e specialmente nella preghiera, come ne testimonia la sua corrispondenza. „Oremus invicem”: questa espressione presa in Jc 5, 16, „preghiamo gli uni per gli altri”, la troviamo spesso nelle sue lettere. La riprende per applicarlo all'amore reciproco, il sopportarsi, la solidarietà, o per la cordialità del saluto.

Una unica Chiesa, quella della terra e quella del cielo: la Chiesa convocata per celebrare l'amore del Padre mediante il Figlio nello Spirito. Molte e varie sono le espressioni di questa comunione, al centro c'è l'Eucaristia. La vita ordinaria, in particolare la convivenza fraterna ogni giorno la mette alla prova, come un test di verifica. Ed alcuni momenti speciali la realizzano più visibilmente. Per esempio il Concilio di Vaticano in 1869.

Nella lettera accennata sopra che manda ai genitori alla sera dell'apertura, il 8 dic. 1869, il giovane sacerdote Dehon scrive: „Il Santo Padre lesse una magnifica invocazione alla Spirito Santo. Poi venne iniziato il canto delle litanie dei Santi. Quanto magnifica e commovente unione della Chiesa della terra con quella del cielo! Tutti gli sguardi del cielo erano volti verso questo Concilio, e tutto il Concilio invocava con ardore e per le voci commosse e risonanti di tutti i suoi membri tutti i santi del cielo…”. Ma se torniamo all'ordinarietà della vita, quando egli parla della sua „orazione quotidiana” che è la comunione dei santi, conclude così: „Ogni anima pregando così è un astro spirituale, compie la rotazione mondiale quotidiana e diffonde dappertutto la luce, il calore e la vita. La fonte infinita dove l'anima attinge per diventare così dispensatrice di grazie, è il Cuore di Gesù” (NQT XXXIX/1915, 37).

Come Padre Dehon ha vissuto la Chiesa? Dal tentativo di risposta possiamo ritenere specialmente:

. nella riconoscenza, a Dio, a Cristo, alle persone che dall'inizio della vita sono stati i canali umani di un dono gratuito, prezioso più di tutti perché nella Chiesa ci viene e si vive la salvezza, l'adozione figliale nel Figlio e la comunione fraterna…

. in una esperienza forte dell'interpenetrazione: dono della vita umana e dono della vita cristiana. Come in una osmosi tra diventare uomo e diventare cristiano. La presa di coscienza verrà poco a poco, l'appartenenza si farà più elaborata, dovrà essere motivata, diventerà un impegno personale. Ma da lui la Chiesa sera sempre vissuta come il mistero gratuito dell'amore di Dio, nella presenza di Gesù in mezzo a noi col realismo della nostra condizione, per la nostra salvezza.

. nella gioia, nella fierezza di appartenenza, e con la viva coscienza di dover contribuire in un modo valido e zelante alla missione nella comunione e complementarietà…

. con l'esperienza di una Chiesa ricca di molte diversità, fatta dei doni presenti in ciascuno, ogni cultura, ogni tempo…, e nello stesso tempo una Chiesa una e salda, unita nell'animazione dello Spirito e riunita come Gesù l'ha voluto attorno a Pietro, agli Apostoli e loro successori.

. una Chiesa - comunione. Il suo legame è la carità. Si esprime nella complementarietà dei doni, degli impegni per la stessa missione, nella preghiera. Attinge la sua vita al Cuore di Gesù, la fonte sempre vivificante nello Spirito.

 

 

„La fonte infinita” della comunione di vita che è e che irradia la santa Chiesa „è il Cuore di Gesù”. Con questa ultima citazione lo vediamo subito: la seconda pista della nostra riflessione continua il cammino iniziato. Siamo esplorando l'esperienza di Chiesa nella vita, nella spiritualità di Padre Dehon, per nutrire la nostra propria esperienza oggi. E come in tutte le realtà che direttamente implicano la vita, ancora di più nella Chiesa dove si considera la vita divina inserita nella nostra vita umana, in sinfonia con tutti gli altri ogni aspetto serve l'unità e la bellezza dell'insieme, realtà misteriosa che dobbiamo delucidare ma con umiltà perché sempre diffida ogni analisi.

Non c'è dubbio, se la Chiesa è tanto presente nella vita di Padre Dehon - e questo detto senza far di lui una eccezione particolare, pur sottolineando le sue insistenze più originali - è precisamente perché l'appartenenza alla Chiesa lo raggiunge nel più profondo e nel migliore del suo essere. Egli ha la Chiesa a cuore, al cuore, perché prendendolo nella sua realtà personale più intima e più cara, attraverso le numerose relazioni senza le quali egli non potrebbe vivere, la Chiesa lo riporta direttamente al Cuore di Dio, al Cuore di Gesù che per lui è tutto. Si può rischiare questo riassunto: per il Padre Dehon, il cuore della Chiesa è il Cuore di Gesù, rivelazione viva del Cuore di Dio nella comunione della Trinità, e che diventa il Cuore del mondo.

Riportiamoci ancora alla meditazione di P. Duci: il mistero della Chiesa presente nel cuore di Dio, nel disegno di salvezza universale del Padre. Meraviglioso progetto preparato prima della fondazione del mondo e lungo la sua storia, anticipato nell'Alleanza. Viene realizzato in Cristo „alla pienezza dei tempi” e nell'effusione dello Spirito, per conoscere il suo compimento nella gloria alla fine dei secoli (cf. Vaticano II, LG 2). Una ampia meditazione: la troviamo nell'opera di Padre Dehon, anche se più spesso egli segue una strada complementare - e lo ripeto, senza mai sistematizzare…: la strada dei Vangeli, che vorrei esporre schematicamente adesso.

 

I Vangeli non parlano subito della Chiesa, e per essere esatto, esplicitamente ne parlano ben poco. Ci narrano Gesù: dopo la lunga maturazione dalla creazione del mondo e nella storia santa - pensiamo alle genealogie - ci viene dato dal Padre. E' il Figlio Unigenito, il Verbo eterno, divenuto uno di noi quando mediante lo Spirito nasce da Maria vergine. In tutto ciò che Egli è, con la vita e la parola, annunzia il Regno di Dio in mezzo a noi, compimento delle promesse profetiche e piena risposta alle aspirazioni confuse dell'umanità.

Ecco la Buona Novella, il Vangelo: Gesù stesso, la sua Persona, la sua Presenza, la sua Parola, il suo Amore. „Inizio della Buona Novella di Gesù, Figlio di Dio”: con queste parole, parole povere ma intense che contengono tutto, si apre il racconto di Marco (Mc 1,1).

E subito il Vangelo ci lo racconta in mezzo alla gente, assalito dalle folle umane che lo cercano spinte dalla loro fame e sete della sua Parola. Gesù alle prese con l'umanità del tempo e di sempre che gli porta le sue sofferenze, le sue attese, il suo peccato… Egli accoglie, insegna, sorprende e sconvolge, guarisce, perdona, moltiplica il pane per gli affamati…. Supera ogni tipo di esclusione. Dal cuore al cuore, cioè dalla sua instancabile compassione alla nostra debole sincerità, con la vita del corpo e la pace del cuore a tutti egli rende la speranza, apre un cammino nuovo, libera la lode. Così in realtà verifica la sua „identità” come è stata cantata nei cieli quando egli nasce in una mangiatoia a Betlemme: è „il Salvatore, il Cristo Signore, grande gioia per tutto il popolo” (Lc 2,10).

Marco ricorda presto la testimonianza delle folle, „stupore” di gratitudine e di fiducia: „Ha fatto bene ogni cosa; fa udire i sordi e fa parlare i muti!” (Mc 7,37). Testimonianza che è il punto forte della predicazione nella comunità primitiva. Così lo proclama Pietro secondo Luca: „Dio consacrò in Spirito Santo e potenza Gesù di Nàzaret, il quale passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo, perché Dio era con lui” (At 10, 38). Uno che nella grazia e nella forza dello Spirito fa del bene a tutti: ecco il modo di essere, lo stile di vita che i primi discepoli ritengono del loro Maestro. In una bella presentazione del „Sacro Cuore di Gesù nel Vangelo”, riportando al suo modo numerose pagine del Vangelo Padre Dehon dice lo stesso: „Il suo Cuore è una calamita che attira tutti i cuori” (OSP V, 451).

Dio è con lui, e lui è con Dio. Incontra il Padre in lunghi momenti di silenzio e di preghiera. In questo misterioso dialogo egli, Figlio di Dio, rivela la sua identità più profonda. E' con Dio, sempre, ma per essere con noi e per noi: lungo le pagine i Vangeli ci mostrano un Gesù vicino, uomo della presenza e della convivenza. Non si fa cercare nel deserto. Si presta all'incontro sulle strade e le piazze, nelle case dove si vive, dove si mangia, si fa festa e si soffre, e nel Tempio dove si prega… Nei racconti viene sottolineato l'incontro personale. Si esprime la commovente „fiducia” umana, alle volte grido intollerabile e alle volte segreta e timida attesa. Viene accolta dalla „compassione” („misericordia”: un cuore che risente la miseria dell'altro) di Gesù e assunta dalla sua sovrana „autorità” (autorità: presenza che fa crescere). Allora meravigliosamente la fiducia diventa „fede” e la misericordia diventa „salvezza”. „La tua fede ti ha salvato”, come un ritornello questa dichiarazione di Gesù conclude tanti incontri: per es. Mt 8,13; 9,29; 15,29; Mc 2,5 (cf. Mt 9,3 e Lc 7,20); Mc 5,34 (cf. Mt 13,22 e Lc 8,48); Mc 10,52 (cf. Lc 18,42); Lc 7,9 (cf. Mt 8,10); Lc 7,50, ecc…

Mi sono fermato un po' su questo. Perché davvero si tratta della testimonianza concreta del Vangelo che caratterizza specialmente la lettura di Padre Dehon al punto, mi pare, di delineare un riferimento chiaro della sua „spiritualità”. Da Gesù a noi, da noi a lui. Da Gesù mediante la sua Presenza, i suoi gesti, la sua parola; a noi nella nostra povertà, nella nostra fragilità e fame di vivere, nella nostra sinuosa ricerca di senso, noi nella nostra „fede”. Da Gesù a noi, da noi a lui: questa reciprocità di atteggiamenti e di parole che diventa circolazione, dono di vita, vita piena o „salvezza”, offerta, desiderata e ricevuta… Nei racconti si insiste sul dialogo di Persona a persona; e sui gesti concreti, fisici, di Gesù: „Pose le dita negli orecchi del sordo e con la saliva gli toccò la lingua” Mc 7,23; „Prendendo la mano della fanciulla, disse ad alta voce: alzati” Lc 8,54… Al centro di questa „circolazione”: il cuore umano di Gesù, mosso dalla compassione e potente nel suo intervento. Qui attingiamo alla fonte, alle radici del mistero della Chiesa, qui troviamo già il suo „cuore”… „La fonte infinita della vita è il Cuore di Gesù…”.

Si può di nuovo rimandare a una meditazione tra molte altre: la carità senza limiti di Gesù „diventa una pietà profonda di fronte alle grande miserie dell'umanità (OSP I, 230 - 234). Pietà „che si manifesta a ogni passo nel Vangelo” p. 230. Carità che al contatto con la sfortuna, con la malasorte, diventa compassione, capacità di percepire e di raggiungere con il cuore la sofferenza dell'altro, per condividerla, per soccorrerla. E tutto il Vangelo viene rivisitato sotto questa luce, per condurre all'invocazione: „O mio buon Maestro, hai pietà di tutti i sofferenti e gli oppressi. Insegnami la giustizia e la carità, lo spirito di zelo e di apostolato… Fammi diventare l'ardente e zelante apostolo del Regno del tuo divino Cuore nella società” (OSP I, 230 - 234).

 

Ma ci viene spontaneamente la domanda: perché parlare di Chiesa qui? Non viene mai nominata in questi racconti. E' vero, nei Vangeli, nel Nuovo Testamento, esplicitamente non si parla tanto della Chiesa. Ci viene annunziato Gesù, come nel suo modo caratteristico, in piena e autentica umanità e visibilità, la salvezza passa da Lui a noi, in parole, in gesti, in atteggiamenti… In questo la Chiesa è già molto presente, nella sua realtà più profonda: sarà, dovrà essere la continuazione storica, visibile, della presenza umana del Salvatore. Così dopo tanti altri fa anche il Padre Dehon: per parlare della Chiesa ci parla innanzitutto di Gesù.

Ma dire questo suppone una nuova attenzione alla testimonianza evangelica. Di fatti ci troviamo davanti ad un altra sorprendente evidenza: subito, dal primo giorno della sua manifestazione pubblica, vediamo Gesù preoccupato di condividere con alcuni suoi compagni la sua propria missione. La sua missione è chiaramente personale, si radica in una „unzione” unica dallo Spirito per un compito affidata a lui stesso: „Lo Spirito del Signore è sopra di me, mi ha consacrato, mi ha mandato…” Lc 4,19. Però lontano da isolarsi nella sua eccezionale identità, dall'inizio Gesù manifesta la sua preoccupazione, la sua volontà di associarsi aiutanti umani. Per allargare e prolungare mediante la loro collaborazione la sua presenza salvatrice, e per ricostituire attorno a Lui il Popolo dell'Alleanza.

Decisione capitale, indica la caratteristica che intende dare alla sua missione. Egli la matura nella preghiera davanti al Padre. La concretizza in scelte per le quali i testi sottolineano la sua sovrana autorità. Interviene con una chiamata personalizzata, per una condivisione della missione e del „potere” di salvezza. Così interpella Simone e Andrea, Giacomo e Giovanni, Levi…: cf. Mc 1,16sq, o 2,13…, e lo notiamo, siamo ai primi passi del Vangelo: si tratta davvero di una priorità!. „Seguitemi! Vi farò diventare pescatori di uomini!”. „Salì sul monte, chiamò a se quelli egli volle ed essi andarono a lui. Ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demòni”, Mc 3,13sq.

Di nuovo se vogliamo ricevere il Vangelo nella lettura ispirata al Padre Dehon, riportiamoci alla sua meditazione sulla „vocazione apostolica, grazia particolare del Cuore di Gesù”. Gesù cerca dei collaboratori per lavorare con Lui alla salvezza del popolo. E non soltanto nei primi passi della Chiesa: „di generazione in generazione ho scelto degli amici per farne i miei collaboratori…” (OSP I, 195 - 199). Abbiamo un'altra meditazione sulla scelta degli Apostoli, radicata nel suo dialogo con il Padre. Con questa osservazione sulla propria vocazione: „Una vocazione nata nel Sacro-Cuore può essere conservata soltanto là… Gesù mi ha amato e mi ha scelto. La mia vocazione apostolica è nata nel suo Cuore, è là anche che deve conservarsi e svilupparsi. Là devo cercare la luce, la forza e ogni direzione” (OSP II, 255 - 257).

Nel Vangelo infatti vediamo poco a poco degli discepoli, uomini e donne, seguire Gesù da più vicino. Lo accompagnano ogni giorno nel suo atteggiamento divino-umano: dove nell'umile realtà umana più ordinaria si manifesta e si comunica la presenza divina più gratuita, più straordinaria. Accanto a lui in disparte nelle sue notti di veglia e di preghiera figliale, vengono a desiderare essere formati da lui a pregare. Imparano, alle volte non senza impazienza, a portare sulle folle uno sguardo veramente altro, lo sguardo di compassione e di servizio. Vedono come Gesù si propone a rilevare chiunque è oppresso dal fardello della sua vita, e si mettono alla sua scuola. Con difficoltà nella loro povera amicizia sapranno camminare dietro di lui, nella povertà e nel rifiuto crescente, fino al suo drammatico „esodo” finale a Gerusalemme… Tre sono scelti privilegiati, lo vedranno trasfigurato nelle sua gloria poi sfigurato nella sua agonia. Progressivamente attorno a Lui si costituisce così „il piccolo gregge” al quale dal Padre viene dato il Regno (Lc 12,32). Così, dalla vita e molto modestamente nasce la Chiesa: sarà la nuova e vera famiglia di Gesù. Relativizzerà e supererà il legame del sangue per essere riunita per prima nell'ascoltare e nel mettere in pratica la volontà del Padre (cf. Lc 8,21), nel vivere lo spirito di Gesù, seguire la via del Regno riassunta nelle Beatitudini (Mt 5 1sq.)…

Ma vediamo ancora Gesù dare inizio a una specie di struttura, di organizzazione di questo gregge che diventa la sua „Chiesa”: sarà la „convocazione santa” edificata sulla „pietra” della fede di Simone fortificata dalla grazia del Padre (Mt 16,18-19). Assemblea radunata attorno ai Dodici che rinnovano il simbolo delle dodici tribù di Israele (unità, diversità, visibilità e universalità…). Ecco i nuovi fondamenti del Popolo di Dio. „Compagni del Signore Gesù per tutto il tempo in cui Egli ha vissuto in mezzo a noi” (cf. At 1,21), dovranno essere i testimoni insostituibili della sua Risurrezione.

Dovranno andare, mandati ad estendere la sua missione alle dimensioni dell'universo. Ma sempre nello stesso Spirito, lo Spirito che lo anima, con la sua propria „autorità”, e secondo la stessa „strategia” (!): cioè camminare sulle strade degli uomini e donne, incontrare, proporre la sua parola, rifare i suoi gesti umani che portano la salvezza, e per dire tutto, accogliere e vivere la sua „presenza” nella comunione… Cf. Mt 10,7sq: „Predicate il Regno… guarite gli infermi…, sanate i lebbrosi… cacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date… Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandato”. Poi alla sera della Pasqua, quando la luce del mondo nuovo può finalmente brillare senza equivoco: „Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque, ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole, insegnando. Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,18 - 20). „Avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni fino agli estremi confini della terra” (At 1,8).

 

Ecco secondo i Vangeli la Chiesa di Gesù. Chiesa rivelata in sorprendente continuità tra l'umiltà della condizione ordinaria del suo Maestro e la gloria della sua Risurrezione. Le persone rimangono povere, debole, e il dramma della Passione ne è l'ultima prova, la più confondente. Ma ormai sono confortati dal dono dello Spirito del Risorto che interiorizza in loro la sua invisibile presenza. Possono appoggiarsi sulla sua solenne preghiera al Padre prima di morire: „Io prego per loro…, per quelli che per la loro parola crederanno in Te” Gv 17 9 e 20. E anche in questa preghiera Pietro viene privilegiato: „Ho pregato per te, Simone…, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli!” (Lc 22,32). Tutti insieme sono rinnovati dal dono della sua pace, di nuovo sono radunati nella fedeltà della sua amicizia dopo la Risurrezione: „Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi” (Gv 20,21). E di nuovo a Pietro: „Simone, mi ami? - Tu lo sai, Signore, che ti amo - Pasci i miei agnelli”, cf. Gv 21,15sq. In conseguenza cf. agnelli”, che ti amo - Pasci sortoranno in Te, Padre”(„iù lamentabile prova.agli estremi confini della terra”ra le folle,senza vergognarsi potranno portare al mondo il Vangelo, „potenza di Dio per la salvezza di chiunque crede” (Rm 1,16).

Così lungo i secoli della storia: in mezzo al mondo la Chiesa di Gesù servirà visibilmente la sua missione di riconciliazione, „riunire insieme i figli di Dio dispersi” (Gv 11,52). Con la grazia dello Spirito nella fatica e nella speranza prepara la manifestazione della „Gerusalemme celeste”, la città santa fondata su dodici basamenti, i dodici apostoli dell'Agnello (Ap 21,14). „E quando tutto gli sarà stato sottomesso [a Cristo Risorto], anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, e Dio sarà tutto in tutti” (1 Co 15,28).

Ne sono ben cosciente, propongo soltanto un sorvolo del Vangelo, troppo semplificante se si pensa alla ricchezza concreta dei testi e nel contesto della breve vita di Gesù. Importante discernere per così dire il filo rosso che lega l'insieme. Da sempre osservato da tutti, questo senso unificante viene sottolineato da Padre Dehon che ne fa l'asse della sua vita: l'amore del cuore umano di Gesù, la sua tenerezza e la sua misericordia, e la potenza del suo intervento nella concretezza della nostra condizione. E il prolungamento, voluto esplicitamente da Gesù stesso, della sua concreta presenza salvatrice.

Gesù ha „fondato”, ha „istituito” la Chiesa? La risposta non faceva dubbio nel tempo di Padre Dehon. Oggi la teologia è più attenta all'inserzione storica di Gesù nella società giudea del suo tempo. Non crede di poter rispondere di un modo semplicistico. Ma mette in forte rilievo questo: nel suo modo di essere tra noi, attraverso ciò che egli ha operato nel realismo della sua condizione che è la nostra, ha trasmesso ai suoi discepoli la realtà e il senso, le modalità umane della salvezza realizzata dal Padre in Lui. Dopo la Pasqua il suo Spirito „li guiderà alla verità tutta intera”. Egli renderà testimonianza a Gesù nel cuore dei suoi amici, „e anche voi mi renderete testimonianza, perché siete stati con me fin dal principio” (Gv 16,13 e 15,27). Soprattutto possiamo dire: alla Chiesa dall'inizio e per sempre Gesù ha dato il suo Cuore. In questo senso principalmente „la grande opera di Gesù è stata la Chiesa” (OSP II, 621).

Ecco la nostra Chiesa. Nasce dal Cuore di Gesù, il suo cuore „in atto” in ogni incontro nella quotidianità della vita. Al termine del tempo apostolico, nella sua contemplazione di fede sotto la croce, san Giovani metterà in chiara luce il filo rosso di cui stiamo parlando: la Chiesa nasce dal Costate trafitto, dal dono totale di Gesù che è la „chiave” di comprensione di tutta la sua vita ogni giorno fino all'ultimo. „Dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine” (Gv 13,1). Il sangue e l'acqua che sgorgano dal Cuore aperto, l'effusione del suo Spirito che verrà dato mediante la sua Parola e i suoi gesti, i sacramenti, e in tutto questo il suo amore senza misura che ci dà la vita vera: ecco il mistero della Chiesa, ecco il suo „cuore”.

Il Concilio Vaticano II ha felicemente ricordato questa „chiave”, il filo rosso indispensabile per un autentico „senso” di Chiesa. „La luce delle genti è Cristo…, si riflette sul volto della Chiesa… che in Cristo è sacramento…” (LG 1). „La Chiesa è il regno di Cristo già misteriosamente presente; essa cresce visibilmente nel mondo per la potenza di Dio. Questo inizio e questa crescita sono simboleggiati dal sangue e dall'acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso, e sono preannunciati dalle parole del Signore a proposito della sua morte in croce: E io, quando sarò levato in alto da terra, attirerò tutti a me” (LG 3).

Comprensione che ci viene dai primi tempi della Chiesa, celebrata con riconoscenza nella liturgia: „Come Eva è stata formata dal costato di Adamo dormiente, così la Chiesa è nata dal cuore trasverberato di Cristo morte sulla croce” (S. Ambrogio). „Dal costato di Cristo dormiente sulla croce è scaturito il mirabile sacramento di tutta la Chiesa” (SC 5, secondo s. Agostino e il messale romano per il sabato santo).

 

Impossibile verificare nel dettaglio come per la sua parte Padre Dehon segue questo filo unificante attraverso la sua immensa opera. Si dovrebbe accompagnarlo nella sua commovente famigliarità con il Vangelo, nella sua viva preoccupazione del „cristianesimo vero, il Vangelo ben compreso e bene applicato” („Rinnovamento sociale…” p. 294). In questo Vangelo „l'amore di Gesù è il segreto di tutti i misteri della sua Incarnazione, della sua vita e della sua morte” (OSP 1, 488). Testo per il quale mi permetto di rimandare al commento dato alla „Rinnovamento sociale” (p. 401sq). E per aiutare a proseguire la meditazione mi limito qui a proporre alcuni testi riprodotti soltanto parzialmente (con i riferimenti!). Li indico mettendo in rilievo una insistenza e dando un numero, per facilitare se lo vogliamo la ripresa nel nostro interscambio. In un linguaggio che forse non ci è troppo abituale sempre cerchiamo a cogliere il „senso” che può diventare ispirazione per noi oggi.

(1). Mediante il Vangelo frutto del suo amore, nella Chiesa il Cuore di Gesù è il sole che rischiara tutto, anima tutto, vivifica tutto:

„… Sì, il Cuore di Gesù è veramente il sole delle anime, il sole di giustizia che è sorto sul mondo delle intelligenze e dei cuori (cf. Is 60,1 et 62,2)… Il Cuore di Gesù è il sole che ci illumina mediante il suo Vangelo, questo Vangelo che è realmente il frutto del Cuore divino e che Gesù Cristo ha dato agli uomini come un fascio di verità, di luci, d'insegnamenti e di esempi…Il Cuore di Gesù è ancora il sole che ci illumina mediante la sua Chiesa che Gesù ha concepita nella tenerezza del suo Cuore per noi, che ha acquista e fondata nel sangue del suo Cuore. Il Cuore di Gesù ci appare nel seno della Chiesa come l'astro che rischiara tutto, anima tutto, vivifica tutto… Simile al sole della creazione, il Cuore di Gesù non si limita a illuminare, riscalda anche: non è soltanto un focolare di luce, è anche un focolare di calore. Quale è l'anima chi, avvicinandosi con fiducia a tale Cuore adorabile, non ha sentito il suo ghiaccio sciogliersi e il suo ardore rianimarsi dalle fiamme del divino amore che sgorgano dal suo costato ferito?”… (OSP 1, 504)

(2). L'amore del Cuore di Gesù ha formato la Chiesa, l'ha dotata della grazia che ci comunica nei sacramenti:

„… Come Eva uscì dal fianco di Adamo durante il suo sonno estatico…la Chiesa, figlia e sposa del Salvatore, uscì lo stesso dal Cuore di Gesù durante il sonno mistico della croce. Difatti è l'amore di questo divino Cuore che ha plasmato il piano della Chiesa, la sua Sposa celeste, alla quale affidava il compito di continuare la sua missione sulla terra. E' questo divino Cuore, questo ineffabile amore che ha meritato alla Chiesa tutte le grazie che gli sono necessarie e che ci comunica mediante i divini sacramenti… Facendo sorgere la Chiesa dal suo Cuore, come ha fatto sorgere Eva dal fianco di Adamo, Nostro Signore mostra anche ciò che aspetta dalla Chiesa, ossia da noi: un autentico e tenero affetto, un affetto di sposa… Vediamo bene anche che l'acqua e il sangue figurano i sacramenti della Chiesa… sono il fiume di vita che esce dal cuore del Agnello (cf. Apocalisse 22,1). Un fiume che fertilizza le anime e le rende capaci di portare frutti deliziosi. Questi divini sacramenti sono come il Sacro Cuore stesso che si nasconde sotto segni sensibili, per darci il suo amore e la sua misericordia” (OSP 2, 385 - 386).

(3) Nel Cuore del Padre, nel Cuore di Gesù, tutto è motivato dall'amore, amore per il Padre vissuto nell' amore per noi. Così durante tutta la vita di Gesù, così nella fondazione della Chiesa:

„ (P. Dehon fa parlare Nostro Signore) Il mio Padre e io non separiamo la vostra salvezza dalla nostra gloria… Il mio Padre pensava alla vostra salvezza quando ha deciso di creare il mondo… E' la vostra salvezza che consideravo, con l'amore del mio Padre, quando ho detto il mio „Eccomi, vengo”… Era la mia preoccupazione durante tutta la mia vita mortale. La mia vita, i miei insegnamenti, i miei miracoli, le mie sofferenze e la mia morte hanno questa meta, simultaneamente con l'amore per il mio Padre… E' anche per la vostra salvezza che ho fondato la Chiesa, che ho stabilito tutto l'ordine sovrannaturale e che ho inventato gli annientamenti dell'Eucaristia…” (OSP 1, 60).

I sacramenti sono il dono del cuore di Gesù. Lasciando che il suo Cuore fosse aperto e che ne uscisse sangue e acqua, egli ha voluto mostrarci che il suo cuore è la fonte dei sacramenti simboleggiati da questo sangue e da questa acqua. Quanto dono prezioso abbiamo, sia nei sacramenti che ci danno la vita spirituale, sia in quelli che la fanno crescere!” (OSP 2, 49).

(4) Il Verbo si è fatto carne. Secondo Eb 10,6sq, Dio lui ha formato un corpo, e „dentro questo corpo c'era un cuore, un cuore vivente, che ama, che soffre…”. Dio e uomo nell'unità della sua Persona, Gesù è il perfetto ed unico Mediatore tra Dio e noi. Continua la sua vita tra di noi mediante la sua Chiesa:

„…Essendo Dio e uomo nello stesso tempo, il Verbo incarnato è il mediatore naturale tra Dio e gli uomini. Da uomo egli è nostro fratello maggiore, il nostro capo, nostro re, nostro pontefice. Da sovrano sacerdote dà a Dio la gloria, l'adorazione, la lode…, la riparazione. Da Dio dà agli uomini la grazia, il perdono, la risurrezione, la vita eterna. Le funzioni sublimi del nostro grande Pontefice hanno avuto inizio nel giorno della sua Incarnazione, hanno continuato per tutta la vita de l'Uomo-Dio… Dal Cuore di Gesù sostanzialmente unito al Verbo è sorto il sangue della nostra redenzione; dal Cuore di Gesù si è slanciata la Chiesa sua Sposa santa e immacolata; dal Cuore di Gesù sono sgorgati i sacramenti e la grazia che ci santifica e ci assiste. A lui devono salire i slanci della nostra riconoscenza” (OSP 1, 433).

Cf. ibid., 468: in tutto e da sempre Gesù mi ha amato: attraverso tutta la sua vita povera, laboriosa, apostolica; nella sua Passione, il dono dell'Eucaristia, della sua madre, della sua grazia mediante in sacramenti; il dono della luce del suo Vangelo e della sua Chiesa come madre… „E' l'amore che apre ancora il Sacro Cuore, per effonderne su di noi tutti i suoi tesori…”.

 

Non si può rilevare tutto: la Chiesa è il „mistero” nel quale s'incrociano tutte le ricchezze della nostra fede. Con l'insieme della Tradizione per Padre Dehon - che però la riprende secondo la sua grazia - l'intera vita cristiana, radicata e nutrita nei sacramenti attorno all'Eucaristia, è l'irradiazione diversificata dell'amore di Gesù per la Chiesa. Mediante il suo Spirito Gesù lo Sposo costantemente imbellisce e feconda la sua Sposa. Gesù il Capo-Testa vivifica e dirige il suo Corpo… „La storia della Chiesa è la storia del Regno di Gesù Cristo” (NHV V, 121).

I frutti sono innumerevoli, sono da capire nella concretezza del quotidiano. Così il desiderio e l'impegno effettivo per crescere nell'amore, nella santità, secondo le situazioni concrete delle persone e nella società, quindi il „combattimento spirituale” e la bellezza delle virtù suscitate e modellate dalla vita di Gesù stesso; le numerose attività umane e le „passività” vissute in unione a Gesù nell'umiltà e l'abbandono, anche le nostre mancanze e la nostra povertà, le inevitabili croci, la sofferenza e la morte… E i vari servizi secondo le vocazioni, i ministeri, la multiforme partecipazione alla vita e alla missione della Chiesa nel mondo, nel campo del lavoro, vita professionale e vita civile, nelle responsabilità e nelle numerose solidarietà … Lo sappiamo, piace a Padre Dehon di parlare in questo contesto della „divinizzazione” della terra e del creato in Cristo, come irradiazione della sua Pasqua. Fa parte del suo senso di Chiesa.

Qui si può ricordare il strettissimo legame che egli sottolinea tra Chiesa e Regno di Nostro Signore. „Gesù Cristo regna pubblicamente e ufficialmente nella Chiesa e mediante la Chiesa” che ha fondata per la nostra salvezza e che con sollecitudine assiste dal suo Spirito. Regno servito dall'istituzione storica, Regno che deve impregnare l'intera storia, tutte le realtà del mondo. Ma Regno che innanzitutto è Regno di amore e di misericordia: viene dall'amore che batte nel Cuore del Signore, riceve il suo inizio e sviluppo nello stesso amore che batte nei nostri cuori (cf. OSP V, 633 - 639).

Così il Cuore di Gesù, specialmente nella sua presenza la più autentica e la più accessibile, cioè nell'Eucaristia - Padre Dehon riprende volentieri l'espressione diffusa al suo tempo „il Cuore eucaristico di Gesù” - diventa „il Cuore mistico del suo Corpo mistico, della santa Chiesa di Cristo ”(OSP 2, 430). Da lui viene tutto, a lui torna tutto.

Uomo realista, portato a farsi protagonista, e formato secondo il movimento di Paray-le-Monial, Padre Dehon insiste su questo „ritorno” alla fonte della vita. Dovrà suscitare una risposta di amore nell'oblazione, nell„immolazione”, nella riparazione - consolazione… Per lui, anche questa risposta costituisce il „cuore della Chiesa”: dalla nostra parte adesso, per noi uomini e donne chiamati ad una speciale „sensibilità” (il „senso”!) ai valori del cuore e animati dalla grazia per viverne. Riconoscere, rispondere: così possiamo riassumere la sua insistenza.

 

Riconoscere: non soltanto ricevere per far fruttificare, anche se questo è vitale cioè indica una esigenza primaria della vita. Come onorare e valorizzare meglio un dono, se non mettendolo effettivamente al servizio per il quale è stato fatto e dato, per „portare molto frutto”? Il Vangelo insiste su questa fecondità dell'amore di Gesù in noi: pensiamo alle parabole del seme, dei talenti per es., cf. Mt 13,3sq e 25,14sq. o Gv 15,1 - 8, i tralci vitalmente legati alla vera vite.

Ma per Padre Dehon non basta. Ricevere come si deve esige di saper riconoscere: prendere coscienza sempre più personale e più viva dell'origine della vita così ricevuta. Non ci viene dall'astratto, dall'impersonale, o dall'anonimo di un self-servizio automatico. Ci viene da una Persona, da un'amico: da un Cuore. La fonte è il Cuore del Signore, nel suo amore che ha sete del nostro.

Così e spesso viene commentato il lamento del povero perseguitato per la sua giustizia: „Ho atteso compassione, ma invano…” (Sal 69,21); „Se non rispondiamo a questo grido, non abbiamo più nessuna ragione di essere”, scrive ai suoi giovani religiosi il 29 dicembre 1924. Così la meditazione sulla guarigione dei dieci lebbrosi (Lc 17,11sq): dieci guariti ma uno pensa a tornare per ringraziare, „rendere gloria a Dio”; perché uno soltanto, e per di più uno straniero? Così soprattutto viene recepito il grido del Crocifisso quando egli si è dato fino all'estremo: „Ho sete” (Gv 19,28); „Questo grido di dolore merita di esser sentito…, riassume tutta l'angoscia del Sacro Cuore, tutto il suo bruciante amore” (OSP II, 363).

Saper ricevere bene: cioè con il cuore. Intuire che nel dono della sua Presenza in mezzo a noi per salvarci, innanzitutto Gesù ci dà il suo amore e cerca il nostro cuore, la nostra adesione più personale e più impegnativa. Come nella sua intuizione femminile l'ha percepito bene la donna a Betania, poco prima la Passione: superando le critiche ben intenzionate della cura dei poveri, non esita a „sprecare” una fortuna per onorare la presenza dell'ospite tanto prezioso: „In verità vi dico, dovunque, in tutto il mondo, sarà annunziato il Vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che ella ha fatto”, dichiara Gesù (Mc 14,9). Spesso e sempre con evidente commozione, Padre Dehon medita il monito della divina Sapienza, cioè del Verbo che ci invita alla vera vita. Ella chiede innanzitutto il cuore, e allora tutto seguirà: „Figlio mio, se il tuo cuore sarà saggio, anche il mio cuore gioirà… Dammi il tuo cuore!” (Pr 23, 15 e 26, questo ultimo versetto letto nel testo originale).

Tutto questo delinea un atteggiamento di fondo, uno spirito che deve generare uno stile di vita. Non è facile di definirlo, ma in realtà sarebbe tanto necessario? è affare di cuore! Con creatività sa inventare mille forme per esprimersi. Nel concreto significa per esempio saper trovare del tempo - la quantità non è indifferente ma conta soprattutto la sincerità nel desiderio del cuore - per ammirare e gustare la presenza dell'Amico, per „lasciarci amare”. Cercare e trovare i mezzi convenienti per interiorizzare questo mistero dell'amore che si dà, che si dà a me personalmente. „Egli mi ha amato, ha dato se stesso per me”, Ga 2,20: in questa „rivelazione” che ha sconvolto la vita dell'Apostolo Paolo, „non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”, Padre Dehon non smette di approfondire, al suo modesto posto, la sua propria esperienza. E si tratta di un amore che ci viene offerto nel modo più accessibile, più concreto, più conveniente alla nostra attuale condizione: qui la frequentazione e l'assimilazione della Parola e dell'Eucaristia sono davvero essenziali.

Riconoscere nello stesso tempo significa rendere grazie. Prendere tempo, in priorità dirigere l'attenzione verso la lode, la gratitudine, la gioia in presenza del Dio - Amore. Non stancarsi di seguire nel Vangelo, nella storia santa del passato e del quotidiano, la rivelazione divino-umana del Dio - Amore, di sapere coglierne i segni spesso molto umili e semplici. Qui di nuovo non c'è migliore scuola che la Scrittura, „lampada sui nostri passi” (Sal 119,105): cf. tanti Salmi, e la preghiera di „benedizione” di Maria, di Gesù stesso, di Paolo, l'Apocalisse. Saper „serbare e meditare” come Maria (Lc 2,19) nel silenzio del cuore, saper gustare la Parola ricevuta e condivisa nella „lectio divina”, e celebrata nella santa liturgia che è tanto presente nel „senso di Chiesa” di Padre Dehon..

Così egli commenta l'intercessione incessante (cf. Eb 7,25) di Gesù nell'Eucaristia: „La preghiera che si nasconde nel silenzio, l'immolazione incessante di un amore incessante è l'atto più grande che possa esistere in un cuore di uomo. La sua potenza è senza limiti… Ecco ciò che produce le grande opere di santità nella Chiesa, ecco ciò che genera tante cose meravigliose, tante istituzioni celesti, tanti ordini religiosi chiamati a ripresentare tale o tale aspetto del mistero di Gesù. In una parola, ecco da dove procedano la vita e la fecondità della Sposa di Cristo: il Cuore eucaristico di Gesù che ama, che prega, che si offre. Quindi l'uomo interiore non attribuisce le grande opere della Chiesa a tale o tale santo, a un uomo grande, a un Pontefice eminente, a un felice concorso di circostanze. No! No! E' il Cuore eucaristico che ha fatto tutto questo. Lo ha fatto, è vero, mediante il contributo degli uomini… ma tutto il principio dell'azione deriva dal Cuore eucaristico di Nostro Signore. Quanto il Cuore di Gesù che vive per noi nell'Eucaristia è mirabile nei suoi santi e nelle sue opere!” (OSP 2, 441 - 442).

Per Padre Dehon, per noi nella sua ispirazione, la Chiesa esprime la sua missione di testimonianza per prima rispondendo con il suo amore all'amore del suo Signore. Ma non vuol passare troppo in fretta come si trattasse di una banale evidenza o di un aspetto particolare. Partendo dal Vangelo - e al suo modo, possiamo farlo al nostro oggi, con la propria esperienza, con le nostre parole - egli dettaglia le varie forme di tale decisiva risposta.

Il nostro deve essere un amore di preferenza, „con tutto il cuore, tutta la tua mente, tutte le tue forze” (Mc 12,29). Un amore di compiacenza, occupato a ricevere gioia da Dio e a rendergli gioia nell'ascolto e la pratica della sua volontà: „Mia eredità per sempre sono i tuoi comandamenti, sono essi la gioia del mio cuore” (Sal 119,11; cf. Gv 4,34). Un amore di benevolenza, che con cuore e con zelo si impegna a collaborare alla messe del Vangelo (cf. Mt 9,35-38). Un amore di presenza, nel quale tutto l'essere viene attratto al Signore, come Maria a Betania, „essa ha la parte migliore, che non le sarà tolta” (Lc 10,42). Un amore di compassione, o di condoglianza, che senza misurare il tempo sa rimanere davanti al Crocifisso „volgendo lo sguardo a Colui che abbiamo trafitto” (Gv 19,37). Un amore di fiducia e di abbandono, che in tutto sa intuire i segni della fedeltà (cf. Lc 10,21-22).

Amore che si fa amicizia, affetto, finezza del cuore, esultanza…: si traduce nella leggerezza dello spirito, o nell'infanzia secondo il Vangelo. Presto Padre Dehon si dirà in piene sintonia con la piccola „santa di Lisieux”, „siamo nati dallo spirito di Margherita Maria avvicinandoci allo spirito di Suora Teresa” (NQT XLV/1925, 55). E tante volte commenta il „Venite a me…, prendete il mio giogo…, il mio giogo infatti è dolce e il mio carico è leggero” (Mt 11,29-30)! „Se amiamo Nostro Signore, scrive a Padre Grison, tutto ci sarà facile” (20 ottobre 1892).

Questa gioia, questa libertà che dilata il cuore, che con il contenuto del Vangelo sa trasmetterne il gusto („Gustate e vedete…”, Sal 34,9), che sa far conoscere Gesù con „la pienezza del cuore” (Lc 6,45): si potrebbe dare una testimonianza più convincente? „Tutta la mia forza, tutta la mia gioia, tutta la mia vita è nell'amore del mio Salvatore e l'unione al suo divin Cuore” (OSP III, 218). Tra tante pagine su questa risposta, possiamo riprendere „La vita d'amore” (OSP II, 54sq, cf. in traduzione italiana i testi scelti in Vita d'amore nel Cuore di Gesù, Milano 1980, pp. 145 - 183).

Qui non si può non ricordare, pur brevemente, quanto frequentemente Padre Dehon porta la sua attenzione sul carattere nuziale dell'Alleanza. Lo coglie dalla Bibbia, specialmente dal Nuovo Testamento, i Vangeli, s. Paolo, l'Apocalisse. Cristo Sposo della Chiesa Sposa: il Concilio di Vaticano II ha spesso ripreso questo simbolo tanto caro ai primi Padri, (cf. LG 4, 6, 7, 39…, o GS 48…). Per s. Paolo siamo davvero davanti a un „mistero grande”, non separabile dall'amore reciproco dell'uomo e della donna nel matrimonio (Ef 5,32). Ecco una nuova dimensione, ben concreta e quotidiana, della „Chiesa domestica”, dove nella ricca esperienza umana si vive il mistero e si trasmette il senso di Chiesa!

Nei suoi numerosi riferimenti in proposito Padre Dehon ritiene innanzitutto l'amore reciproco tra Cristo e la Chiesa, il dono totale e la risposta di consacrazione. Non per caso il libro che proporzionalmente egli commenta più volontieri è il Cantico dei cantici: il Canto della Sposa per lo Sposo, il Canto che nel desiderio ansioso della ricerca e nell'allegrezza della presenza si esprime l'amore della Sposa per il suo Sposo (cf. in particolare OSP V, 429 - 433). Abbiamo incontrato sopra l'augurio molto significativo: „Se ciascuno secondo le sue possibilità…, corrispondendo bene alla sua vocazione, potesse rendere amore per amore al Cuore sacro!” (OSP II, 231). Nella comunione di vita e ognuno secondo la sua vocazione tutti insieme componiamo la Chiesa Sposa. La voce, la vita di ognuno ha la sua importanza, porta la sua bellezza insostituibile nell'armonia della risposta della Sposa al suo Signore.

Nel concreto della vita, questa riconoscenza si tradurrà specialmente in gioia, stupore e entusiasmo, la perseveranza e la fierezza di appartenere, malgrado tutto, alla Chiesa a causa dell'amore che essa rende presente nella nostra storia. Pensiamo alla audacia e franchezza anche nelle prove, alla libertà e chiarezza („parrêsia”) che traspare in ogni pagina di Luca sulla comunità apostolica. Nella Chiesa riceviamo i doni meravigliosi dell'amore: la Parola, i sacramenti, la vita nell'unione fraterna in Cristo. „Dobbiamo amare la Chiesa… Essa è tanto amata dal Cuore di Gesù! E' la Sposa di Nostro Signore” (OSP VI, 520).

Ma una Sposa che trova la sua più intima felicità, la più convincente anche davanti al mondo, nel dirsi a se stessa e dire a tutti il Nome del suo Sposo, nell'assaporarlo senza stancarsi. Questo benedetto Nome infatti è luce per la mente, gioia per il cuore, forza nella vita: come viene sviluppato in una bella omelia per la festa del Nome di Gesù, in 1875 (cf. „Manuscrits divers”, pp. 268sq).

Ritroviamo qui ancora la liturgia, espressione frequente e esigente nella nostra vita. In conclusione di una bella pagina sul profeta Geremia che annunzia la salvezza a tutti mediante Cristo e la Chiesa, leggiamo: „Il vero cantico delle nozze sono i cantici della liturgia, nei quali il Cristo e la Chiesa, lo Sposo e la Sposa, esprimono i sentimenti del loro cuore” (OSP V, 441). La Chiesa riceve la vita, vita sovrabbondante e piena, e sapendo da chi la riceve, esulta nella lode cantando il suo Sposo: questo modo di pregare di santa Geltrude Padre Dehon l'ha praticato, ci lo consiglia.

 

Così inteso, riconoscere delinea già una ricca risposta. Però Padre Dehon è troppo concreto, troppo attento anche alle urgenze della missione della Chiesa per non chiamarci a una risposta inserita, come l'anima nel corpo, in tutte le manifestazioni di una vita umana nutrita dalla fede. Ma sempre per lui l'accento sarà messo sulla circolazione dell'amore, e in un „clima” di ringraziamento e di fiducia.

Lo dice ai suoi primi novizi in 1880, nei primi passi della sua Congregazione appena nata: „Non abbiamo il diritto di dissimularci la grandezza della nostra vocazione. Siamo stati raccolti da molto in basso per essere messi molto in alto: siamo stati chiamati (da Nostro Signore) a rappresentare il suo Cuore nel suo Corpo mistico che è la Santa Chiesa… Quante grazie ci ha prodigato!… Quando risponderemo a tutto ciò che ci richiede la nostra sublime vocazione?” (Cahiers Falleur III, 16 - 17). „Se le altre virtù sono pietre preziose che adornano la tunica immacolata della Chiesa, l'amore dato al Cuore di Gesù è il rubino che brilla con maggiore splendore” (OSP II, 356).

Nella „Vita interiore, i suoi principi…”, in una „nota teologica” egli tenta di riassumere la diversità delle funzioni nell'unità della Chiesa, Corpo mistico di Cristo. Certo, tale Corpo deve avere una testa per ricevere e studiare la Verità rivelata, e l'ha. Deve avere mani per realizzare in tanti modi le opere della carità, e li ha; ha bisogno di piedi e di bocca per portare la Buona Novella, per predicarla in tutte le lingue fino ai confini del mondo, e così effettivamente. Però per far circolare la vita attraverso tutte queste funzioni, per non perdere il senso e rinnovare le energie, nel Corpo più importante è il cuore. E Padre Dehon, che non ha mancato di testa, che si è tanto dato da fare nell'apostolato, che desiderava essere missionario, senza esitare egli si mette e ci mette precisamente lì: al cuore, dove sa bene di trovare con certezza Gesù, Cuore del suo Corpo mistico. Non per trascurare tutto il resto, i vari servizi della comune missione che ci viene affidata dal Risorto. Al contrario: un cuore ardente e coraggioso fa parte di un corpo sano. Ma per chiamarci sempre all'attenzione su ciò che lo Spirito lo porta a considerare come l'essenziale.

„La Chiesa è nello stesso tempo la sposa e il corpo mistico di Gesù Cristo. Le anime dedicate all'amore del Cuore de Gesù sono come il cuore della Sposa, l'organo della Chiesa per amare e consolare Gesù… Gli ordini attivi sono le mani della sposa mistica di Gesù Cristo. I missionari sono i piedi: „Come sono belli sui monti i piedi del messaggero di lieti annunzi” (Is 52,7). Gli ordini dedicati alla predicazione sono la sua bocca. Quelli dati alla scienza sono la sua testa. Quelli consacrati all'amore sono come il suo Cuore. E' la sorte di Maria, di s.Giovani, di Magdalena: è una buona sorte… Una opera dedicata all'amore, alla riparazione e all'immolazione è come il cuore della sposa, come il cuore de Maria nei suoi vari atti e sentimenti di amore e di sacrificio… Signore Gesù, dacci l'intelligenza di uno scopo tanto eccellente e la grazia di una risposta generosa” (OSP, 5, 203 - 204). Di nuovo incontriamo qui la piccola Teresa: pochi anni prima proclamava la sua esultanza quando è venuta a scoprire la sua propria missione, il suo posto nella Chiesa, „essere l'amore”!

Tutto questo può sembrarci molto elevato, e per dirlo con una parola non sempre bene intesa, assai „mistico”. Mistica lo è di fatti, una mistica che appartiene realmente alla spiritualità dehoniana. Non nel senso di una vocazione riservata a persone specialmente illuminate e gratificate di estasi, visioni particolari, esperienze straordinarie, in una vita eccezionale. Ma nel senso che tale insistenza deriva direttamente dall'attenzione privilegiata data al „mistero” fondamentale, l'amore che ci è dato e che dinamizza la risposta. „Cuore per cuore”, come piace a Padre Dehon dire molto in una formula brevissima (OSP II, 384). Al suo modo, non senza variazioni lungo la sua vita, egli lo vive lui stesso. Lo esprime attraverso un zelo apostolico instancabile che riassume nel servizio del Regno. Lo vive con una sensibilità alle urgenze e alle sfide, una disponibilità alle domande che lo portano fino ai limiti delle sue possibilità, dell'umana prudenza. Lo propone a tutti quelli e quelle che lo raggiungono nella sua inspirazione, i suoi religiosi ma anche sacerdoti e laici, „ognuno secondo la sua vocazione”. L'essenziale però rimane sempre essere al cuore, o come si rischia a dire, „essere come il cuore„…

 

Per concludere con indicazioni più concrete, tra tanti modi di manifestare questo „stare al cuore”, tra le sue raccomandazioni più insistenti ne riteniamo due. La prima ci designa l'adorazione eucaristica. Per eccellenza è l'espressione del ricevere, ma un ricevere bene: meditazione e assimilazione del dono, comunione nell'oblazione, riconoscenza silenziosa e condivisa, riposo nella lode e nel riportare la vita, persona e mondo, a Colui che è fonte e riconciliazione… Non indico testi, sono tanti!

Una parola che qui riassume al meglio l'atteggiamento caratteristico mi sembra: la „gratuità”. Identifica un valore che è un vero punto-chiave nella spiritualità di Padre Dehon. Gratuità dell'amore di Dio in Cristo, reso presente nella Chiesa, nell'Eucaristia. Gratuità del nostro amore: „amore puro”, amore disinteressato nell'accogliere, nel „dimorare” adorando, nel contemplare. Come coloro che trovano felicità nel „gustare e vedere come è buono il Signore” (Sal 34,5), „Gioite nel Signore ed esultate, giusti, giubilate, voi tutti, retti di cuore” (Sal 32,11). Come colui che dopo una lunga e drammatica lotta nel buio del cuore viene a confessare: „Il mio bene è stare vicino a Dio” (Sal 73,28). Come l'invito fatto agli amici riuniti un'ultima volta alla santa Cena: „Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” (Gv 15,9).

Gratuità che per Padre Dehon ci porta innanzitutto alla Persona di Gesù stesso, nell'amicizia. Nella Chiesa conta molto, conterà mai troppo l'impegno delle opere, il zelo creativo e generoso. Ma questo sarebbe vano, potrebbe diventare attivismo spesso sterile, se si venisse a trascurare la Presenza del Signore: „Simone, mi vuoi bene tu più di costoro?”. A Pietro invitato a ripetere ben tre volte la sua timida risposta, „tu lo sai che ti voglio bene”, un risposta che pesa tanto dopo il recentissimo triplice tradimento, Gesù non chiede nient'altro: „Pasce i miei agnelli”. Se adesso cosciente della tua debolezza ma rinnovato nell'amicizia e fortificato dallo Spirito, tu mi ami veramente, sì, puoi essere pastore nel mio nome, insieme il mio e il tuo amore ti renderà inventivo nella fedeltà.

Questo dialogo in Gv 21,15sq, come i racconti dell'unzione di Gesù (Gv 12,1sq e par.) o dell'ascolto di Maria di Betania ai piedi del Maestro (Lc 10,38sq) contano tra i luoghi evangelici più spesso visitati dal Padre Dehon. Fermarsi, „dimorare” in questi luoghi che vengono indicati dallo Spirito: non sarebbe una valida chiave per identificare una „spiritualità”?…

Si può dire lo stesso dalla sua frequente insistenza: un amico del Cuore di Gesù non può servirLo senza cuore, come potrebbe farlo un funzionario, anche in un servizio di perfetta esecuzione formale. Sarebbe un „non-senso”, un contro-senso incomprensibile. Peggio ancora se tale servizio viene motivato dall'atteggiamento egoista del mercenario, preoccupato soltanto del suo proprio bene e pronto a fuggire davanti al pericolo, alla difficoltà. Saremmo allora al diametrale opposto del atteggiamento del Buon Pastore. Dall'altra parte, l'amore impegnato nel nostro servizio esclude la leziosità, il sentimentalismo, o la tiepidezza. „Il Cuore di Gesù ci domanda un amore generoso, fedele, costante, un amore forte e disinteressato che consacra tutte le sue forze al servizio dell'amato Maestro” (Lettera circolare del 17 ottobre 1893).

Potremmo mai essere troppo attenti a questa assoluta priorità? Con molte persone del suo tempo - pensiamo alle Suore dell'Adorazione perpetua, alle Vittime, alle Ancelle del Cuore di Gesù - Padre Dehon ci invita vivamente ad attingere nel mistero eucaristico l'aiuto necessario per servire questa priorità. Nell'Eucaristia Gesù rimane presente, offerto, nella ricchezza infinita del suo sacrificio per noi. Siamo alla sorgente della grazia, ci è offerto il libro aperto dove imparare nel silenzio la „scienza della carità” che è madre di tutte le virtù. Da qui il valore insostituibile dell'adorazione eucaristica: un dare tempo gratuito al Signore, possiamo dire un tempo „inutile”. DirGli con semplicità, con o senza parole, il nostro amore ma soprattutto consentire al suo, „come l'amico parla al suo amico degli interessi del suo amore e della sua gloria” (OSP II, 484). Nella fatica e anche nella fecondità della nostra giornata aderire silenziosamente alla sua oblazione perfetta, alla sua preghiera „ardente e onnipotente” (ibid.). Come allora non potrebbe non essere riacceso in noi il fuoco della carità che brucia il Cuore di Gesù? „Come non volare dal piede degli altari al soccorso dei fratelli per rendere a Gesù nelle loro persone la dedizione che per primo ci ha testimoniato?”: di nuovo una significativa espressione dell'unità della vita a partire dall'Eucaristia (OSP V, 186).

Ecco perché nella Regola di vita tale adorazione ci viene indicata, „in stretto rapporto con la celebrazione eucaristica”, come un „autentico servizio della Chiesa” (RV 31 e 83). Non una piccola devozione privata e marginale, non una pratica legata a un contesto limitato e che possiamo considerare del passato. Secondo l'ispirazione di Padre Dehon è chiaramente vista, deve essere vissuta come „orientamento apostolico”, cioè un modo, un aspetto che specifica il nostro contributo alla vita del Corpo - Chiesa. La Chiesa ne ha „bisogno”, e noi nella Chiesa, per compiere bene la sua missione di testimonianza: „Gratuitamente”, nel rendere come ci è stato dato (Mt 10,8). Gratuità, perché siamo al servizio di un Regno che non è il nostro, ma il Regno di Dio, di Cristo.

E per dirlo come una pista possibile di riflessione: la gratuità non sarebbe un valore forse un po' fuori tempo, nel nostro mondo spesso fissato sull'efficacia, su ciò che paga e immediatamente, o sul „consumismo”? Chi di noi allora non vedrebbe l'urgenza più evidente di testimoniarla oggi: quando spesso Dio, o Cristo, se non sono ignorati o considerati troppo assenti, troppo lontani o superati, vengono come „utilizzati”, consunti? Quando sono ritenuti interessanti soprattutto nelle misura nella quale sono riconosciuti utili e efficaci per rispondere e esattamente ai nostri propri bisogni, per soccorrerci presto nelle nostre prove?… „A che cosa serve il Vangelo, la fede, la preghiera, la pratica eucaristica…?” Una domanda spesso sentita! A che cosa serve…? Come lo suggerisce „il Piccolo Principe” di Saint-Exupéry, non è il più „inutile”, il più gratuito che è finalmente il più „necessario”, il più prezioso, il più „utile”?… Nel fondo Dio non serve a niente, ma Lui solo esiste in pienezza!

 

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Gratuità, ma alla condizione che questo „rimanere” si traduca nella vita come lo ripete Gesù: „Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore” (Gv 15,10). E tutti i comandamenti sono riassunti nella carità. Ecco la seconda insistenza: la comunione fraterna. Nei nostri cuori come nella Chiesa, e' il frutto concreto per eccellenza dello Spirito del Risorto, come lo sperimenta la giovane comunità della Pentecoste: nell'unione fraterna la moltitudine dei credenti aveva un solo corpo e una sola anima (cf. At 4,32). L'Apostolo raccomanda alle sue comunità di coltivare bene tale frutto: „Il Dio della perseveranza… vi conceda di avere gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti ad esempio di Cristo Gesù, perché con un solo animo e una voce sola rendiate gloria a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo” (Rm 15,5-5)”. E' il frutto il più prezioso: rende la testimonianza la più credibile, e come lo dice l'Apostolo, non avrà mai fine (1 Co 13,8).

Ecco per esempio il commento di Padre Dehon sulla preghiera di Gesù (Gv 17,21): „E' la grazia che Nostro Signore ha chiesto per noi nella sua preghiera dopo la cena. 'Ho pregato per voi, per tutti quelli che, illuminati e convertiti dalla predicazione evangelica, crederanno in me…: formino un solo corpo di cui sono la testa, siano una sola cosa nell'unità della stessa fede, della stessa speranza, dello stesso amore, come il mio Padre è in me ed io in Lui. Affinché anche voi siate una cosa sola. Così il mondo interpellato dal divino spettacolo della vostra carità fraterna e della vostra vita del tutto celeste, sarà costretto di riconoscere nell'istituzione della Chiesa una opera divina e sopraumana, per poter credere che il mio Padre mi ha mandato per salvare il mondo…' Nostro Signore ci ha fatto partecipare alla sua gloria…, alzandoci alla sublime dignità di figli e eredi di Dio…, confermando così la nostra unione con lui… Questa unione riceverà la sua pienezza nel cielo” (OSP 3, 484 - 485). La nostra comunione fraterna, intesa come un „divino spettacolo”: non viene da noi, ne siamo incapaci, è vita celeste nel nostro presente. In piena pasta umana delle nostre relazioni umane tanto incerte, alle volte conflittuali, essa attesta la Chiesa come una „opera divina e sovraumana”…

Qui la parola-chiave più indicata potrebbe essere realismo, autenticità, verità vissuta: per dire tutto, l'incarnazione. Lo sappiamo, presto e fortemente Padre Dehon è stato iniziato a percepire questo mistero dell'incarnazione. Il Verbo, la Parola di Dio si è fatta carne nostra: Gesù che per sempre è Signore dell'universo, „Colui che è, che era e che viene” (Ap 1,8). Vivificata dal suo Spirito, nella sua parola umana la sua Chiesa ci trasmette la Parola incarnata. Nei suoi sacramenti attorno all'Eucaristia ella ci mette in comunione vitale con Lui il Risorto. Comunione vitale per noi che siamo corpo e cuore, vitale anche nel senso che deve essere vissuta in tutte le dimensioni della nostra condizione presente. La verifica che riassume questa unione con Lui e in Lui, lui stesso ci la indica: la fraternità, senza limiti; l'amore offerto a tutti, anche agli „nemici”!… Il perdono: „non fino a sette volte”, anche se così si pensa esprimere già una perfezione quasi irraggiungibile; ma „fino a settante volte” (Mt 18,22). Soltanto il perdono illimitato del Padre in Gesù può far scoppiare i nostri più generosi calcoli per renderci capaci ad diventare „misericordiosi come è misericordioso il nostro Padre” (Lc 7,36).

Nell'ambiente immediato della famiglia o della comunità; nella vicinanza del lavoro e del quartiere; nella società con i numerosi contrasti della politica, degli interessi, delle nazionalità, con tanti conflitti di violenza e di esclusione…; e attraverso le molteplici solidarietà, nell'impegno sempre urgente, sempre da ricominciare per „il vero e bello progresso che è quello della dignità umana” (Rinnovamento sociale cristiano, p. 280): ecco l'immenso terreno dove il Signore ci dà appuntamento della carità. Ci chiama ad incontrarLo nel sacramento alla mensa della sua Parola e del suo Corpo dato. E ce ne indica la verifica decisiva e quotidiana: nel sacramento del fratello, il „più piccolo” per prima. Fraternità allora significa promuovere la giustizia e la pace, vivere la solidarietà in una disposizione di generosità aperta a tutti. Qui di nuovo, troviamo la gratuità!

All'inizio del nuovo millennio, tra altri assi prioritari chiaramente il Papa Giovanni Paolo II indica alla nostra Chiesa la scommessa, la sfida della carità, e senza trascurare „la fantasia creatrice della carità”. „Se davvero siamo partiti di nuovo dalla contemplazione di Cristo, dobbiamo saper scoprirlo innanzitutto nel volto di coloro ai quali Egli stesso ha voluto identificarsi: Ho avuto fame, sete, ero uno straniero… Questa pagina non è un semplice invito alla carità. E' una pagina di cristologia che proietta un radio di luce sul mistero di Cristo. Su questa pagina al pari della questione della sua ortodossia, la Chiesa misura la sua fedeltà di Sposa di Cristo” (Nuovo millennio ineunte n. 50). Ricevendo questa raccomandazione la nostra riflessione può bene confortarci nella nostra convinzione: l'inspirazione che ereditiamo da Padre Dehon ha la sua piena pertinenza per oggi…

La Chiesa, Tempio dello Spirito, è come il „luogo”, l'ambiente vivente dove si offre al nostro incontro Cristo Risorto. Egli è il Figlio Unigenito nella nostra carne, per essere secondo il Padre il Cuore del mondo riconciliato. Amare la Chiesa; nel realismo della sua mediazione sacramentale ricevere l'amore di Dio in Cristo; e rispondere al suo amore servendolo nella la gratuità e la creatività dell'amore: ecco davvero la linea di vita che ci propone Padre Dehon.

Ce lo dice con la sua vita: una vita tutta compresa e sviluppata a partire da Gesù e per Lui nella sua Chiesa tanto amata. Ci lo dice nel suo insegnamento, e in tante confidenze significative: „Colui che non ama ardentemente la Chiesa non potrebbe pretendere amare il Cuore di Gesù”. E ci precisa il criterio decisivo dell'inserzione nella Chiesa: la vicinanza, la prossimità a Gesù: „Chi è il più grande nella Chiesa di Dio? Colui che si fa il più vicino a Gesù Cristo” („Celui-là est le plus grand dans l'Eglise de Dieu qui se rapproche le plus de Jésus-Christ”, Discours à des ouvriers, Soissons 8 juillet 1888, cf.”Manuscrits divers„, p. 505). Ce lo dice con le sue ultime parole prima di morire, con s. Paolo ci comunica la sua indefettibile certezza nella speranza: „Per Lui vivo, per Lui muoio”, perché, come lo ripete tanto spesso, „per me vivere è Cristo” (Fi 1,21). Ecco la strada che ci indica: sbocca in una comunione che non finisce.

 

 

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